Anna Marchesini di nuovo sul palco con "Cirino e Marilda non si può fare" ad Ameria Festival
Con gioia, attende di raccontare questa storia in un palcoscenico che ha immaginato nudo e senza supporti musicali e scenici. Così da permettere a voce e corpo di riscrivere ogni volta la storia. E lei, la storia di "Cirino e Marilda non si può fare" oltre ad averla scritta - e prima ancora sentita con le sensibili antenne di artista poliedrica quale negli anni si è confermata - è pronta anche a portarla in scena. A narrarla, "non come un lettore ma come l'attore, ogni volta diverso protagonista della vicenda stessa, che non può che viverla quella storia, rappresentarla senza mai conoscerne la fine".
È attrice, non solo ironica, Anna Marchesini. Lettrice, raffinata e esigente. E scrittrice, d'una parola dosata. Figlia di Zaira, sorella di Gianni. Una e trina, ma da sempre se stessa. Autrice del fortunato "Il terrazzino dei gerani timidi", pubblicato nel 2011, nel quale non è difficile rintracciare scorci ed echi orvietani, e di quel "Di mercoledì" presentato a maggio 2012 al Palazzo del Popolo, si accinge adesso a dare voce a un'altra storia, presentata in anteprima a "I manifesti di Crema" e da ottobre contenuta insieme ad altri tre racconti in un libro in uscita per Rizzoli.
Lo farà martedì 1° ottobre alle 20.30 al Teatro Sociale di Amelia, nel 230esimo anno della fondazione di quest'ultimo e nel contesto della prima edizione di "Ameria festival" - dal nome, con cui la città era nota agli antichi - che si apre venerdì 6 settembre e andrà avanti fino al 13 ottobre. Più di un mese, per amalgamare musica e prosa, arte e parola.
"Nel racconto - anticipa, lei, del suo ultimo lavoro, da lei scritto e interpretato - il professore Cirino Pascarella è portatore di un universo sognato più che vissuto, una sorta di testimone solitario che sembra venire sempre da lontano e di non stare mai dove gli accade di trovarsi. È un'incantevole figura, candidata ad essere completamente travolta - ahimè! - da quel clamore, quella turbolenza di emozioni da cui ha sempre procurato di tenersi distante. In contrasto con tale figura, quella della signora Olimpia, tenutaria della Pensione Smeraldo, dove il professore vive in una non ben identificata città portuale. Dalla superficie estesa come una megattera, a causa di una trasfusione sbagliata, Olimpia è portatrice di tutto il senso comune e popolare, totalmente incapace di decifrare i comportamenti e i modi del professore, unicamente interessata invece a sistemare la figlia Marilda, ormai quasi quarantenne, senza tuttavia riuscire mai nemmeno a procurare un approccio col nostro, tanto più che il professore mostra di essere lontanissimo e immune da qualsiasi fascinazione femminile. I due mondi, le due voci si incontrano quasi esclusivamente al di qua e al di là della porta della stanza 12; quella porta come un diaframma separa a malapena, senza proteggerlo, lo spazio buio abitato dal professore, dalla piena molesta e incontinente della Olimpia, che pare tracimare ad ogni istante e travolgere il professore; se non fosse che il nostro, tutte le sere, se ne va cosi lontano... ma in un inconfessabile cosi lontano...".