Spira Mirabilis
Pozzo di San Patrizio, incisione di Filippo Bonanni, Roma 1699. Biblioteca di Orvieto.
"La natura ama le spirali...sembra che abbia scelto quest’armoniosa figura come proprio ornamento favorito". (Mario Livio)
Agli inizi del '600 il poeta toscano Francesco Ghezzi dedicava al Pozzo di san Patrizio un sonetto alquanto enigmatico. Nella fantasia del poeta l’ignaro visitatore del Pozzo “entra” dalle fauci di un mitologico drago a due teste, ne percorre il ventre dalle tante bocche – le finestre - e poi passa dalla sua coda a quella dell’altro drago e ne riesce dalla bocca:
“Due gran serpenti avviluppati insieme stanno dentro una città,
non in foresta; vanno sotterra con due code estreme.
Fanno ambi un mostro...in bocca va del primo ognun festante
e per la coda gli esce, e poi ne corre per la coda dell’altro per la sua bocca;
ma pria, nel ventre ammira bocche tante quand’alza
gli occhi al cielo e l’acqua tocca”.
Il Pozzo di Orvieto, particolare della scala a spirale. Foto di Patrick Nicholas.
Ma, al di là di fantasiose allegorie, chi potrebbe negare che uno degli elementi più attrattivi del Pozzo di san Patrizio siano proprio le due lunghissime scale a chiocciola che, per ben 62 metri, si intrecciano come serpenti in senso inverso, senza mai incontrasi? Nella doppia scala a spirale il gioco della prospettiva crea in realtà effetti e suggestioni particolari: chi scende si trova ad affacciarsi proprio di fronte a chi sale, mentre ad entrambi appare distante chi, procedendo nella stessa direzione, si trova appena qualche passo sopra o sotto.
“L'Architetto che non concepisce una scala come cosa fantastica - affermava Giò Ponti nel suo trattato “Amate l’Architettura” - non è un Artista: non è un regista dell'Architettura. La scala più bella è quella a spirale: è la scala arcana; che sale in cielo, che trapana gli spazi” o, nel nostro caso, che trapana la Terra.
La spirale è, infatti, una delle forme geometriche più affascinanti che, ancor prima di venire impiegata nel campo dell’arte e dell’architettura, appartiene al variegato mondo della natura. Dalle trombe d’aria alle conchiglie, dalla disposizione dei semi nei fiori al disegno dei vegetali, dalla struttura dei virus alle vie energetiche del corpo umano, dalle galassie alla microscopica doppia elica del nostro DNA, scoperto nel 1953 da Watson e Crick, il “vortice” ha sempre ispirato, fin dai tempi dei nostri progenitori, simboli e significati semplici e più complessi.
La forma a spirale in natura.
La spirale della molecola del DNA umano.
La forma a spirale è diventata sinonimo di energia, di forza, di vitalità, come pure di rigenerazione, di rinascita, di immortalità, d’infinito, e quindi di collegamento tra l’ umano e il divino, tra il naturale e il soprannaturale.
A partire dalla perfezione del cerchio, la cui immagine plastica è quella dell’ “Uroboros”, il serpente che si mangia la coda, “nella spirale - scrive il filosofo e psicanalista junghiano Pasquale Picone - vi è un’apertura circolare verso il basso e verso l’alto: si realizza una dinamica verticale, tridimensionale e aperta, una funzionalità, fluida e continua dello scendere e del salire che rimanda al simbolismo della biblica scala di Giacobbe che consentiva agli angeli di scendere e risalire tra terra e cielo. La spirale è quindi l’avvitamento che esprime la tensione del divino verso l’umano (la discesa) e dell’umano verso il divino (la risalita), tensione che i Padri della Chiesa definirono come incontro o amplesso d’amore tra la materia e lo spirito, nel desiderio di ricongiungimento del creato al suo Creatore".
Torciglioni della facciata del Duomo di Orvieto, particolare in prospettiva.
Visitare il Pozzo di san Patrizio allora potrebbe significare molto di più che scendere e risalire i suoi 248 gradini!
Basta pensare al suggestivo contrasto tra luci e ombre, per capire l’atmosfera misterica ed esoterica di un manufatto difficile da definire unicamente come prodigio di ingegneria. La sua particolare struttura architettonica rievoca inevitabilmente l’antico simbolo del “Caduceo”, il bastone alato rappresentato con due serpenti attorcigliati in senso inverso. Nel mondo classico il mitologico bastone rimandava allo scettro sacro del dio Hermes, il “Conduttore delle Anime“ nell’aldilà, il quale lo usava come emblema per dirimere le liti e ristabilire la pace tra le parti avverse.
Così le due rampe di scale del Pozzo di san Patrizio che, partendo dal basso, si arrampicano attorno ad un cilindro vuoto fino a terminare in superficie con due porte diametralmente opposte, quella di entrata e quella di uscita, non sono forse paragonabili alle spire dei serpenti del Caduceo che, salendo dalla coda, si avvitano per fronteggiarsi all’apice, testa a testa?
Il simbolo del Caduceo. Immagine tratta dalla trasmissione Voyager di Rai 2, sul Pozzo di San Patrizio.
Inoltre, in tutte le culture religiose antiche, la verga alata era anche il simbolo del potere divino che regola, controlla e armonizza tra loro le energie opposte e caotiche del cosmo, rappresentate dai due serpenti: esse sono le polarità del sole e della luna, ben visibili nella sovrapposizione eclittica, del bene e del male, della luce e delle tenebre, e così via.
Foto del sole e della luna paralleli nel cielo eclittico.
Se ben governate queste duplici energie producono nell’uomo un vortice ascendente di “forza vitale” che, nel suo continuo fluire verso l’alto, attorno all’asse della spina dorsale (detta anche il “Grande fiume” o l’ “albero della vita”), giunge alla mente, elevandola e illuminandola, fino al ristabilimento dell'“Equilibrio", da cui scaturisce la guarigione e la salute psico-fisica.
Così a rendere ancor più evidente il collegamento tra l’arcano simbolo e il Pozzo non è soltanto la similitudine con la forma a spirale del Caduceo, ma piuttosto il riferimento alle energie che attraversano il corpo umano.
Entrare nel Pozzo di Orvieto è quindi come trovarsi d’improvviso dentro il proprio corpo, e precisamente al centro del flusso di energie che lo attraversano, quelle celesti e terrene, ovvero del maschile e del femminile, l’una a destra e l’altra a sinistra del corpo, energie che necessitano appunto dell’ “arbitraggio” di un principio superiore, di natura psichica e spirituale (la nobilitazione degli intenti e dei pensieri simboleggiata dalle due ali in cima al Caduceo).
Infatti, in fondo alla lunga spina dorsale del Pozzo, sta la sorgente d’acqua da cui nasce e fluisce la vita, un’energia che dal centro della terra affiora gradatamente verso l’alto, irrorando e rivitalizzando; un autentico “luogo energetico” che emana infinite possibilità di sviluppo espresse proprio dalla forma a spirale delle due scale.
Immagine della sagoma umana all’interno del simbolo del Caduceo - Caduceo Kundalini.
Uno dei nuclei centrali del simbolismo filosofico e sapienziale del Pozzo di san Patrizio consiste nell’assunto che “la verità si trova in fondo al pozzo”, vale a dire che tutto ha una origine, una sorgente da cui nascono e sussistono tutte le cose, in un continuo rapporto tra l’Essere e il divenire (il Panta Rei di Eraclito), tra il Principio vitale e lo scorrere stesso della vita. L’ingegno dunque di attingere acqua dalla fonte profonda, superando un considerevole dislivello, non è altro che il “gesto” tipico del sapiente: egli, come si fa per l’acqua del Pozzo, deve prima scendere in profondità per raggiungere il mistero della vita e, una volta trovata, fare poi lo sforzo di portarla alla luce, distribuendola, o meglio rivelandola a tutti gli uomini.
Non a caso lo psicoanalista junghiano Pasquale Picone descrive così l’entrare e l’uscire dal Pozzo: “Quella “processione” di asini pazienti, gravati da una soma di barili d’acqua, che scende e sale i bassi gradini delle due scale, in un’incessante “dynamis” a spirale, non sono forse componenti, energie e “processi” della nostra anima che faticosamente attinge, dalle profondità del nostro essere, l’alimento della vita e il nutrimento della creatività?”. Persino nella fila di asini, che al tempo di Clemente VII doveva portare l’acqua al livello superiore, era inscritta l’idea stessa di espansione, di crescita, di evoluzione, esaltata proprio dallo sviluppo della tecnologia in epoca rinascimentale: “Le scale a doppia elica, con la fila degli asini in discesa e salita - continua Pasquale Picone - corrispondono ad una specializzazione evoluta della corda con il secchio del pozzo semplice e comune.
La polla d’acqua del pozzo di San Patrizio vista dall’alto. Foto di Patrick Nucholas.
Visitare il Pozzo di san Patrizio non è perciò un semplice volteggiare lungo ripide gallerie, tra la suggestione di echi sinistri e viste spettacolari che, di volta in volta, si spalancano dagli innumerevoli finestroni...catturando qua e là immagini da mandare a parenti o amici. E’ molto di più!