Nicola Sforza, il centrocampista che guarda oltre
Il cognome, Sforza, evoca la città di Milano, fattasi "grande" verso la metà del quindicesimo secolo quando a capo del Ducato governarono i rappresentanti di quella poi divenuta una dinastia. Oggi, a distanza di secoli, si intravedono segnali interessanti per pronosticare l’ingresso di Nicola Sforza nella categoria dei "saranno famosi". Non è un principe, tantomeno un duca e non risiede a Milano.
Nasce e vive a Onano, paese dell’Alta Tuscia che può vantare essere tra i cinque comuni italiano con nome palindromo (letto al contrario non cambia significato). La storia lo colloca tra i possedimenti del "libero Comune di Orvieto", la cui presenza è ben rappresentata dalla fortezza quadrangolare, localmente detta Palazzo Madama, commissionata dalla famiglia Monaldeschi della Cervara. Onano è anche celebrata per la lenticchia che nasce nelle campagne, fra le più ghiotte in campo nazionale.
A Nicola, 19enne da pochi giorni, interessa di più il pallone. Succede da quando aveva cinque anni e non poteva essere altrimenti. Il padre Gianluca, che vende frutta trovando il tempo di ragguagliare i paesani sugli sviluppi della carriera del figlio, ha un’ innata passione per la Juve tramandata dal nonno e trasmessa all’intera famiglia. E’ stato lui a iniziare Nicola al calcio portandolo in giro per i campi sportivi della provincia a seguire partite dei vari campionati. Da qui è stato un attimo vestire la prima maglia. Scuola Calcio, poi le giovanili sempre nel medesimo club castrense, in seguito, verso i quindici anni, la casacca gialloblù della Viterbese.
Nicola, secondo di tre fratelli, la più grande è Elisa, studentessa universitaria in farmacia, ultimo arrivato Francesco, in età da scuola primaria, nel suo percorso calcistico ha potuto contare sul supporto di tutta la famiglia. Mamma Estelia (Tecnico di Lab. Analisi) con il marito Gianluca non mancano mai a una partita, sia in casa come fuori. Scolasticamente parlando si descrive così: "Non sono un fenomeno, ma riesco a cavarmela". Frequenta il quinto anno all’ITIS di Acquapendente, specializzazione elettronica. Gioca nell’Orvietana, segnalato alla Società da Silvano Fiorucci. Il quale, dopo averlo visto all’opera in uno stage estivo, da lui stesso voluto, consigliò di prenderlo subito. Detto e fatto, tanto da farlo debuttare già nella prima partita di Coppa a Sansepolcro e confermarlo in campionato con il TAU.
La ragione sta nelle qualità, alcune già sviluppate altre sul quale si sta lavorando, per credere possa arrivare lontano. Possiede un tocco di palla aggraziato, calcia forte e preciso, sa leggere abbastanza bene gli sviluppi del gioco per essere pronto a servire la palla al compagno meglio piazzato. Lo scorso anno, dopo una buona partenza, soffrì come tutti il periodo nero. Poi, soltanto un pneumatorace ne ritardò l’utilizzo. Taciturno extra large è animato da un desiderio di migliorarsi inversamente proporzionale al silenzio.
Al raduno si è ripresentato più che mai carico, pronto a riprendere da dove il lavoro era stato interrotto. Confessa, ma non ce n’era bisogno, che cercherà di coronare il suo sogno: diventare un giocatore professionista. Non è uno sbruffone. Ha solo la giusta dose di ambizione e si sta impegnando per raggiungere l’obiettivo. I progressi ci sono e appaiono evidenti. Nello spogliatoio dice di trovarsi bene, con i compagni e i tecnici.
Ascolta i consigli di quelli più grandi è attento ad eseguire quanto gli chiede Rizzolo: "La Serie D è un campionato importante, farne parte è molto istruttivo". E’ riuscito a togliere il "large" dai suoi silenzi, in campo si prende maggiori responsabilità, domenica a Montevarchi è andato a un passo dal primo goal, mancato solo per il grande intervento del portiere. Conserva l’umiltà che serve a diventare "grandi": "Sono giovane, quindi soggetto ad alternanza nel rendimento. Di questo momento sono abbastanza soddisfatto".
Avanti così Nicola, continua a sognare.