Andrea Caravaggi, romano di Castiglione che ama l'Orvietana
Domenica 5 marzo, oltre a confezionare l’assist da cui è nato il secondo goal dell’Orvietana, ha poi annullato il numero 20 del Grosseto, subentrato per dare rinforzo. Andrea Caravaggi, diciottenne a breve scadenza, sembra prendere sul serio tutte le cose cui si dedica in questo momento della vita. Anzi, se non fosse per l’anagrafe e il fisico, per il modo in cui si esprime gli daresti più anni di quelli che ha. Solitamente, chi nasce in una grande città fatica ad abituarsi al tipo di vita che può avere un paese. Lui, nato e vissuto a Roma, meno di due anni fa si è trasferito a Castiglione in Teverina. Con la nonna che se lo coccola non potrebbe trovarsi meglio:
"A Roma mi piace andare da turista, toccata e fuga per apprezzare, singolarmente le innumerevoli bellezze. La mia vita preferisco viverla qui dove sono adesso".
Non si è trattato di un trasferimento traumatico, in quanto, fin da bambino le frequentazioni con il paese della Teverina sono state moltissime e ciò gli ha permesso di crearsi amicizie e di apprezzare ciò che Castiglione poteva offrire. Quando, in estate, ha saputo che, nel periodo di preparazione, lui e qualche altro dell’Under 17, sarebbero stati aggregati alla prima squadra, ha visto la cosa come il conseguimento di un primo traguardo:
"Pensavo e speravo che ciò avvenisse da quando, guidati da Mister Valterio, abbiamo vinto il campionato regionale. Mi sentivo fortunato della possibilità di stare assieme a giocatori con una notevole carriera, tipo Andrea Bracaletti, dai quale imparare e capire i primi segreti per provare a essere un calciatore. Il primo periodo, non riuscendo a entrare con la squadra titolare in pianta stabile, è stato abbastanza problematico. Poi, dopo l’arrivo di mister Fiorucci, la situazione è migliorata e ho avuto l’opportunità di prendere parte a qualche partita. Per come la vedo io, la Serie D è un campionato importante per quanto offre: progredire e farsi conoscere".
Sa, perfettamente, quanto sia il lavoro che ancora lo attende. Fiorucci lo ha “inventato” difensore ed è stata la sua prima volta:
"Ho iniziato, da ragazzino, con il calcio a 5, poi a 9, passando successivamente alla Polisportiva Giovanni Castello, trattenendomi fino all’arrivo a Orvieto, facendo sempre l’esterno alto. Ruolo al quale ero affezionato nel quale, saltare l’uomo è una vera goduria. Giocando dietro, a parte le maggiori responsabilità, un tuo errore può essere fatale, bisogna acquisire il senso della posizione, perché giochi più con i compagni, devi leggere come si muove il tuo avversario e cercare le adeguate contromisure, essere pronto a inserirti quando parte la fase offensiva. Al mister va tutta la mia gratitudine. Con la possibilità di ricoprire due ruoli crescono le probabilità di giocare, oltre che dare un maggiore aiuto alla squadra in certi momenti della partita".
Proviamo a chiedere se, identica dedizione riesce a dedicarla ad altre cose, essenziali per l’oggi, come per il domani.
"Credo che il riferimento sia per la scuola. Confesso, quanto allo studio, di non avere identica passione. So, però, quanto sia giusto farlo e cerco di non andare sotto a una condizione accettabile".
Nell’avvenire ti vedi di più calciatore a tempo pieno, a mezzo servizio o affermato professionista in altri campi?
"Preferisco fermarmi al presente. La maglia dell’Orvietana è troppo importante. In Società sono sempre stato bene fin dal mio arrivo e ti ringrazio per questa opportunità di ringraziarli, pronto a ripagare il club sul campo, con obiettivo quella salvezza nella quale ho sempre creduto fermamente. Siamo un bel gruppo che lavora sodo tutti i giorni, convinto di raggiungere lo scopo e, tutti insieme ce la faremo. Abbiamo dimostrato di poter competere con tutti gli altri. La serie D è un campionato oltremodo importante, personalmente spero si creino le condizioni per salire anche più in alto. Sport e studio possono convivere, come dimostrano parecchi ragazzi del nostro gruppo, sempre che si abbiano voglia e capacità di strutturarsi".
Andrea non mangia soltanto pane e pallone. Coltiva pure altri interessi. Ama il motorsport e ha la Ferrari nel cuore. Condivisibile il parere dopo il primo GP, abbastanza deludente:
"Le tante critiche dopo il Bahrein mi paiono esagerate. Siamo solo alla prima gara, ne restano ventidue. Sapremo rifarci".
Romano de Roma, tifa Juve – per tradizione familiare – i suoi idoli sono Dybala e Cristiano Ronaldo:
"Del primo mi hanno sempre affascinato i gesti tecnici, Cristiano è il prototipo del giocatore perfetto".
Apprezza molto la buona cucina e, in questo, nonna Annamaria, sorella del compianto Lillo Basili, oggi compianto, che fu segretario, dirigente e tifoso del Castiglione anni d’ro, non si lascia certo pregare:
"Sono un bongustaio, ma sempre con un occhio alla bilancia".
Quanto al cuore, così come altri giocatori già ospiti di ON, ha un legame consolidato. C’è Greta, giovane romana, con nonni, come lui, a Castiglione e frequentazioni che mantengono saldo il legame:
"Siamo fidanzati da molti anni, stiamo bene insieme, la lontananza non è un problema, la presenza dei nonni favorisce l’organizzazione".