Il mondo a portata di mano
sociale

La lezione silenziosa dell'essenzialità

martedì 29 aprile 2025
di Angelo Palmieri

Riordinando i miei scaffali, ho ritrovato un saggio che mi aveva accompagnato anni fa e che avverto ancora più necessario: Per una cultura dell’essenzialità, opera del sociologo Giovanni Pieretti, edito da Franco Angeli nel 1996. È sorprendente come, a distanza di anni, questo testo mantenga una forza viva, capace di offrire chiavi interpretative preziose anche per il nostro tempo. 

Pieretti analizza quelle forme discrete di marginalità che sfuggono ai radar tradizionali dei servizi sociali. Una vera e propria area grigia del disagio, che elude anche l'attenzione delle istituzioni e che, proprio per questo, richiede strumenti di lettura più raffinati, più empatici, più critici. Questo breve saggio, che richiama la necessità di una diversa definizione della situazione di povertà e di una diversa cultura dell’intervento, sarebbe un utilissimo strumento anche per i nostri amministratori locali.

In tempi in cui la programmazione degli interventi sociali rischia di essere schiacciata tra logiche emergenziali e gestioni burocratiche è utile tornare a riflettere su un’etica dell’essenzialità, capace di contrastare la cultura dell’eccesso e l’ossessione per il consumo.

Pieretti ci insegna che, anche nelle situazioni di maggiore fragilità, esistono comunità e persone – spesso riconducibili a quelle che Antonio Gramsci definiva classi subalterne – che riescono a custodire una cultura della resistenza fondata non sull'accumulo o sul consumo compulsivo, ma sulla capacità di scegliere il necessario, di orientare i bisogni verso ciò che è veramente vitale e umano.

Queste realtà, che vivono ai margini senza essere marginali, si distinguono per uno stile di vita sobrio, per la cura delle relazioni, per il valore dato alla solidarietà più che al possesso. In loro si conserva una forma di sapienza popolare, una dignità che non si piega alle logiche del degrado o dell'esclusione.

È da questa consapevolezza – dal riconoscere e valorizzare queste culture di essenzialità – che nasce la possibilità di costruire una pianificazione sociale più giusta, più attenta ai veri bisogni delle persone, capace di prevenire anziché rincorrere le emergenze, e di promuovere anziché semplicemente assistere.

Nel rimettere a posto quel libro, ho capito che forse non ero io a cercare quel libro, ma era lui a ricordarmi, oggi più che mai, ciò che conta davvero.

 

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