L’idea di condividere e "far viaggiare" i libri è un concetto romantico e sostenibile allo stesso tempo. Perché rovinarlo allora con comportamenti incivili? Quando nel 2001 Ron e Kaori Hornbaker codificarono il concetto di bookcrossing creando la prima comunità di condivisione e tracciamento di libri, probabilmente non pensavano che alcuni punti, dove i tanto amati volumi vengono lasciati, diventassero discariche dove svuotare librerie o porta riviste.
Dal 2001 a oggi, fortunatamente, la pratica del bookcrossing si è diffusa in tutto il mondo, sia in maniera libera e spontanea (sarà capitato a qualcuno di trovare libri in strada, magari su una panchina, oppure in un sentiero di un bosco, in attesa del prossimo lettore) sia più strutturata attraverso dei punti di raccolta e scambio, più o meno grandi, messi a disposizione da librerie, locali, associazioni ecc.
Alcuni libri poi, attraverso appositi siti o applicazioni, vengono dotati di un codice di riconoscimento, una sorta di carta di identità che ne ricostruisce il passaggio di mano in mano via via che gli utenti ne registrano il movimento. All’interno poi possono trovarsi messaggi, pensieri dei precedenti lettori, un modo per comunicare esperienze ed emozioni. Alcuni libri si dice addirittura abbiano fatto il giro del mondo passando per centinaia di mani.
Cultura, esperienza, comunità, emozioni, tutto condiviso e potenzialmente eterno: non è magnifico tutto ciò? Beh, sì, lo è, se non fosse che, come succede dí tanto in tanto anche qui a Orvieto, arriva il solito o solita furbo/a che confonde il punto di scambio con il bidone della carta. L’intenzione può essere anche meno maliziosa, magari semplicemente sembra irrispettoso buttare via libri o pubblicazioni, per cui, tipo oasi nel deserto, l’avvistamento di un punto di scambio di bookcrossing, magari libero e all’aperto, connette l’utile al virtuoso nella mente dell’essere umano troppo pieno di libri e affini.

Così egli si sente in diritto di abbandonare cataste di vocabolarietti dell’81, cd allegati a vecchie riviste di bricolage, guide turistiche, bignami degli anni ‘70, romanzi con un paio di etti di polvere e muffa, enciclopedie dalla S alla T, riviste varie, calendari del 2004/2005, album illustrati senza alcune pagine, libri scolastici di dieci anni fa, musicassette di corsi di inglese, videocassette con corsi di yoga, ecc. ecc. Tutto questo comporta che qualche volenteroso/a si metta poi a ripulire e sistemare il punto di scambio per mantenerlo tale e non tramutarlo nella succursale della discarica comunale.
Ma perché succede? È così difficile non rovinare sempre tutto? Molte persone magari non conoscono il concetto e vedono solo la propria utilità nel liberarsi di qualche chilo di carta, senza approfondire due secondi e rendersi conto di quello che fanno. Oppure, semplicemente, libri e immondizia per loro sono la stessa cosa. In ambedue i casi è molto desolante. Eppure sarà capitato anche a loro, rovistando fra le vecchie cose di famiglia, di sfogliare qualche libro e trovarci magari una dedica, una frase d’amore, una lettera dimenticata o una foto di qualche lontano parente del passato.
Che emozione per chi l’ha provato… i libri ci parlano in molti modi e, oltre che nello spazio, viaggiano nel tempo portando con loro pezzi di noi, dei nostri cari, di ricordi dimenticati. Cosa c’è di più ricco e di più utile in fondo? Allora, magari, prendiamocene cura e contribuiamo a rendere più dense e meno squallide le nostre esistenze.