Giornata mondiale dell'obesità, la prevenzione comincia da piccol*

In Italia, un bambino su tre è obeso o in sovrappeso, una condizione che rappresenta una delle principali emergenze sanitarie, sia nei Paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Anche nei casi meno gravi, il sovrappeso può provocare complicanze metaboliche già in età pediatrica, compromettendo la qualità di vita e aumentando il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e ipertensione.
L’obesità infantile ha cause multifattoriali, tra cui familiarità, sedentarietà e cattive abitudini alimentari. Per affrontarla è necessario un approccio personalizzato, basato su educazione alimentare, attività fisica e, nei casi più complessi, trattamenti farmacologici o chirurgici. In occasione della Giornata mondiale dell’obesità, che si celebra ogni 4 marzo, gli esperti del Bambino Gesù forniscono alle famiglie informazioni e consigli per affrontare il problema.
"È importante tenere sotto controllo i bambini obesi o in sovrappeso, perché hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie croniche da adulti - spiega il dottor Danilo Fintini, dell’unità operativa di Endocrinologia e diabetologia dell’Ospedale. Affrontare il problema precocemente permette di prevenire complicanze e di favorire una crescita sana".
Sovrappeso e obesità
L’Italia è al 2° posto in Europa per bambini e bambine sovrappeso e obesi nella fascia di età 7/9 anni (37%) e al 3° posto insieme a Malta per quanto riguarda l'obesità col 17% di minori nella fascia 7/9 anni. Negli adulti, il sovrappeso viene definito da un Indice di Massa Corporea (IMC) superiore a 25, mentre l’obesità corrisponde a un IMC superiore a 30. Nei bambini e negli adolescenti, invece, la valutazione è più complessa perché il rapporto tra peso, altezza e massa grassa cambia con l’età e tra i due sessi. Per questo, si utilizzano le curve dei centili: un IMC superiore all’85° centile indica sovrappeso, mentre oltre il 97° centile si parla di obesità.
Anche un lieve eccesso di peso può provocare problemi come steatosi epatica (fegato grasso), alti livelli di insulina, trigliceridi e colesterolo, ipertensione e sindrome metabolica. Il pediatra ha un ruolo chiave nell’individuare precocemente queste condizioni e indirizzare il bambino verso percorsi specializzati di educazione alimentare e attività motoria
L’importanza di una corretta alimentazione e dell’attività fisica
Secondo i dati di Okkio alla Salute, il 10,9% dei bambini non fa colazione, il 36,5% la consuma in modo inadeguato e il 66,9% mangia merende troppo abbondanti. Inoltre, 1 bambino su 4 non assume quotidianamente frutta e verdura. Un’alimentazione equilibrata non deve essere restrittiva, ma mirare allo sviluppo di abitudini sane e autonome, senza eccessi di grassi e zuccheri che potrebbero compromettere l’equilibrio nutrizionale.
“Per contrastare il fenomeno del sovrappeso e dell’obesità – spiega il dottor Danilo Fintini – è necessario affrontare il problema il più precocemente possibile. Per favorire una crescita sana non servono diete, ma stimoli a cambiare lo stile alimentare e di vita in generale. L’attività fisica è importante quanto la nutrizione: i bambini e gli adolescenti dovrebbero dedicare almeno 30-60 minuti al giorno al movimento, ridurre la sedentarietà a meno di tre ore al giorno e svolgere attività sportiva almeno due volte a settimana. Ma l’indicazione più importante che mi sento di dare ai genitori è che quando un bambino deve cambiare regime alimentare, lo deve fare tutta la famiglia”.
La varietà nella dieta è essenziale, senza demonizzare alcun alimento, ma con un’attenzione particolare a quelli più calorici. La colazione è un pasto fondamentale: saltarla può portare a una fame eccessiva nei pasti successivi. Gli spuntini devono essere bilanciati per non compromettere l’equilibrio calorico giornaliero, privilegiando frutta, frutta secca o carboidrati complessi come cracker, che favoriscono un senso di sazietà prolungato. Frutta e verdura devono essere sempre presenti per garantire il giusto apporto di fibre e vitamine, mentre i cereali complessi forniscono energia e facilitano la digestione, soprattutto per chi pratica attività fisica.
Per ridurre l’apporto calorico è consigliabile evitare zuccheri aggiunti nelle bevande, limitare il consumo di bibite gassate e dolci troppo calorici, prediligendo l’acqua. Anche i grassi vanno moderati, misurando l’olio con il cucchiaio, preferendo metodi di cottura senza grassi aggiunti e riducendo il consumo di insaccati, formaggi e uova. Mangiare in compagnia, in un contesto sereno, aiuta a rafforzare gli aspetti sociali dell’alimentazione, mentre dedicarsi a un’attività fisica o a un hobby riduce il rischio di sedentarietà e, di conseguenza, di sovrappeso e obesità. Se un bambino è in sovrappeso, spesso basta una riduzione di zuccheri e grassi, mentre nei casi di obesità può essere necessaria un’alimentazione ipocalorica associata a un maggiore livello di attività fisica.
Il supporto psicologico: un elemento centrale
L'obesità è una malattia subdola, chi ne soffre molto spesso non realizza di avere a che fare con una patologia e questo rende difficile l’adesione a percorsi di cambiamento. Spesso, inoltre, il problema ha radici nel contesto familiare e sociale. «Il supporto psicologico è fondamentale – afferma la dottoressa Chiara Carducci, dell’unità operativa di Psicologia del Bambino Gesù – interveniamo fin dall’inizio per comprendere il vissuto del bambino rispetto al proprio corpo e individuare le dinamiche emotive che lo portano a mangiare in modo errato. Inoltre, lavoriamo con la famiglia per aiutarla a organizzarsi meglio e a supportare il bambino nel percorso di cambiamento”.
La motivazione del paziente e della famiglia è un elemento chiave: senza una reale volontà di modificare le abitudini quotidiane, il rischio di abbandonare il trattamento è elevato. Per questo, il percorso di cura prevede un lavoro congiunto tra medici, nutrizionisti e psicologi. Nei casi in cui si renda necessaria la chirurgia bariatrica, la valutazione psicologica è indispensabile sia prima che dopo l’intervento. “Il cambiamento corporeo può essere difficile da accettare – aggiunge la dottoressa Carducci – alcuni pazienti, abituati a vedersi obesi, faticano a riconoscersi dopo la perdita di peso. Il supporto psicologico è essenziale per accompagnarli in questo processo di trasformazione”.
Farmaci e chirurgia: le opzioni nei casi più gravi
Quando i percorsi di educazione alimentare e supporto psicologico non portano ai risultati sperati o quando l’obesità è già molto grave, si può ricorrere ai farmaci. «Esistono trattamenti farmacologici che riducono l’appetito e aiutano a controllare il peso – spiega il dottor Fintini – Ma questi farmaci devono essere prescritti con attenzione e usati solo nei casi più complessi”. Se anche la terapia farmacologica non è sufficiente o se il paziente ha un IMC superiore a 40 con comorbidità (o oltre 50 senza altre patologie), l’ultima opzione è la chirurgia bariatrica. Il Bambino Gesù è l’unico centro in Italia a eseguire interventi di questo tipo in età pediatrica. La tecnica più utilizzata è la sleeve gastrectomy, che prevede una riduzione del 70% dello stomaco, limitando la quantità di cibo ingeribile e favorendo la perdita di peso.
“La chirurgia bariatrica è estremamente efficace – spiega il dottor Francesco De Peppo, responsabile della Chirurgia pediatrica di Palidoro – i pazienti perdono fino a 60 chili in un anno e nel 75-80% dei casi il risultato si mantiene nel tempo. Tuttavia, non si tratta di una soluzione definitiva: è essenziale un percorso multidisciplinare per garantire il successo dell’intervento nel lungo periodo. Quella bariatrica è l’unica chirurgia che incide su un organo, lo stomaco o l’intestino, che però non è realmente responsabile del problema che si vuole risolvere”. Per questo il fattore psicologico riveste un’importanza fondamentale.

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