Sabato 22 febbraio, nella festa della Cattedra di San Pietro, come annunciato, nella Cappella della Madonna di San Brizio del Duomo di Orvieto, monsignor Gualterio Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, ha presieduto la celebrazione, ricompresa nel calendario di quelle promosse dal Capitolo della Cattedrale in occasione dell’Anno Santo. Un momento che è stato anche l’occasione per pregare per la salute di Papa Francesco. Di seguito in forma integrale l'omelia:
Cristo Gesù costituisce Pietro quale “roccia” della Chiesa. È Lui che al largo del lago di Gennèsaret gli conferisce il mandato di “pescatore di uomini” (cf. Lc 5,10) e, sulla riva dello stesso Mare, il compito di “pastore del Suo gregge” (cf. Gv 21,15-19). È sempre Lui che presso le sorgenti del Giordano annuncia a Pietro l’intenzione di edificare la Chiesa sulla roccia della sua professione di fede. Il dialogo che si stabilisce tra Simone e Gesù è introdotto e sigillato dal “tu” della confidenza: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19).
Gesù si dispone a consegnare a Pietro le chiavi del Regno, mentre si impegna a tenere strette nelle proprie mani quelle degli inferi, per assicurare stabilità alla Chiesa. Desta meraviglia il fatto che Gesù rinvia a tempo indeterminato il conferimento del “potere delle chiavi”. Quando sarà avvenuto questo passaggio di consegne? Forse la sera di Pasqua, quando il Risorto affida ai discepoli la missione di rimettere i peccati (cf. Gv 20,19-23)? Forse a conclusione del suo dialogo con Pietro, sulle rive del Lago di Tiberiade (cf. Gv 21,15-19), ove l’apostolo è diventato “pescatore di uomini” (cf. Lc5,1-11)? È possibile avanzare un’altra ipotesi: forse Gesù ha scelto di dare a Pietro le chiavi del Regno dei cieli nel Getsemani, prima di consegnarsi volontariamente alla morte? È lecito supporre che nell’ora del tradimento di Giuda, che precede la notte del rinnegamento di Pietro, Gesù sceglie di realizzare la sua promessa. All’ombra della croce appare in modo più trasparente la liberalità e la gratuità del dono fatto a Pietro e, in lui, a tutta la Chiesa.
Le mani di Pietro non sono solo quelle del pescatore, uso al remo, alla vela e alla rete; sono mani che impugnano il bastone del pastore e stringono le “chiavi” delle “porte del cielo”, quale “amministratore delegato” del “tesoro della Chiesa”. Pescatore, pastore, clavigero: in questi compiti è possibile scorgere alcuni elementi caratteristici del ministero del Vescovo di Roma, successore del beato Pietro, a cui il Signore garantisce che “le potenze degli inferi non prevarranno sulla Chiesa” (cf. Mt 16,18). La locuzione latina “non praevalebunt” assicura che le forze del male non possono sopraffare la Chiesa. Paolo confessa – forse anche a nome nostro! – di averla “perseguitata ferocemente e devastata” (cf. Gal 1,13; 1Cor 15,9), senza riuscire a distruggerla.
Fratelli e sorelle carissimi, la “casa di Dio che è la Chiesa, colonna e sostegno della verità” (1Tm 3,15), regge al “bradisismo” del peccato e alla “energia tellurica” degli inferi, essendo fondata sulla roccia della fede di Pietro, per il quale, ristretto in carcere, “saliva incessantemente a Dio una preghiera” (At 12,5). Sintonizzati su queste stesse “frequenze”, dal Duomo di Orvieto salga a Dio una preghiera incessante per il Santo Padre: il Signore gli conceda la serenità e la salute necessarie a custodire l’unità della Chiesa e a promuovere la pace nel mondo.