Il mondo a portata di mano
sociale

Il peso del passato, la leggerezza del futuro

giovedì 13 febbraio 2025
di Angelo Palmieri

Passeggiavo per il centro storico di Orvieto, tra le pietre antiche, quando mi sono imbattuto in un caro amico, professore di matematica dal pensiero fine e dall’anima inquieta. Come spesso accade tra noi, il dialogo si è presto addentrato in quei territori dove la filosofia sfuma nella vita quotidiana.

"Dimmi, Angelo" ha esordito lui, accendendo una sigaretta con gesto assorto, "quanto influenza il passato il nostro presente? Non trovi che, in fondo, siamo la somma delle nostre esperienze vissute, che ogni idea, ogni scelta sia inevitabilmente filtrata da ciò che abbiamo vissuto?".

La domanda aleggiava nell’aria, intrecciandosi con il vento che risaliva i vicoli stretti. Mi sono fermato un istante, osservando il profilo della città che si stagliava contro il cielo del tardo pomeriggio. Era una questione cruciale, che sfiorava la natura stessa della libertà umana. Portiamo il passato nelle vene, come un fiume sotterraneo.

È un mosaico di immagini, suoni, ferite e carezze che si depositano nella trama della nostra esistenza come un sussurro che non tace. Siamo il frutto di memorie stratificate, di sentieri già percorsi, di voci che risuonano dentro di noi, influenzando la nostra visione del mondo.Nulla sorge dal vuoto: ogni idea, ogni gesto è il riverbero di un tempo trascorso, sospeso tra ciò che è stato e ciò che sta per compiersi. Eppure, se l’eredità del vissuto è un filo che intreccia l’identità, non deve necessariamente trasformarsi in una gabbia.

Vi è un esercizio possibile, un'arte sottile e ardua: quella di slegare il presente dalle catene delle convinzioni ingombranti, di dare a ciò che è stato la giusta collocazione affinché non ci domini, ma ci illumini. Siamo esseri in divenire, capaci di negoziare con le nostre esperienze, di ammorbidire le ombre, di riscrivere la narrazione di ciò che è stato affinché non condizioni irrimediabilmente ciò che sarà. 

Guardare al futuro con coraggio significa riconoscere l’impronta del nostro vissuto senza esserne schiavi, comprendere che la storia personale è un terreno fertile su cui germogliare, non un pantano in cui sprofondare. Quando comprenderemo che il ricordo non è un decreto irrevocabile, ma un racconto che possiamo rimodellare, allora saremo davvero liberi di avanzare.

Come dice Bergson, "vediamo solo ciò che la nostra mente è disposta ad accogliere". Solo rileggendo la nostra storia interiore con occhi nuovi e liberandola dal peso di certezze immutabili possiamo davvero aprirci a nuovi orizzonti.