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Aperto l'Anno Giubilare anche nella Basilica di Santa Cristina

lunedì 13 gennaio 2025

Dopo quelle di Orvieto e Todi, domenica 12 gennaio, anche nella Basilica di Santa Cristina in Bolsena, la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Gualtiero Sigismondi, ha inaugurato l’Anno Giubilare. 

Di seguito, in forma integrale, l'omelia:

In questa domenica, che chiude il tempo di Natale, celebriamo un’altra Epifania del Signore. La liturgia ci fa fare, oggi, un nuovo pellegrinaggio: non più dai pascoli a Betlemme insieme ai pastori e nemmeno da Oriente a Gerusalemme, in compagnia dei Magi, ma dal cielo aperto al fondo dell’acqua del Giordano. Il Battesimo di Gesù è un mistero che segna l’inizio del suo cammino verso Gerusalemme. “O fatto che riempie di stupore! – esclama sant’Ippolito –. Il fiume infinito, che rallegra la città di Dio, viene bagnato da poche gocce di acqua. La sorgente incontenibile, da cui sgorga la vita per tutti gli uomini ed è perenne, si immerge in un filo d’acqua scarsa e fugace”.

L’evangelista Luca annota che “mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì” (3,21). È in questo preciso istante che si spalanca la “porta santa” dei cieli. Cosa sarà passato nello sguardo tra il Battista e Gesù al sentire “una voce dal cielo”? “Non ce lo racconta il Vangelo – scrive Luigi Verdi – ma è possibile immaginare che, nell’incrocio di quegli occhi, ci sia stata come una consegna, un passaggio di testimone: dall’acqua al fuoco, dal non ancora all’ecco. E immagino la sorpresa negli occhi di Giovanni nel trovarselo davanti, in fila con tutti gli altri, confuso fra tutti”.

Nell’impianto del suo Vangelo, Luca dedica poco spazio al battesimo del Signore, preferendo dare più rilievo all’incontro tra Gesù e il Battista, avvenuto nel seno delle loro madri (cf. 1,39-56). L’abbraccio tra Elisabetta e Maria ha anticipato l’incontro di Giovanni con Gesù al Giordano; se nella casa di Elisabetta il Cantico di Maria ha dato voce all’esultanza del Battista, sulle rive del Giordano il Padre ha fatto udire la sua voce, “perché il mondo credesse che il Verbo era in mezzo a noi”, e “perché gli uomini riconoscessero in Lui il Messia, inviato a portare il lieto annunzio ai poveri”. Sulle rive del Giordano il Sì di Maria cede il passo all’Amen del Figlio suo, che “ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone” (Tt 2,14). Al Giordano il Fiat di Maria lascia spazio all’epifania della bontà di Dio, che “ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito santo” (Tt 3,5).

L’odierna solennità del Battesimo del Signore si interseca, qui a Bolsena, con la celebrazione dell’apertura dell’Anno Santo, momento favorevole per sperimentare quanto abbiamo inteso nella prima lettura: “Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri” (Is 40,9-11). Nella prospettiva cristiana il Giubileo è un tempo di grazia in cui ci è concesso di sperimentare che Dio, nella sua grande misericordia, ci tiene sulle spalle ma ci porta sul petto. Su questa certezza di fede si fonda la nostra speranza, la quale “nasce dall’esperienza della misericordia di Dio, che è sempre illimitata”.

“Il tema del Giubileo, Pellegrini di speranza, trova una sua singolare e suggestiva declinazione – osserva Papa Francesco – nei percorsi catacombali. In essi tutto parla di speranza: di vita oltre la morte, di liberazione dai pericoli e dalla morte stessa per opera di Dio, che in Cristo, il Pastore buono, ci chiama a partecipare alla beatitudine del Paradiso, evocata con figure di piante rigogliose, fiori, prati verdeggianti, pavoni e colombe, pecorelle al pascolo. In sé stesse le catacombe, essendo cimiteri, cioè dormitori, testimoniano l’attesa, la speranza del cristiano, che crede nella risurrezione di Cristo e nella risurrezione della carne. Il pellegrinaggio nelle catacombe si configura, pertanto, come un itinerario in cui fare esperienza del senso dell’attesa e della speranza cristiana; ci ricorda che siamo tutti pellegrini, in cammino verso la meta dell’incontro con Dio, che in Cristo Risorto ci chiama a condividere la sua beatitudine e la sua pace”.

Fratelli e sorelle carissimi, le catacombe, come quella legata a questa Basilica di S. Cristina, sono luoghi in cui il cielo si immerge sulla terra, sono aree di sosta che lungo la raggiera delle strade consolari o delle grandi vie di pellegrinaggio, come quella Francigena che a Bolsena fa tappa, ravvivano la speranza cristiana testimoniata soprattutto dai Martiri. Sono loro, come S. Cristina, ad offrirci l’annuncio più convincente della speranza pasquale.