Il mondo a portata di mano
sociale

L'inganno del sollievo

sabato 11 gennaio 2025
di Angelo Palmieri

A te che cerchi disperatamente di anestetizzare il dolore, di zittire quel tumulto interiore. Urla come un vento gelido nelle notti più scure, fermati. La droga non è una tregua, ma un inganno. Ti illude di offrirti uno scudo contro la sofferenza, ma è veleno che scava solchi profondi nell'anima e si nutre della tua stessa essenza. È una promessa di sollievo che diventa catena.

A te che hai perso il filo di una narrazione capace di parlare di vita, sostituita da un tessuto di strappi, dolori e emozioni lacerate, non cercare fughe consolatorie. Ogni fuga che promette pace ti lascia invece più smarrito, più solo, una separazione crudele dalla tua stessa natura.  Siamo insieme vette e abissi, capaci di volare oltre le tempeste ma anche di precipitare nei vuoti più profondi. Non c’è pace nel narcotizzare la tua voce interiore; c’è solo un silenzio che pesa come una pietra.

Eppure, fai una pausa. Guarda il tuo stesso riflesso, anche se ti sembra irriconoscibile. Le crepe che temi di vedere non sono condanne, sono ferite che chiedono di essere accolte e curate. Il dolore che ora senti non è un nemico da combattere a colpi di artifici, ma un maestro rude e sincero che ti invita a stare, a sentire, a cercare nelle pieghe di quella sofferenza una scintilla di verità.

A te, che ti lanci in un viaggio alla ricerca di un attaccamento illusorio, ricordati che il legame vero non si trova nei miraggi tossici. L’amore vero, anche il più imperfetto, nasce dalla scelta di restare, di tendere una mano, di accettare l’incertezza di un cammino che non segue traiettorie perfette.

La droga è un gorgo che ti chiama con voce suadente, ma non ti salva: ti strappa ciò che hai di più sacro, quel frammento di vita che può ancora germogliare.

La dipendenza è un vuoto che si spalanca davanti a chi cerca riparo dalla tempesta, ma la vera forza non è saltare nel baratro, bensì risalire.  Nel trovare, passo dopo passo, il coraggio di trasformare quel vuoto in uno spazio per costruire, non in una voragine che inghiotte ogni possibilità.

Non sei i tuoi errori. Non sei le tue cadute. Sei la possibilità di rialzarti. Sei l’unico autore che può, anche tra le macerie, riscrivere la tua narrazione.

E noi, che osserviamo da lontano, non possiamo distogliere lo sguardo. È un vincolo d’anime il nostro, un dovere profondo: non lasciare che chi si smarrisce resti imprigionato nel silenzio e nell’indifferenza.

Ogni mano che non si tende è un vuoto che si allarga, un’ombra che cresce. Come comunità, siamo chiamati a custodire la luce di chi vacilla, a scegliere di essere rifugio e speranza. Non c’è rinascita senza il coraggio di guardare negli occhi il dolore altrui e riconoscervi il nostro stesso bisogno di cura, di amore, di vita.

Albert Camus ci invita a vivere un legame autentico: "Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non avanzare davanti a me, potrei non seguirti. Stai semplicemente al mio fianco e sii mio amico".