"L'Epifania è mistero di luce". Anno Santo aperto anche nella Concattedrale di Todi
Dopo la cerimonia ad Orvieto, domenica 5 gennaio, vigilia dell'Epifania del Signore, il Giubileo 2025 è stato aperto anche nella Concattedrale di Todi con la concelebrazione presieduta dal vescovo Gualtiero Sigismondi. Di seguito, in forma integrale, l'omelia che seguito l'apertura della Porta Santa:
La luce del Natale del Signore oggi risplende e si manifesta ai Magi, pellegrini venuti da Oriente (cf. Mt 2,1-12). L’Epifania è mistero di luce, simbolicamente indicata dalla stella, nella cui “luce amica essi cercano la vera luce”. Cristo Gesù, “sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78), diffonde la sua luce come a cerchi concentrici: anzitutto avvolge Maria e Giuseppe, poi irradia i pastori, infine inonda i Magi, “primizia dei popoli chiamati alla fede”. Restano in ombra, invece, i palazzi del potere di Gerusalemme, dove la notizia della nascita del re dei Giudei suscita sconcerto e turbamento, ma “non toglie i regni umani chi dà il Regno dei cieli”.
Guidati dal “satellitare” della luce di una stella, interpretata come annuncio della nascita del Messia (cf. Nm 24,17), i Magi raggiungono Gerusalemme. Forse nella Città santa “non c’è campo” e così, “assetati d’infinito” come sono, non esitano a chiedere: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2,2). La loro richiesta turba Erode, il quale riunisce i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo per conoscere il luogo “in cui doveva nascere il Cristo” (cf. Mt 2,4). Ottenuta la risposta, chiama segretamente i Magi per farsi dire da loro “con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme” (Mt 2,7-8), esortandoli a tenerlo informato, ma dissimulando le sue perverse intenzioni. Essi riprendono il cammino, scortati di nuovo dalla luce della stella, che li colma di “limpida gioia”, fermandosi “sopra il luogo dove si trovava il bambino” (Mt 2,9).
“Oggi i Magi – scrive san Pietro Crisologo – considerano con grande stupore ciò che vedono nel presepio: il cielo calato sulla terra, la terra elevata fino al cielo, l’uomo in Dio, Dio nell’uomo, e Colui che il mondo intero non può contenere, racchiuso in un minuscolo corpo”. Da veri sapienti, contemplano il grande mistero che si manifesta ai loro occhi con disarmante semplicità. Prostrandosi a terra, adorano il bambino e gli offrono quanto hanno portato in dono, “oro, incenso e mirra”: “simboli profetici di segreta grandezza”. Nel linguaggio iconografico, spesso sono raffigurati con il diadema regale ai piedi, nell’atto di sciogliere il laccio dei sandali, come Mosè sull’Oreb (cf. Es 3,5), prima ancora di aprire i loro scrigni.
La manifestazione ai Magi svela una dimensione perenne e costitutiva del disegno di Dio: tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a mettersi in cammino verso di Lui, “a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo” (Ef 3,6). Se Maria, Giuseppe e i pastori rappresentano il popolo d’Israele che ha accolto il Signore, i Magi sono invece le “avanguardie” dei gentili, convocati a far parte della Chiesa. Pertanto, l’Epifania del Signore, oltre ad avere i colori della Pasqua, ha le voci della Pentecoste, quelle “di ogni nazione che è sotto il cielo” (cf. At 2,5-13).
Il cammino dei Magi, “uomini della meraviglia”, inizia nel momento in cui fanno ritorno al loro paese “per un’altra strada” (cf. Mt 2,12). “Essi – osserva san Giovanni Crisostomo – non si misero in cammino perché avevano visto la stella ma videro la stella perché si erano messi in cammino”. La loro testimonianza assicura che la dimensione itinerante della fede è iscritta nel “patrimonio genetico” dei credenti e, in fondo, di ogni uomo. Il pellegrinaggio – uno degli elementi fondamentali dell’Anno giubilare –, metafora della vita umana, ha sempre occupato un posto importante nella vita dei credenti, “pellegrini di speranza” nei luoghi che mantengono viva una particolare manifestazione della bontà di Dio.
Il pellegrinaggio dei Magi è espressione del loro essere interiormente in cammino sulle vie di Dio; essi si avventurano in un viaggio rischioso che non prevede strade sicure e mappe definite. Da Abramo, che lascia la sua terra (cf. Gen 12,1-4), fino ai Magi, apparsi all’orizzonte della storia della salvezza nella “pienezza del tempo”, la fede è un cammino, un pellegrinaggio, “una storia di partenze e di ripartenze”. La fede non cresce, non raggiunge la dimensione del granello di senape, se rimane sedentaria, chiusa in qualche devozione personale o confinata nelle sacrestie. L’Anno Santo si offre come momento favorevole per accogliere la profezia rivolta a Gerusalemme: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1); “alza gli occhi intorno e guarda” (Is 60,4). Fratelli e sorelle carissimi, è impossibile alzarsi, rivestirsi di luce, senza sollevare lo sguardo, tenendo fissi gli occhi su Gesù, Lumen gentium.