"La Cucina Umbra. Sapori di un tempo. Da un'antica civiltà contadina, il sapiente matrimonio tra frugalità e gusto"

Le palombacce alla ghiotta di Todi, la corata di lepre con la crescia di Nocera Umbra, la bistecca del curato di Orvieto. E poi sapori scomparsi come i cannoli dolci che si facevano a Campello sul Clitunno e a Colle del Marchese o, ancora, i crostini ubriachi tipici di Città di Castello, passando per riti e tradizioni legate alla cottura del pane che, nella zona di Foligno, portava alla preparazione del fallone, un impasto di farina di granturco, acqua e pochissima farina di frumento.
Le origini della cucina umbra affondano le proprie radici nella povertà della tradizione contadina, come dimostra la lavorazione del maiale di cui non si sprecava nulla. Le passa in rassegna in un viaggio ideale e saporito tra i campanili del cuore verde d'Italia che poggia la sua ricerca anche sui documenti, il libro "La Cucina Umbra. Sapori di un tempo. Da un'antica civiltà contadina, il sapiente matrimonio tra frugalità e gusto" curato da Rita Boini, tra le massime esperte di cucina regionale italiana.
Giornalista del Corriere dell'Umbria e autrice di libri di cucina tradizionale e creativa – con uno sguardo attento al territorio e alle tradizioni ma anche al legame con la terra e le natura – oltre che di storie per bambini, è la persona che può vantare la conoscenza più approfondita e completa della gastronomia umbra, arricchita da anni di esperienze a contatto con cuochi e uomini, ma soprattutto donne, depositari di antiche tradizioni culinarie, molte delle quali perdute o in via di scomparsa.
Alla sua bibliografia aggiunge ora un'edizione rinnovata del best e long seller publicato nel 1995, già disponibile online sul sito di Intermedia Edizioni e da giovedì 10 febbraio in distribuzione nazionale. "Una raccolta completa – suggerisce l'editore – che si potrebbe dire il testo definitivo sull'argomento, vero e proprio punto di riferimento non solo per chi vuole riscoprire una tradizione gastronomica che è già, in larga misura, dimenticata ma anche per chi vuole conoscere da vicino il mondo delle campagne".
Se pochi sono i piatti tipici del mondo borghese è proprio nel contesto contadino, inestricabilmente collegato alla gastronomia, allora, che l'autrice si muove passando in rassegna i piatti tipici attraverso due criteri: quello della tipologia gastronomica – antipasti, uova, salse e sughi, minestre e zuppe, pastasciutta, riso, gnocchi e polenta, pesci, verdure e legumi, carni e dolci – e delle specificità territoriali. Ogni luogo conserva, infatti, piatti caratteristici e identitari e annesse storie.
Ricette che altrove si preparavano in maniera diversa o che erano del tutto sconosciuti. Facile comprendere allora come e quanto le vicende legate al cibo si intreccino con la storia delle comunità locali. Pur ricchissimo di particolari gastronomici con approfonditi riferimenti anche alle caratteristiche agricole dei vari luoghi della regione, "La Cucina Umbra. Sapori di un tempo" ha, tre le righe, anche l'inconsueto e gradevole spessore di un vero e proprio testo di storia.
Dal singolare caso di un segretario comunale di Città di Castello che, agli inizi del '900, era solito agevolare pratiche intascando tangenti particolari sotto forma di "dazioni" di uova all'origine del perugino "pane sciapo" che si cominciò ad usare quando lo Stato Pontificio impose pesanti tasse sul sale. Grande spazio viene riservato alla cucina dell'Umbria Meridionale e ternana restituendo vividezza al ricordo di chi andava a cucinare a domicilio nelle case altrui.
Ricevendo in cambio olio, vino ed altri prodotti della terra, in un'anticipazione delle moderne figure degli chef a domicilio. Il libro consente di recuperare sapori perduti, facendo conoscere la preparazione di piatti tramandati da una generazione a quella successiva, con una sequenza che il moderno stile di vita ha ormai quasi irrimediabilmente interrotto, cancellando sapienze antiche per lasciare il posto ad un'omologazione generalizzata e dilagante di sapori, ingredienti e gusti.
Come scrisse Giorgio Caini, delegato dell’Accademia Italiana della Cucina, in occasione della prima pubblicazione del titolo "di libri sul tema ce ne sono tanti. Questo ha però una particolarità: ci sono l’informazione storica e le curiosità. Un piatto si fa a Gubbio, cambia nome a Città di Castello, poi a Spoleto e così via. Ci sono i piatti che si fanno nelle ricorrenze e nelle feste comandate". E c'è tutto il gusto, letterale e letterario, di andare a riscoprirli e farli conoscere ai palati moderni.

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