Booking.com premia Orvieto per l'accoglienza. Sicuri che vada tutto bene?
Booking.com ha recentemente eletto Orvieto fra le migliori dieci città al mondo per accoglienza. Recensioni spettacolari, servizi di altissimo livello, affluenze record, sia per brevi sia per lunghi periodi e tanto altro. Tutto bellissimo, tutto verissimo ma forse si dovrebbero fare un paio di riflessioni. Che Orvieto sia attrattiva è un fatto, che sia bella lo è altrettanto, così come è lodevole l’impegno di chi lavora con l’accoglienza e di chi, istituzionalmente, rende tutto questo possibile e fruttifero. Ma siamo sicuri che ci porti un reale guadagno?
Se da un lato Orvieto è la nuova Mecca dei turisti dall’altro, probabilmente, è avviata verso un declino demografico e del suo tessuto sociale. Per carità, in tutto il Paese si registrano queste problematiche, dove più e dove meno, ma la scelta del turismo a tutti i costi ha un prezzo assai salato. Magari lo si vede dalla scarsità di case in affitto sulla Rupe, a prezzi molto aumentati negli ultimi due anni a causa del nascere di sempre nuove case vacanze e B&B, magari dal fatto che gli stessi esercizi commerciali virino su trend più turistici e meno locali, magari dal fatto che non esistano veri e propri luoghi di aggregazione per giovani, adulti e meno giovani ecc. ecc.
Sembra che, piano piano, la Rupe stia assumendo più la connotazione di un museo/centro commerciale a cielo aperto piuttosto che del centro storico cittadino millenario che conosciamo, accogliendo turisti ma “respingendo” in qualche modo i propri cittadini. E così anche l’ospedale che langue, povero di servizi, lo scalo ferroviario sempre meno collegato, incubo dei pendolari, la scarsità di una massa critica giovanile e adulta che dia un impulso anche culturale alla città, il lento e inesorabile spopolamento. Tanti i comitati e le associazioni a battersi ma tutto sembra un po’ immobile, tufaceo insomma.
L’incontro delle varie generazioni, tutte ben rappresentate da una nutrita massa di persone, consente a un luogo di generare un tessuto sociale che gli dà connotazione, cultura, orientamento e ricchezza; quest’ultima, non solo economica ma quella di una collettività che esprime esigenze, diritti, modi di vivere, che rende un luogo a sua immagine, lo fa vivere. Quando invece questo stesso luogo lo si cerca di mettere in una teca per farlo vedere a tutti, pulito, brillante, sempre libero e disponibile, probabilmente non sta già più vivendo. È davvero così per Orvieto? Forse dovremmo chiedercelo tutti e, magari, fare qualcosa per premiare noi stessi riappropriandoci un po’ della nostra città.