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Gli studenti, portatori di desideri e protagonisti del convegno "Attraverso l’adolescenza", ci mettono di fronte alle nostre responsabilità (e possibilità)

lunedì 27 gennaio 2025
di Elisa Cinti

Venerdì 24 gennaio si è tenuto, ad Orvieto, l’evento "Attraverso l'adolescenza", un momento di confronto che si inserisce all’interno di un grande progetto che il nostro territorio sta portando avanti e che vede coinvolge le scuole, le istituzioni, le associazioni ("Space Network. Nodi di Comunità Educanti in Umbria"). A riempire la platea insegnanti e studenti e, dato l’orario lavorativo, solo in piccolissima parte, la cittadinanza. Personalmente, sono andata spinta dalla curiosità di ascoltare la professoressa Anna Olivero Ferraris per poi ritrovarmi travolta dall’energia e dai desideri espressi dagli studenti del nostro territorio. 

Gli alunni di quattro Istituti Superiori di Orvieto e Fabro hanno presentato i risultati delle interviste che hanno fatto nelle loro scuole, utilizzando la peer education (educazione alla pari), metodologia di educazione e promozione della salute che si basa sostanzialmente sull’efficacia della comunicazione fra persone con linguaggi, esperienze ed età simili fra loro. Alcuni studenti (più grandi, peer senior) hanno posto alcune domande ad altri studenti (più piccoli) per conoscere i loro bisogni, i loro desideri, le loro difficoltà. 

Efficace e centrato il sondaggio degli studenti dell’Istituto Majorana-Maitani di Orvieto, caratterizzato da un anellarsi di domande e risposte che hanno captato l’attenzione di tutta la sala. “C’è bisogno di momenti di confronto per affrontare temi importanti?” Il 95% degli intervistati ha risposto “SI”. “La tecnologia ha sostituito gli spazi fisici? Il 95% ha risposto “SI”. Tutti e quattro i gruppi hanno riportato una comune necessità quella di avere “spazi per i giovani”. 

Ascoltarli mi ha messo in difficoltà, in modo particolare quando hanno letto il risultato della domanda: “Ti senti ascoltato/a e supportato/a dagli adulti nei luoghi che frequenti?” Il 50% ha risposto “NO”, il 25% “solo in alcuni casi”, il restante 25% ha detto “SI”.  Dal loro confronto, oltre alla rilevazione del bisogno sono nate delle proposte come, ad esempio, quella di creare una “mensa sociale”, un luogo aperto alla cittadinanza e agli studenti, dove questi potrebbero fermarsi per poi poter svolgere le proprie attività extra scolastiche o semplicemente stare insieme. Uno dei problemi del nostro territorio, infatti, è che, spesso, i ragazzi abitano in frazioni o luoghi da cui, una volta rientrati a casa da scuola, non riescono a raggiungere eventuali altre possibilità di incontro, pomeridiane e serali.

La professoressa Olivero Ferraris si è collegata a questa necessità espressa, promuovendo le esternalità positive dei luoghi di aggregazione e portando gli esempi dei “ricreatori” di Trieste o di alcuni Paesi come l’Islanda, in cui si registrava un tasso elevatissimo di alcolismo negli adolescenti,  che hanno scelto di intervenire e di adottare un modello di prevenzione basato sulla comunità (community-based) e, quindi, hano investito trasferendo fondi alle scuole  per svolgere attività sportive e artistiche extracurriculari, ampliare gli orari di apertura, mentre le famiglie sono state incentivate economicamente per consentire ai figli di svolgere corsi e sport nelle ore pomeridiane.

E’ in questa direzione che, nella nostra Zona Sociale n.12, da alcuni mesi, stanno lavorando insegnanti, operatori, associazioni, istituzioni: l’obiettivo è quello di dare vita ad una “Comunità Educante” ossia una comunità che educa i suoi cittadini ma si fa anche educare da loro, in un’ottica di scambio reciproco e partecipazione. Tanti sono i progetti a cui si può dare vita all’interno di questo partenariato, spazi sociali, impegni reciproci, sussidiarietà tra scuola e cittadinanza, sostegno genitoriale, luoghi di ascolto.

Sarà un Patto formale tra i soggetti che la compongono a porre le fondamenta di questa Comunità ed è previsto a breve l’invito alla sottoscrizione di questo importante documento. Seguiremo questo percorso con partecipazione (e, per quel che sarà possibile, parteciperemo!) affinché quel 50% di adolescenti intervistati che oggi non si sente ascoltato possa trovare, in un futuro non lontano, una comunità più accogliente e rispondente alle sue necessità, auspicando di poter innescare un processo virtuoso di crescita del ben-essere generale della collettività.

Immagine di Mara Cerri