Lenin, chi era costui?

Il 22 aprile del 1870 nasceva Vladimir Lenin. Dunque centocinquanta anni dalla sua morte. I cosiddetti giornali democratici e la nostra progressista televisione di stato, e a dire il vero anche gli altri mezzi di comunicazione, quasi fosse stato diramato un comunicato silenziatore, hanno ignorato l’anniversario pur essendo solitamente attenti a celebrare anche l’anniversario di una mosca finita in un bicchiere, Eppure Lenin, comunque lo si voglia giudicare, resta una figura fondamentale per la storia degli ultimi duecento anni. Io non sono molto assetato di anniversari pubblici, pensando che un anniversario, qualsiasi anniversario, vada celebrato anzitutto nell’intimo della propria coscienza. Ma non posso nascondere un certo disgusto sul silenzio calato su quello di Lenin.
Capisco che un tale personaggio risulti nefasto per quanti nutrono, nel loro pensiero reazionario, un vero e proprio odio verso colui che fu tra i primi a tradurre nella realtà della Russia il messaggio di Marx e del suo Manifesto del Comunismo. Del resto l’odio è tipico appannaggio di chi vuole mettere a tacere ogni episodio di riscatto dei popoli e che in questi giorni vorrebbero cancellare anche il 25 aprile, giorno della Liberazione dal nazifascismo,senza che si trovi uno straccio di magistrato che li metta sotto processo per il loro sogno infame di restaurazione del fascismo, ignorando quanto dice una Costituzione che, pur essendo improntata a criteri di borghesia illuminata piuttosto che a criteri comunque effettivamente progressisti, ha stabilito che ogni rigurgito fascistoide oltraggia i valori della Liberazione e di quella Resistenza che della Liberazione fu il momento formativo.
Ma mi sorprende, e forse neppure tanto, che questo importante anniversario non sfiori neppure la mente di coloro che fino a qualche anno fa si dichiaravano comunisti. Non parlo ovviamente di gente come Zingaretti, che il comunismo non lo ha mai sentito neppure nominare, e non parlo ovviamente di tutti quelli che hanno ammazzato il comunismo italiano. Magari versando poi lagrime di coccodrillo, come Occhetto, travolto dallo stesso meccanismo anticomunista che aveva, magari non rendendosene neppure conto, contribuito a mettere in moto. Parlo di coloro, tra cui molti degli intellettuali in voga nel vago, che ogni tanto cianciano di comunismo. E tace su questo anniversario anche una giornalista che pure fu a capo di un giornale che si ostinava a definirsi comunista, e che ora sembra approdata a più comodi lidi, pur mantenendo, e gliene va reso merito. un qualche anticonformismo in una stampa sempre più conformata alle idee dei padroni.
Che di questa stampa sono padroni, anche non tanto occulti. E mi augurerei persino che Eugenio Scalfari, che è persona di raffinata cultura anche storica, voglia dedicare in uno dei suoi sterminati interventi domenicali, un qualche accenno alla figura di Lenin, sia pure un accento critico: perché quello che oggi avvilisce non è tanto la critica, sia pure spietata, ma l’ossessivo silenzio.Varrà allora ricordare che Lenin divenne comunista anche perché il regime zarista impiccò suo fratello, ma soprattutto perché seppe passare ad uno spietato vaglio critico le viltà delle varie socialdemocrazie, seguendo, lui sì, con spirito sanamente critico, il valore del Messaggio del Partito Comunista.
E fu lui ad instaurare il regime dei Soviet, che per molti versi imitava lo spirito della Comune di stampo francese, ma superandola in una più incisiva e attuale lotta di classe. Una lotta che spazzò via in pochi giorni la secolare barbarie dello zarismo, ed affrancò da una vera e propria schiavitù milioni di operai, di contadini, ed anche di intellettuali russi.Guadagnandosi meritatamente l’applauso di grandissimi poeti, di cui non faccio il nome perché nessuno di essi appare nelle nostre antologie scolastiche, che pure non trascurano personaggi infimi come persone e come poeti come il vate D’Annunzio, tanto per fare un brutto nome, che cantava la pioggia nel pineto mentre il mondo andava a scatafascio.
E la cultura idiota di oggi si vanta di non aver neppure letto un’opera come il “Che fare” in cui cultura vera ed analisi politica si sommano in uno scritto fondamentale. E ai tanti economisti che oggi si sprecano in previsioni prevedibili e spesso sguaiate,non sarà inutile ricordare che già in un suo scritto del 1921 Lenin aveva previsto che la Cina sarebbe diventata a distanza di un secolo una potenza mondiale, e lo faceva non perché lo aveva letto in una sfera di cristallo, ma perché era stato capace di elaborare una vera e propria analisi politico economica. Ripeto: sarebbe bastato parlare di Lenin per dire degli errori che anche lui commise, non essendo e non avendo voluto essere un nuovo Cristo In terra. Ma quello che mi avvilisce è il pauroso consenso di silenzi. E voglio ricordare, con l’occasione, che la maggior parte degli eroi della Resistenza aveva nella mente e nel cuore la bandiera rossa del comunismo.

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