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Di un amico morto con discrezione

martedì 17 gennaio 2017
di Fausto Cerulli
Di un amico morto con discrezione

Eccomi di nuovo a parlare di un amico che è andato via per sempre. E stavolta lo faccio con particolare emozione, perché Antonio Barberani, è di lui che voglio parlare, era un amico speciale. Uno di quegli amici con i quali non è necessario parlare troppo, ci si intendeva con un gesto, con un sorriso. Credo di aver conosciuto Antonio da sempre. Posso ricordare qualcosa di lui con brevi flash, quelle memorie che non si cancellano. Cinema Roma: dove adesso un supermarket, una volta una cinema d’essai. Credo che Antonio avesse a che fare con la scelta delle pellicole, sempre raffinate, rarissime, di quelle che allora e forse anche oggi non trovavi altrove.

Alla proiezione seguiva una discussione sul film proiettato, e di questa discussione Antonio era sempre protagonista garbato e competente. Pensavo che sarebbe stato un critico cinematografico di spessore, invece ha scelto altra strada, ha deciso di fare l’avvocato e lo ha fatto con discrezione, come era nel suo costume. Niente a che vedere con certi colleghi che si credono principi del foro e vanno in giro con borse pesanti di nulla, tanto per darsi un contegno. Antonio era un avvocato leggero, quasi in punta di piedi. Faceva sempre tutto con una sottile ironia, ma seriamente. Io non ho mai goduto di molte simpatie tra i miei colleghi, non so se per invidia o per disprezzo. Antonio, per quello che ricordo, mi stimava come io stimavo lui. Non tanto come professionista,
quanto come uomo capace di essere umano in questo mondo selvatico.

Lo ricordo Assessore alla Cultura nella giunta Concina, da cui si dimise con sottile garbo, senza inutili proclami e soprattutto senza cambiar bandiera. Credo che fosse meritevole di avere incarichi in campo culturale, era una specie di Guido Barlozzetti, ma con una sottile vena di tristezza, Una tristezza che non faceva pesare, quasi un presagio, quasi una morte annunciata. Eppure non rinunciava a stare in compagnia, forse non più protagonista, ma comprimario eccellente. Mi accorgo di scrivere di lui parole banali, lui mi avrebbe rimproverato dolcemente, mi avrebbe consigliato qualche battuta anche sulla sua giovane morte. Antonio era così. Mi dispiace, Antonio, ma non mi sento di giocare a fare il poeta sulla tua morte. Ho saputo che eri morto da un quotidiano on line, che aveva pubblicato in questi giorni alcuni miei racconti, e penso che tu li avresti letti volentieri e poi mi avresti sorriso di quel tuo sorriso quasi affaticato in questi ultimi tempi.

Sai, Antonio, appena ho letto la notizia ho telefonato al tuo telefono di casa, il che non è molto elegante, ma non ho potuto farne a meno. Mi ha risposto tuo fratello Luigi, con una voce commossa che non gli conoscevo. Ed ero commosso anche io, e sono commosso anche adesso mentre scrivo queste frasi che non servono a nulla. Sai, Antonio, mi è capitato spesso di scrivere
necrologi, come in quella rubrica sulla rivista "Diario", che tu penso leggessi e che aveva un titolo secco: "Se ne sono andati". Ma questa volta scrivo con la leggerezza che tu avresti voluto leggere, e penso che non ti ho conosciuto abbastanza. E lo penso con rimpianto. Siamo stati amici senza starcelo a dire, come succede tra amici veri. Ed ora vorrei concludere con una citazione di Elias Canetti, a proposito della morte di un suo caro amico: "La morte è falsa, e mi duole non poterlo dire a te, e se scriverò la mia vita tu, amico mio, vi occuperai un posto importante".

Sai, Antonio, tu sei tra i pochi che ora mi danno la nostalgia del silenzio. A presto, con dolcezza, Antonio. A presto rivederci.


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