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Apre il Giardino Segreto di Palazzo Sanvitani. Visite FAI per "Orvieto in Fiore"

mercoledì 31 maggio 2017
di Davide Pompei
Apre il Giardino Segreto di Palazzo Sanvitani. Visite FAI per "Orvieto in Fiore"

Segreto, come quello del celebre romanzo per ragazzi scritto nel 1911 dalla scrittrice anglo-americana Frances Hodgson Burnett. Fiorito, come ogni spazio verde urbano che si rispetti. Esteso, giacché occupa l'intera larghezza dell’isolato compreso tra Via degli Orti e Via del Pozzo Bianco. Ma anche liberty, dal momento che molte sono le piante tipiche dell'inizio del Novecento, quella Belle Époque che portò in Italia, anche nell’arte verde, soffi e profumi di esoticità, come il bambù o il lillà.

Già reso fruibile in via straordinaria a giugno 2014, il Giardino Segreto di Palazzo Sanvitani torna ad aprire il cancello alla città nel pomeriggio di sabato 3 giugno, dalle 14.30 alle 18.30 in occasione della quinta edizione di "Orvieto in Fiore" grazie alla disponibilità della proprietaria, la signora Giuseppina Sugaroni Pettinelli, che ogni giorno si prende cura di quel luogo così suggestivo - "questo giardino nella città - dice - è della città" e ai volontari del Gruppo FAI Giovani Orvieto, costituitosi a febbraio, che saranno presenti insieme al Gruppo FAI, esistente ormai da dieci anni.

Incastonato com'è nel cuore del centro storico, lo scrigno verde si sviluppa in lunghezza, all'ombra del Palazzo del Capitano del Popolo, tra arbusti e archi fioriti, lasciando intravedere la Torre del Moro e il fianco destro del Duomo. L'ingresso principale è al civico 39 di Via Felice Cavallotti – già nota come Reto Lungo – dietro l'edificio, il cui prospetto risale al XVII secolo, ristrutturazione di una pre-esistente costruzione quattrocentesca. Ancora visibili al livello inferiore, le volte impostate su archi medievali.

"Come molti altri lotti nel comparto urbano di progettazione duecentesca – ricostruiscono dal FAI – era concepito in realtà come un grandissimo orto, la cui coltivazione assicurava l’autosufficienza in caso di assedio o solo di carestia. E vi era, come ancora adesso, anche un frutteto. La configurazione attuale del giardino è stata ridefinita, però, nella prima metà del Novecento. A prima vista, appare come un giardino all’italiana, impostato planimetricamente su due assi.

Uno che prosegue il percorso proveniente dall’ingresso del palazzo e che si configura come un sentiero decentrato sulla destra, in adiacenza a Via degli Orti. L’altro che parte dalla loggia posteriore e si articola in aiuole ad andamento curvilineo, mai simmetrico. In realtà, la sua vera essenza è quella di giardino romantico, perché al là dell’impostazione generale geometrica ha uno sviluppo naturale e spontaneo.

Non vi sono piante trattate secondo l’arte topiaria, cioè con potature tendenti a conferire alla singola pianta una configurazione geometrica o artificiale, anzi ogni specie è lasciata libera di svilupparsi 'naturalmente'. In questo, ricorda il giardino all’inglese, assai poco disegnato ma immaginifico. Vi è, inoltre, una grande varietà di piante che ne fa un piccolo orto botanico con piante sia estive – tra cui magnolie e peonie – che invernali. Tigli, albizie, aceri e mimose sono le essenze più rappresentate.

Due alberi di canfora, di origine cinese, segnano, assieme ai due tigli più esterni, il secondo asse del giardino, quello che nasce dalla loggia della facciata posteriore del palazzo, e che in quel punto si allarga in una fontana a vasca curvilinea con al centro una copia del bronzo del cadorino Annibale De Lotto (1877-1932) rappresentante il bimbo pescatore pizzicato sul piede da un granchio, poggiato su una grande coppa di acquasantiera in pietra, lavoro cinquecentesco. Tutto intorno corrono vibranti e perenni recinti di acanto, la pianta mediterranea che affascinò gli architetti dell’antichità, che accentuano l’atmosfera di sogno e di incanto che pervade questo giardino, profumato e segreto".