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cultura

Il canto del Principe: dal canto lieve delle foglie alla melodia di un violino unico al mondo

domenica 6 aprile 2025
di Antonella Pace

Oggi vi voglio parlare di un libro che sembra una fiaba ma non lo è. La storia prende spunto da un evento realmente accaduto sotto i cieli dell’Altopiano del Lavarone, in provincia di Trento. Il libro racconta il salvataggio di un albero, un grande abete bianco, schiantatosi a terra dopo una violenta tempesta di vento e narra la volontà e l’impegno di una popolazione nel salvare la sua “anima”, il suo ricordo. Dalla sua carcassa nascerà la musica, diventando immortale e dal canto lieve delle foglie si arriverà alla melodia di un violino unico al mondo. Un libro che è poesia, natura, incanto e dolcezza.

Era il simbolo di un popolo, luogo di pellegrinaggi, elemento immateriale che aveva a che fare con un territorio, una popolazione, quella dell’Altopiano, erede dei Cimbri. Un abete bianco, il più alto d’Europa che una notte una tempesta di vento fece cadere a terra. Un boato forte e sordo investì l’Altopiano attirando l’attenzione di televisione e giornali.  Perché Il “Principe”, così era soprannominato, non era solo “Il patriarca arboreo meta di pellegrinaggi e non era neanche e solo un albero monumentale” ma qualcosa di più: era storia ed essenza, tronco e forza, segno e riverenza, era vigore e magnetismo che sovrastava, avvolgeva, proteggeva, irradiava e definiva. Era qualcosa di fenomenale: arrivato a 30 metri cubi, 54 metri dalle radici alle chiome. Lo si avvistava da chilometri, svettava sul mare verde dell’Altopiano come se volesse richiamare a sé tutti quelli che passavano di lì. Ora però il “Monte Bianco” degli alberi era caduto portandosi dietro altri fusti, franando e scavando nel terreno: ne era rimasta la carcassa che gli abitanti dell’Altopiano andavano a salutare increduli e angosciati nel dover dire addio alla loro storia ed eredità culturale. Non volevano vederlo finire a rondelle. Non riuscivano a separarsene.

Ecco allora la soluzione, figlia dell’amore per la natura e dell’attaccamento di un popolo alle sue radici, ai suoi simboli: trasformarlo in musica, far vibrare negli anni a venire le melodie del “Principe” in ogni luogo, rendendo eterno qualcosa che si era spezzato. Far sopravvivere il suo ricordo e la sua maestosità, permettendogli di essere colui che diffonderà melodie, note, armonie in tutto il mondo.

Un lavoro di trasformazione che è durato anni, tra la stagionatura, la ricerca delle giuste temperature, di adeguati gradi di umidità. Quattro anni, un tempo infinito per la velocità con cui corriamo oggi, un’attesa che ha permesso di dare vita a un “oggetto magnetico, perché strano”: un violino di color avorio, diverso dagli altri, unico nel suo genere. Uno strumento che seppure lavorato con rigore filologico manteneva un’aurea di eccezionalità. Era stato tolto all’oblio conferendogli una nuova vita. l’eternità del suono e della melodia.

 Perché la storia del “Principe” non è solo quella di un albero secolare abbattuto da una tempesta, è il racconto di un rapporto, quello tra l’uomo e il bosco, tra l’uomo e la natura. È una riflessione su quanto il nostro impatto possa alterare un equilibrio, su quanto i cambiamenti siano legati non tanto a grafici e proiezioni ma a ideali e sogni. L’ambiente come luogo in cui lasciare “tracce” ecologiche, leggere ma durature. Un racconto che parla di cambiamento, di tempo lento che scorre, di azioni quotidiane che possono avere ripercussioni nel lungo periodo. Ci parla del modo in cui dobbiamo ripensare l’ambiente, di quanto sia necessario rifuggire dalle semplificazioni per abbracciare una visione più impegnativa, riflessiva e densa di ascolto.  È una storia “di vita, di morte e di vita”.

TITOLO: Il canto del Principe (storia di un albero)

AUTORE: Marco Albino Ferrari

CASA EDITRICE: Ponte delle Grazie

PAGINE: 112

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