cultura

Quando la sensibilità conduce alla follia. Giacomo Ferrara reinterpreta magistralmente Gogol

lunedì 31 marzo 2025
di Federica Sartori

Una domenica pomeriggio di grande teatro al Mancinelli di Orvieto per gli spettatori di "Diario di un pazzo" che parte da Nikolaj Vasil'evič Gogol e arriva a Freddy Mercury per giungere ai giorni nostri in un continuo alternarsi di realtà e fantasia. Un’immersione completa, da parte del protagonista Giacomo Ferrara, che rende emotivamente partecipe lo spettatore tanto è coinvolgente il viaggio che compie nella propria mente.

Giacomo Ferrara è un volto noto di fiction (uno dei protagonisti della Serie Suburra, Spadino) e cinema (indimenticabile, ipnotica, eccellente la sua interpretazione di Aziz accanto ad Antonio Albanese in quel capolavoro di film che è 'Grazie ragazzi'. Un invito a guardarlo per chi non l'ha visto) così come di teatro e, dopo tre anni di assenza dai palcoscenici, torna con una parte di straordinaria bellezza e intensità. 

Aksentij Ivanovič Popriščin (il protagonista uscito dalla penna di Gogol che scrisse “Memorie di un pazzo”) si fonde, si alterna, si scontra anche con tante altre figure: è sempre lui, ma diverso. È un impiegato, un ragazzo che ama, un uomo che scoprirà di essere Re. È tutto ciò che sogna. Può diventare, di volta in volta, di desiderio in desiderio, ciò che vuole. Tra fantasia e realtà, arriverà alla pazzia come il personaggio dell’autore russo? Chi è realmente Popriščin-Ferrara? 

La trasformazione sempre possibile, diventare chi desidera, trovarsi nel luogo che cerca, sarà fonte di serenità o di angoscia? Troverà una realtà appagante o si rifugerà in un mondo fantastico preludio della follia? Crede davvero di essere nel Ministero in cui lavora oppure nell’abitazione di Freddy Mercury? Affronta e scava nel modo migliore nella propria mente, nelle proprie paure, nei propri desideri oppure è un modo per fuggirne il più lontano possibile?

La bravura di Giacomo Ferrara è proprio questa: spingere lo spettatore a interrogarsi in merito al protagonista ma in fondo a procedere con una introspezione.

La regia di Alessandro Prete conduce per mano Popriščin-Mercury ma anche il pubblico. È un viaggio nella fantasia, nella ricerca, nell’interrogarsi e nel credersi altro e altrove ma non esiste confusione in tutto ciò che pensa, afferma e compie il protagonista. Si potrebbe quasi affermare “Il diario di una lucida follia” nata non solo dalla mente del personaggio ma per la necessità di difendersi dalle manipolazioni di una società egocentrica che spesso soffoca la libertà altrui a favore della propria. Una difesa, uno scudo… fingersi folli per non impazzire? La sensibilità viene scambiata per follia?

Il finale… non si spoilera mai, ma il grido del protagonista rivolto alla madre, in un fascio di luce striato è veritiero e credibile, grazie anche a un Giacomo Ferrara bravissimo, perfettamente calato nel ruolo, che ha accompagnato per un’ora e un quarto il pubblico nelle proprie domande e ricerche e spostamenti.

Un plauso al direttore delle luci Marco Palmieri che rende lo spettacolo ipnotico, il protagonista etereo, il dramma ancora più intenso. Quei coni di luce, quegli improvvisi momenti di buio, quei fasci luminosi sono imprescindibili e rendono indimenticabile un’immensa interpretazione.

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