Inaugurati i lavori di restauro della Chiesa di San Giuseppe Patrono

"Chi lavora con le mani è un operaio. Chi lavora con le mani e la testa è un artigiano. Chi lavora con le mani, la testa e il cuore è un artista". Si è aperta così, nel pomeriggio di martedì 18 marzo, nella Chiesa di San Giuseppe Patrono l'annunciata inaugurazione dei lavori di restauro e risanamento conservativo che, nei mesi passati, hanno riguardato l’edificio e le opere in esso conservate.
A prendere in prestito le parole di San Francesco d'Assisi, don Danilo Innocenzi, arcidiacono presidente del Capitolo Cattedrale e commissario della Confraternita della Sacra Famiglia Nazzarena, vera proprietaria della chiesa, adiacente all'Oratorio, ad angolo tra Via Duomo e Piazza Gualterio, con la deposizione della prima pietra nel 1653 e il completamento solo 32 anni dopo. Nel lungo elenco dei suoi ringraziamenti ha incluso anche gli studenti della Scuola di Arti e Mestieri della Fabbrica di San Pietro in Vaticano, presenti per l'occasione.
"Dal 2022 ad oggi – ha spiegato – il Capitolo dei Canonici ha avuto l’onere e l’onore di impegnare 143.000 euro, oltre a circa 87.600 euro stanziati dalla Diocesi di Orvieto-Todi attraverso l'8xMille per il rifacimento degli intonaci, le decorazioni murali, oltre a vari impianti tra cui quello di amplificazione. Grazie a risparmi e scelte oculate, sono già state sbloccate le pratiche per il restauro totale della copertura e della facciata esterna, dove si trovano un portale in pietra basaltica e una grande finestra quadrangolare".
"La primavera – ha detto monsignor Gualtiero Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi – ha fatto sbocciare i colori di questo tempio" dove, dopo tre anni, sono tornate anche a suonare le campane. "La figura di San Giuseppe – ha aggiunto – è molto amata dal popolo cristiano per diversi ragioni, non ultima la sua normalità. Un uomo giusto, con un sogno, che si è consegnato al progetto di Dio".
"Vedere restituito alla città questo piccolo gioiello, dopo due anni di importanti restauri artistici e architettonici – ha confidato il sindaco, Roberta Tardani – è un'emozione particolare. Oggi ricorre la Giornata Nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus e qui, da soli, nel marzo 2020, abbiamo pregato per la città e per il mondo, chiedendo a San Giuseppe di proteggerci e aiutarci a superare quei momenti di grande difficoltà. Oggi siamo tornati qui ed è come se si chiudesse un cerchio. Grazie all’impegno e al lavoro di tante persone, Orvieto si riappropria di un luogo significativo e ricco di bellezza.
È il modo migliore per festeggiare il nostro Patrono nei giorni in cui è stato comunicato che nel 2027 Orvieto ospiterà il Congresso Eucaristico Nazionale, a cui come ha reso noto oggi don Danilo parteciperà anche il Santo Padre. Quando il vescovo ce lo ha comunicato, la notizia ci ha emozionato e riempito di gioia. Questa città ci riserva sempre qualcosa di straordinario e quella sarà l’occasione per rinnovare il valore universale di Orvieto Città del Corpus Domini".
"Diversi anni fa – ha ricordato don Stefano Puri, vicario generale, moderatore dell’Unità Pastorale e presidente del Comitato Festeggiamenti di San Giuseppe – iniziammo a ragionare sulla necessità di una manutenzione straordinaria. Oggi, dopo nove giorni di preghiera, non restituiamo solo al pubblico un luogo d’arte, ma anche un luogo di culto a tutti noi molto caro. Abbiamo bisogno di riappropriarci della dimensione interiore e di luoghi come questi in cui raccoglierci, in silenzio".
Stefania Furelli, funzionaria storica dell’arte presso la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria, nel portare i saluti della soprintendente Francesca Valentini, ha parlato di "interventi provvidenziali". Sul retro della tela di pregevole fattura, raffigurante la Sacra Famiglia con Sant'Anna e San Gioacchino, infatti, è stata scoperta una scritta che informa della committenza, ovvero la Congregazione della Sacra Famiglia. Sulla scorta del ritrovamento di antiche cedole di pagamento, invece, solo ora è stato possibile appurare che l’autore del dipinto è Pietro Andrea Barberi Pucciardi e non Filippo Naldini.
Realizzato a Roma, è stato collocato sopra l’altare maggiore nel 1730. Rivelatosi troppo grande, fu necessario adattare i contorni e rifare gli stucchi. Tamponata grossolanamente nel corso degli anni – l'ossidatura aveva reso confuso il panneggio – dalla tela nel 2014 vennero rubate le coroncine metalliche collocate – e non riposizionate – sulla testa della Vergine e del Bambino, aiutandosi con il bastone fiorito sottratto alla statua di San Giuseppe.
Nessuna particolare sorpresa, invece, hanno riservato le due cantorie lignee decorate a tempera, ad imitazione di arazzi del XVII secolo, appena restaurate che, all’interno dei clipei, propongono due episodi non consequenziali come lo sposalizio della Vergine, in un ambiente gotico che sembra stilizzare il Duomo di Orvieto, e la fuga in Egitto, in cui Maria è insolitamente a piedi, come a suggerire il tema francescano della povertà.
Sul piano tecnico, le modalità che hanno contribuito alla rinascita del monumento grazie alla procedura finalizzata alla richiesta di contributo 8xMille alla Conferenza Episcopale Italiana sono state illustrate dalla dottoressa Giovanna Bandinu, coordinatrice dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali e presidente dell'Associazione Diocesana "Pietre Vive", impegnata nella valorizzazione e promozione per "offrire una chiave di lettura cristiana della storia del territorio e della fede della comunità che ci appartiene e che vogliamo raccontare attraverso narrazioni provenienti da diverse realtà".
Dettagliato l’excursus storico di don Emanuele Frenguelli, segretario e archivista del Capitolo della Cattedrale, che ha fatto riferimento alla contesa con gli Scalzi e alle diatribe per l'intitolazione. "Questa – ha detto – è la terza chiesa che Orvieto ha dedicato in poco tempo a San Giuseppe, patrono della città da tre secoli e mezzo ed è stata abitata da almeno cinque confraternite: l’Università dei Falegnami, l’Unione di San Filippo Neri, la Sagrosanta Famiglia Nazzarena, la Confraternita di Sant’Anna e quella del Sacro Cuore.
L'impianto planimetrico ottagonale, coronato da una cupola non estradossata, nascosta da un tetto a falde, si deve al disegno attribuito all'architetto Tommaso Mattei, la conclusione con l’imbiancatura della facciata in quella che allora si chiamava Piazza dei Fiori arriverà solo nel 1740. Del 1826 il permesso per il caratteristico ponte con Palazzo Gualterio, del 1919 l’acquisto delle tre statue dalla Ditta Fratelli Marsili di Roma per 775 lire".
All'interno, in stile tardo barocco, anche due altari minori, collocati in altrettante nicchie laterali, decorati con colonne, frontoni ed angeli in stucco policromo. Nel merito delle opere di restauro è entrato l’architetto Mauro Stella, progettista e direttore dei lavori, che si è soffermato sul portone d’ingresso – ripristinato il colore verde originario – e sugli intonaci che, prima di essere demoliti per un’altezza di circa due metri da terra, hanno reso necessario un’accurata campionatura. È stato, inoltre, ricostruito il pavimento sotto cui poggiavano i confessionali lignei, aggrediti dall’umidità. Operazione che ha richiesto un intervento particolare in loco, con tutte le difficoltà del caso. Si è lavorato diversificando i legni per rendere visivo l’intervento funzionale di ricostruzione dei fondi e degli elementi portanti.
Oggetto di intervento anche le pareti laterali della Sacrestia – senza toccare la volta decorata, che sarà restaurata in un secondo momento – e la finestra di quest'ultima che si affaccia su Via dei Gualtieri. Nei dettagli del ripristino funzionale e della messa in sicurezza, senza prescindere dall’estetica di una decorazione pittorica che ha ritrovato brillantezza, sono entrati, infine, i restauratori Roberta Sugaroni, Mariano Marziali e Rosella Brunetti. "Un lavoro immenso, di cui dobbiamo essere grati custodi" ha concluso il vescovo, prima della benedizione.

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