cultura

Sanremo uccide ancora, ma i cantautori resistono

giovedì 20 febbraio 2025
di Pierfrancesco Sampaolo

Quattro giorni fa è finita l’edizione 2025 del Festival di Sanremo e cosa è rimasto? Fra tutti, il pensiero che appena vengono messi due cantautori in gara arrivano secondo e terzo, a “mani basse”. Che poi in realtà ci sarebbero molte polemiche sul televoto, dove si dice che sia stato fermato prima del tempo impedendo così a numerosi fan di Brunori sas, e non solo, di votare per i propri beniamini, inibendo di fatto il “giudizio popolare” che, a detta di chi protesta, avrebbe portato sicuramente alla vittoria Corsi o Brunori (Olly ha vinto per pochissimo e per i voti della sala stampa, in effetti). Così, mentre la polemica monta e minaccia anche seguiti a più alto livello, si legge anche (sarà vero oppure semplice marketing) che il marziano grossetano Lucio Corsi in meno di un minuto abbia registrato il sold out delle date del suo prossimo tour, mandando in tilt le piattaforme di acquisto on-line dei biglietti.

Ma il fatto resta. Appena arrivano a Sanremo due cantautori, ovvero persone che sanno scrivere musica e canzoni, vincono e quasi stravincono, in barba ad autori, amici di Maria de Filippi, X-factoriani, mercato globale, piattaforme streaming, mode eccetera eccetera. Magari perché, al di là dei gusti personali, la musica fatta bene, le canzoni con un senso suscitano emozioni che vanno al di là dell’intrattenimento. Forse il problema è anche questo: la musica è sempre più un sottofondo, un intrattenimento appunto, dove la gente vuole evadere. Ma evadere da cosa? Da vite spesso frustranti, occasioni mancate, talenti inespressi, doveri schiaccianti, lavori alienanti, situazioni di quieta disperazione o peggio ancora. Ma serve evadere da questo? Magari no, magari le canzoni ci aiutano a farci pace e ad uscirne in una catarsi positiva.

E cosa ci facciamo noi? Chiudiamo il tutto in un festival competitivo. Che poi prima snobbavano tutti! Cioè, quella che, da qualche tempo, è la manifestazione musicale più importante in Italia (perché le altre sono state disinnescate), il grande contenitore nazional-popolare, non è altro che un concorso canoro dove si fa a gara fra “personaggi” più o meno folcloristici. Ma perché dobbiamo competere su tutto? A che serve? Su cose poi che non sono misurabili in alcun modo. Sembrano quasi le domande assurde che si facevano ai bambini: vuoi più bene alla mamma o al babbo? Risultato? Una visione distorta e consumistica della musica che, di conseguenza e a braccetto con il “mercato discografico”, si tara secondo questi parametri, abbassando il livello e innalzando il guadagno. Però poi arrivano Corsi e Brunori che, per carità, sono stati anche loro inglobati dal mercato e che, probabilmente, verranno masticati e disinnescati quanto prima, ma, a sorpresa, sbaragliano tutte le previsioni e si piazzano in pole position. Per inciso, Corsi e Brunori hanno esperienza ventennale, dischi e tour all’attivo, non sono usciti certo dal cilindro.

È un bene questo? Probabilmente lo è, come è anche possibile, come detto, che questo fenomeno, come molti altri prima, verrà prontamente cavalcato e reso inoffensivo verso il continuo processo di appiattimento che trasforma la bellezza in “materiale fruibile” o categorie per fasce di età, tipo le taglie per i vestiti: che canzone ti calza di più? Quale testo? Beppe Vessicchio (non Kurt Cobain o Iggy Pop) in una recente intervista lamentava il fatto che, anche in questa edizione, le canzoni non sono mai state menzionate prima del festival e, principalmente, vengono presentati i “nomi”, o meglio, i “personaggi” che parteciperanno. Vale a dire che magari la musica, le canzoni, non sono il vero focus di Sanremo? Forse anche la mezz’ora di soliloquio “promozionale” a pagamento dell’onnipotente Jovanotti ne è un indizio?

Magari è così ed è anche colpa nostra. Forse la prossima volta che vedremo qualcuno suonare in un locale o per strada gli presteremo maggiore attenzione, non ci faremo spostare di tavolo o non cercheremo di sovrastare la musica con le urla. Anzi, magari li andremo proprio a cercare, nascosti in localetti o festicciole di piazza. Perché probabilmente tutto parte da lì, e siamo solo noi a perderci, fino quando non ci saranno più nemmeno i Brunori e i Corsi a ricordarci che la bellezza, imprevedibile, è molto più utile e ci rende vivi.