Dal sottosuolo un nuovo capolavoro di pittura etrusca: la Tomba "Franco Adamo"
La prima scoperta risale agli ultimi giorni del 2022, quando il personale della Soprintendenza ispezionava alcune cavità che si erano aperte in un terreno agricolo vicino a Tarquinia, nel cuore della necropoli etrusca dei Monterozzi. Con l’aiuto degli archeospeleologi, l’esplorazione confermò che si trattava di tombe a camera etrusche già visitate in passato da scavatori clandestini. Una delle tombe, però, aveva in serbo una sorpresa: una parte della parete sinistra era crollata rivelando l’accesso a una tomba a camera più profonda, parzialmente piena di terra e detriti. Scene dipinte dagli splendidi colori decoravano le pareti, quale segno della memoria dell’antica civiltà etrusca.
È così che è stata ritrovata la tomba n. 6438, dedicata alla memoria di Franco Adamo, il grande restauratore delle tombe dipinte tarquiniesi, scomparso prematuramente il 12 maggio 2022, poco dopo aver completato il restauro della Tomba dei Vasi Dipinti non lontano dal luogo della nuova scoperta. Grazie a un finanziamento straordinario del Ministero della Cultura, le complesse operazioni di scavo e messa in sicurezza sono state condotte in gran segreto, per il rischio che i ladri d’arte (i famigerati ‘tombaroli’) o anche semplici curiosi potessero mettere a repentaglio il delicato equilibrio dei contesti da recuperare.
“Dopo aver ripristinato l’accesso alla camera funeraria – racconta Daniele F. Maras, il funzionario archeologo responsabile della scoperta, oggi direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze – e una volta installata una porta metallica, lo scavo archeologico ha dimostrato che tutto il materiale raccolto non apparteneva al corredo della tomba dipinta, che risale alla metà del V secolo a.C., ma era franato da quella superiore, più antica di oltre un secolo, della fine dell’epoca Orientalizzante”.
Una situazione unica, che ha messo a dura prova la squadra di archeologi, per districare una complessa sequenza di fenomeni naturali e interventi umani: la tomba dipinta era stata ricavata in profondità nel sottosuolo della necropoli, al di sotto di un sepolcro già esistente. Un primo antico intervento di profanatori, passati da un foro nel lastrone di chiusura, aveva svuotato interamente la camera dal suo corredo, prima che il crollo della camera superiore portasse giù vasi e detriti a riempire lo spazio vuoto. Solo pochi frammenti di ceramica attica a figure rosse testimoniano il pregio del corredo scomparso della tomba più recente.
Resta però il valore inestimabile delle scene dipinte sulle pareti, che al momento sono ancora soggette a lunghe ed elaborate operazioni di restauro, indispensabili per la loro sicurezza dopo il primo ‘pronto-intervento’ messo in atto in corso di scavo.
La parete sinistra è animata da una danza frenetica con uomini e donne che ruotano velocemente attorno a un elegante flautista. Sulla parete di fondo si intravedono le figure di una donna (forse la defunta?) e due giovinetti, ma una parte della decorazione è andata irrimediabilmente perduta a causa del crollo della roccia. Del tutto eccezionale, anche se ancora tutta da studiare, la scena sulla parete destra, coperta da incrostazioni terrose e calcaree, in cui si riconosce un’officina metallurgica all’opera: forse il mitico laboratorio del dio Sethlans (l’Efesto degli Etruschi) o più probabilmente un’officina reale, appartenente alla famiglia titolare della tomba.
“Il livello straordinario delle pitture – commenta con soddisfazione il Soprintendente Margherita Eichberg – è evidente già nel primo tassello di restauro, operato da Adele Cecchini e Mariangela Santella, che mette in luce la raffinatezza dei dettagli delle figure del flautista e di uno dei danzatori”. E le fa eco ancora una volta Daniele Maras: “Da decenni, questa è la prima nuova tomba dipinta con fregio figurato che viene scoperta a Tarquinia e si preannuncia molto intrigante per la sua storia, per il livello artistico e per alcune delle scene rappresentate, uniche nel loro genere”.
I lavori continuano con il restauro delle pareti e delle superfici pittoriche e con la costruzione di una ‘casetta’ di protezione dell’accesso al sepolcro, dotata di una porta a taglio termico, che garantirà la conservazione di temperatura e atmosfera ottimali, per consentire in futuro l’accesso al pubblico. Ma anche le ricerche andranno avanti in parallelo, tra lo studio del materiale raccolto e l’applicazione di tecnologie avanzate di imaging multispettrale, per riportare alla luce i colori scomparsi dei pigmenti antichi, come hanno dimostrato in modo straordinario alcuni primi tentativi sperimentali.