Giovanni Minozzi: una figura ancora poco conosciuta, ma centrale per la vita di tante persone ancora oggi
Si è tenuta venerdì 17 gennaio all'Hotel Oasi dei Discepoli di Sferracavallo l'annunciata presentazione del nuovo libro di Flavio Giacosa, "Giovanni Minozzi. Un uomo in servizio". La presentazione è stata introdotta da don Danilo Innocenzi che ha ringraziato tutti coloro che hanno partecipato, sottolineando che “Lo stare insieme riempie nel cuore e nello spirito” e definendo la cultura come “La più grande opera di carità”.
Don Stefano Puri, in qualità di vicario generale della Diocesi di Orvieto Todi, ha portato i saluti del vescovo Gualtiero Sigismondi, e ha ricordato quando Paolo VI nel 1964, pellegrino per la festa del Corpus Domini, ha esortato a non preferire le leggi della vita alla vita stessa. È quanto successe dopo la Seconda Guerra mondiale quando le persone non riuscivano a riprendere in mano la propria quotidianità, senza reagire. Don Minozzi, al contrario, si propose come figura simbolo del mettersi al lavoro per realizzare grandi cose.
Don Cesare Faiazza, padre dell'Ordine dei Discepoli, ha raccontato della sua permanenza presso l’attuale Oasi dei Discepoli, quando è stato studente. È un ricordo per lui commovente ricco di sentimenti ed emozioni che lo legano tutt’ora a quel luogo. Ha raccontato di don Minozzi come fondatore della famiglia dei discepoli, una storia che risale a più di cento anni fa e vede Orvieto come punto fondamentale. Il nonno di don Minozzi era un impresario di legnami, originario di Amatrice, che si stabilì ad Orvieto per motivi di lavoro e una delle sue figlie studiò presso l’Istituto di San Ludovico (mamma di don Minozzi).
Racconta che nel 1932 ci fu un accordo tra il Cardinale Cerretti ed il Vescovo del periodo, in cui la Diocesi stanziò dei fondi per adeguare il Palazzo Marciano e quindi destinarlo alle attività di Don Minozzi. Egli creò una congregazione per accogliere gli orfani di guerra e il 31 ottobre 1932 i primi discepoli vennero portati a Palazzo Marciano, chiamato poi Palazzo Lazzarini. Da quel momento inizia una storia lunga 91 anni.
Dal 1932 al 1964 la congregazione dei discepoli ha operato nella città di Orvieto, poi gli venne chiesto di rientrare nella propria sede e quindi di allontanarsi dalla realtà della città. Nel 1967 la congregazione ha lasciato Palazzo Lazzarini e, acquistato un terreno, ha costruito una casa di formazione per futuri sacerdoti a Sferracavallo. Fu seminario dal 1970 al 1984. La famiglia dei discepoli nasce per volere don Minozzi, laureato in storia e letteratura e che nel 1908 si iscrisse ad un corso per imparare le lingue arabe, convinto del fatto che le guerre si vincono con il dialogo, invece che con la spada.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, partì volontario come cappellano e venne assegnato agli ospedali di campo, dove vide morire giovani soldati che gli affidavano i propri figli. La guerra si portava dietro molti orfani, dei quali si sarebbero occupati tanti sacerdoti. Al nord erano già esistenti dei centri per accoglierli, mentre il Sud ne era sprovvisto. Don Minozzi credeva che fosse più giusto crearne di nuovi, piuttosto che spostare i ragazzi dalla propria terra di origine; nacque da qui l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno.
Flavio Giacosa, autore del libro, racconta che non conosceva la figura di don Minozzi fino al 20 agosto del 2018 quando, su invito di don Savino, parroco di Amatrice, ha raggiunto i luoghi devastati dal terremoto. Ad Amatrice c’era un centro di accoglienza per 400 ragazzi, costruito da don Minozzi, dove era possibile andare a scuola e prendere parte ad un primo avviamento al lavoro, imparando un mestiere. Flavio Giacosa ritiene che don Minozzi abbia vissuto tre momenti di fondamentale importanza:
- da giovane sacerdote andava a celebrare nelle zone più isolate dell’agro pontino, in modo da poter raggiungere anche le persone più lontane dalla società;
- durante la Prima guerra mondiale, una catastrofe enorme che colpì tutta l’Europa con oltre nove milioni di morti, Don Minozzi ha istituito le Case del Soldato, dove i soldati potevano trascorrere i giorni di licenza per recuperare le forze, lavarsi, cambiarsi, giocare e gli analfabeti potevano dettare una lettera da inviare alle proprie famiglie. Era un luogo dove ritrovare la pace nel cuore, dopo la rabbia provata al fronte. Costruì anche il primo orfanotrofio femminile, ad Amatrice e istituì il primo liceo scientifico a Potenza.
- durante il periodo del fascismo (1931) venne contrastato perché gli unici insegnamenti concessi per i bambini erano quelli stabiliti dal Regime.
Nel dopoguerra, soprattutto al Sud, i bambini e gli anziani venivano considerati come un peso nelle famiglie: i bambini venivano educati solo al lavoro e gli anziani che non riuscivano più a lavorare, per poter provvedere a sé stessi, venivano abbandonati. C’era un clero incapace di organizzare qualcosa per aiutare in queste situazioni.
Don Danilo Innocenzi definisce il libro come una raccolta di semi di speranza e fa riferimento ad una frase di Santa Madre Teresa di Calcutta “Il Signore fa scrivere dritto sulle righe storte della vita”. La presentazione si è conclusa con un collegamento in videochiamata con don Savino che ha salutato tutti i presenti e ha ripercorso i momenti drammatici, vissuti durante il terremoto di Amatrice, ringraziando don Marco Gasparri per la sua collaborazione attiva.
La mia personale impressione, scaturita dai racconti e dalla lettura del libro, è quella di don Minozzi come uomo lungimirante poiché già nei primi anni del ‘900, quando la maggior parte della popolazione era analfabeta, credeva che fosse opportuno avere una formazione personale per combattere le guerre con il dialogo, un insegnamento molto attuale. È un uomo di fede che merita di essere conosciuto e raccontato.