Il "Calanco Zero" sotto Porta Maggiore a Orvieto
Una suggestiva e pressochè inedita immagine delle rupi di Orvieto sotto San Giovenale negli anni ‘20 documenta particolari tecnici e richiama modalità di vita con agganci attualissimi anche alla realtà odierna. Dipinti, disegni e fotografie hanno spesso privilegiato questa veduta vicino Porta Maggiore con rupi e casette medioevali che sovrastano cipressi e casali su collinette più a valle.
Si percepisce però in primo piano anche la curiosità della forte depressione orografica del "cavarone" oggi non più esistente, almeno con quelle dimensioni. Non parliamo certo di enormi calanchi sul tipo di quelli già riempiti e probabilmente ancora da riempire alla discarica “Le Crete”; il “cavarone” come veniva chiamato dal popolino risultava comunque un’ampio spazio scosceso e fisicamente poco accessibile, di fatto inutilizzabile per usi agricoli. Almeno fino agli anni '70 venne pertanto riempito come immondezzaio comunale utilizzando il termine altrettanto popolare quanto efficace di “montinaccio”.
Per contestualizzare correttamente almeno nei nostri centri di provincia le modalità comuni di vita, va ricordato che i pochi scarti organici venivano comunemente smaltiti negli orti e terreni privati dove fungevano anche da comodo/economico fertilizzante; legno, carta e tutto ciò che poteva essere combustibile trovava impiego negli allora diffusissimi caminetti e stufe a legna. Il poco vetro impiegato e il metallo era oggetto di recupero contabile quasi religioso. La plastica era pressochè ancora inesistente. Il volume complessivo dei rifiuti non era di certo paragonabile a quello di oggi.
Una limitatissima coscienza ecologica ed il conseguente assetto normativo/regolamentare consentivano usanze nonché procedimenti amministrativi molto più liberi nel settore. In questo contesto per il Comune di Orvieto diventava pertanto quasi naturale adibire a discarica pubblica il piccolo ma comodo calanco del “cavarone”. Fisicamente davanti alla Porta Maggiore, sotto la statua medioevale di Bonifacio VIII°, venne costruito anche uno scivolo in muratura tutt’ora esistente; consentiva con facilità di caricare rifiuti nel cassone sottostante in Strada Dritta del Marchigiano senza farli scivolare sulla pineta. Da qui l’apecar li avrebbe facilmente trasportati nella vicinissima depressione orografica.
Inevitabile riallacciare almeno sotto il profilo storico e ideale il riempimento del calanco “cavarone”alle successive vicissitudini della discarica “Le Crete”; soprattutto in tempi odierni caratterizzati dal sempre più probabile riempimento anche del “terzo calanco” a causa dell’ostracismo esplicito nei confronti di un termovalorizzatore manifestato dalla nuova Giunta Regionale. In questo contesto il vecchio indimenticabile “montinaccio” nel “cavarone” sotto Porta Maggiore può diventare idealmente il “calanco zero” dove tutto è iniziato.