cultura

Giubileo, aperta la Porta Santa. "Il 2025 sarà un anno straordinario per l'Umbria"

domenica 29 dicembre 2024

Ha avuto luogo nel pomeriggio di domenica 29 dicembre, festa della Santa Famiglia di Nazareth, con una solenne concelebrazione presieduta da monsignor Gualtiero Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, l'annunciata apertura dell'Anno Santo nella Cattedrale di Orvieto. La celebrazione ha preso il via all’esterno, poi una breve processione, varcando la porta centrale.

Prima della benedizione, monsignor Sigismondi ha consegnato ai moderatori delle Unità Pastorali, ciascuno accompagnato da una famiglia, un'immagine della Madonna di San Brizio e la Lampada del Giubileo, da collocare in ogni chiesa parrocchiale per ricordare a tutti il "particolare Anno di Grazia che siamo chiamati a vivere con tutta la Chiesa".

Ha inoltre consegnato il messale proprio della Diocesi, recentemente approvato dalla Santa Sede, dove sono contenute le messe dei santi venerati in Orvieto-Todi. L'utilizzo di questo libro liturgico aiuterà a "crescere ancor più nella comunione ecclesiale, che deve portare a essere un cuore e un’anima sola".

Nella Concattedrale di Todi il Giubileo sarà aperto domenica 5 gennaio, nella vigilia della Epifania del Signore, con la concelebrazione presieduta dal vescovo alle 17. Domenica 12 gennaio, sempre alle 17, sarà nella Basilica di Santa Cristina in Bolsena, e domenica 26 gennaio, alla stessa ora, nel Santuario di Collevalenza, in concomitanza con la domenica della Parola di Dio e il raduno diocesano dei catechisti.

Questa l'omelia di monsignor Gualterio Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi:

Il Verbo di Dio, ponendo la sua dimora in mezzo a noi, ci ha aperto la porta della salvezza. “Dall’orizzonte infinito del suo amore, Dio ha voluto entrare nei limiti della storia e della condizione umana, ha preso un corpo e un cuore; così che noi possiamo contemplare e incontrare l’infinito nel finito, il Mistero invisibile e ineffabile, nel Cuore umano di Gesù, il Nazzareno”. Con questo pensiero di Benedetto XVI, citato da Papa Francesco nell’enciclica Dilexit nos, varchiamo la soglia del Giubileo Ordinario, aperto dal Vescovo di Roma bussando alla Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano. Il suo periodico spalancarsi ritma l’incedere nella storia della grazia divina che, mediante il ministero della Chiesa, entra nel mondo attraverso i “cantieri dell’anima”. “Una donna ha chiuso la porta del cielo, una donna l’apre per noi: Maria, Madre del Signore”. Questa antifona, proposta dalla Liturgia delle ore per la solennità dell’Assunta, oltre a condurci nel santuario del cielo ove la Vergine Maria risplende “in anima e corpo”, ci introduce nella casa di Nazaret, spesso raffigurata con una grande porta aperta sullo sfondo della scena dell’Annunciazione. La casa di Nazaret è, infatti, la “porta santa” che collega la terra con il “cielo aperto” (cf. Gv 1,51). Entro le sue pareti, ove Gesù cresce “in sapienza, età e grazia” (cf. Lc 2,52), si realizza il sogno che fa dire a Giacobbe: “Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo” (Gen 28,17).  La metafora della porta, con cui la lex credendi indica il Battesimo, apre e chiude la sacra Scrittura, in cui si narra la “grande opera” della salvezza, iniziata nel giardino in Eden, da cui Adamo viene cacciato (cf. Gen 3,23-24), e che avrà il suo compimento nella Città santa la quale, secondo la profezia di Ezechiele (cf. 48,30-35) evocata dall’Apocalisse (cf. 21,12-13), è circondata da dodici porte, ai quattro punti cardinali. Ai battenti delle “porte del cielo” (cf. Sal 78,23), che coprono il cigolio della porta della torre di Babele (cf. Gen 11,1-9), fa da “contrappunto” la benedizione assicurata a Israele: “Trasformerò la valle di Acor in porta di speranza” (Os 2,17). Fratelli e sorelle carissimi, il simbolismo della porta introduce la parabola del “buon pastore” (cf. Gv 10,11-18), proclamata da Gesù in prossimità del Tempio di Gerusalemme. “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7): con questa metafora Gesù esprime l’ardente desiderio di aprire a tutti la “porta della fede” (cf. Gv 10,16), anche ai pagani (cf. At 14,27). Il codice della chiave della “porta della fede” è lo stesso della “porta della Parola” (cf. Col 4,3), che nessuno può chiudere (cf. Ap 3,8). Si tratta di una porta “grande e propizia” (cf. 1Cor 16,8-9), e tuttavia è “stretta” (cf. Mt 7,13-14), perché “il passaggio alla vita eterna richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo”. La “porta della Parola” dà libero accesso alla “porta del cielo” (cf. Ap 4,1), che gli “operatori di ingiustizia” troveranno chiusa (cf. Lc 13,23-30). Le “chiavi” di questa porta il Signore le ha messe nelle mani di Pietro (cf. Mt 16,19), suo “amministratore delegato” del “tesoro della Chiesa”, ingente “capitale di grazia”, inesauribile “corrente di bene” che i fedeli possono ottenere a determinate condizioni e devono investire nelle opere di pietà, di penitenza e di carità. L’indulgenza non è uno “sconto” sulla pena del peccato, piuttosto è un “incentivo” a intraprendere un cammino di vera conversione. L’indulgenza rappresenta, per l’uomo peccatore e graziato, un invito ad approfondire il suo rapporto con Dio, “ricco di misericordia” (Ef 2,4). “L’indulgenza esprime la certezza della fede che le porte tra la vita e la morte non sono completamente chiuse”. Nel Salterio si legge che il Signore, “grande nella sua potenza”, “ama le porte di Sion e ne rinforza le sbarre” (cf. Sal 147,13), non per impedirne l’accesso ma per regolarne l’afflusso, consentito ai giusti (cf. Sal 118,19-20), a coloro a cui Egli bussa (cf. Ap 3,20) e non gli fanno trovare chiusa la porta, come quella a cui batte, invano, un amico a mezzanotte per chiedere in prestito tre pani da offrire a un ospite giunto a casa sua da un viaggio (cf. Lc 11,5-8). La Madre di Gesù, “porta regale”, “porta felice del cielo”, ci aiuti a spalancare la porta del cuore e ravvivi in noi la preghiera dei pellegrini che salgono a Sion i quali, giunti alle porte di Gerusalemme (cf. Sal 122,2), varcano la soglia del tempio acclamando: “Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi soglie antiche, ed entri il Re della gloria” (Sal 24,7.9). “A che ti giova – avverte Romano Guardini – che i portali alti s’incurvino e i pesanti battenti si schiudano, se in te non s’apre alcuna porta e il Re della gloria non può entrare?”. “Dilata il petto. Alza gli occhi. Libera l’anima!”: questo è il cronoprogramma dell’Anno Santo!".

Celebrazioni analoghe di apertura della Porta Santa che segna l’avvio del Giubileo 2025 si sono svolte o si svolgeranno anche in altre località delle otto diocesi umbre, coinvolgendo complessivamente 43 chiese dove lucrare l'indulgenza secondo le regole della Chiesa. Un evento significativo per le comunità non solo religiose della regione perché, secondo le stime, nel corso dell’anno sono attesi milioni di turisti nei centri spirituali dell’Umbria.

"Il 2025 sarà un anno straordinario per la nostra regione - afferma la presidente della Regione, Stefania Proietti che, tra l’altro, ha la delega al Giubileo - perché l’Anno Santo all’insegna della speranza si intreccia con eventi di storica importanza, come la canonizzazione di Carlo Acutis prevista ad aprile e le ricorrenze legate all’ottavo centenario francescano come quelle dedicate al Cantico delle Creature”.

“Il Giubileo è un momento di riflessione - aggiunge la presidente che, nei primi giorni dell’anno, incontrerà le autorità nazionali istituzionali deputate al Giubileo - ed è una grande opportunità per lo sviluppo del nostro territorio, per far conoscere le bellezze culturali e naturali, per promuovere l’immenso patrimonio spirituale e di valori dell’Umbria. Per questi motivi va profuso da parte di tutti, istituzioni in primis, un impegno grandioso per vincere la sfida giubilare dell’accoglienza". 

"Con la solenne celebrazione in Duomo - sottolinea il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani - si è ufficialmente aperto anche nella nostra Diocesi il Giubileo 2025. Orvieto si prepara a vivere con grande emozione questo anno speciale che porta con sé il richiamo universale della fede e della speranza.  Questo Giubileo non è solo un evento religioso, ma può rappresentare anche un’opportunità di rinnovamento spirituale e civile per la nostra comunità e l’occasione per riscoprire il valore della solidarietà e della comunione.

Come Città del Corpus Domini, custode del miracolo eucaristico che è l’essenza della fede e testimonianza della speranza, possiamo infatti fare di Orvieto un simbolo di pace e dialogo. La nostra città, con la bellezza della sua storia, della sua arte e della sua spiritualità, si sta preparando ad accogliere chiunque venga qui in cerca di conforto, riflessione e ispirazione. Che questo Anno Giubilare possa essere per tutti noi un’occasione di apertura verso il prossimo e di ritrovata unità".