Leggere o non leggere? La terribile situazione nostrana
Qual è il popolo che legge di più al mondo? E come siamo messi noi italiani (e orvietani)? Da un recente studio fatto per il Book Lovers Day 2024, è emerso che il popolo che passa maggior tempo sui libri è quello indiano. Esattamente, il Paese più popoloso al mondo spende in media 10 ore e 42 minuti settimanali leggendo libri. Peraltro, questa virtuosa abitudine pare risalga a un antichissimo retaggio culturale della grande penisola asiatica, dove per fare strada nella vita è opinione comune che si debbano leggere molti libri.
A sentire questa affermazione, parrebbe una cosa ovvia ma, nel nostro "Bel Paese", tale pratica è assai rara, o almeno è più rara che altrove. Infatti, lo stesso studio citato ci racconta un quadro a tinte fosche dove l’Italia è terzultima in Europa, prima di Cipro e Romania. Quello che è ancora più desolante è il fatto che lo studio in questione prende in considerazione la percentuale delle persone che negli ultimi 12 mesi abbiano letto almeno un libro e non, come per l’India, quante ore a settimana si passino leggendo. La percentuale di cui sopra per il nostro Paese è del 35,4%, contro il 53 circa delle teste di serie europee (Danimarca, Estonia).
Inoltre, analizzando più in profondità i dati, si scopre che le maggiori percentuali di lettori sono fra donne e giovani. Eppure nel 2023 e, prima ancora, complice il Covid, c’erano stati dei piccoli cenni di ripresa, ma il 2024 ha rivelato una nuova tendenza al ribasso. Ma come mai in Italia le cose buone, quelle che fanno bene a tutti per intenderci, sono tutte in calo? Qui entrerebbero in ballo molti altri studi, legati soprattutto all’uso dei social e di internet riguardo all’informazione e alla cultura, alle fake news, ai contenuti rapidi e veloci, alla cultura instagrammabile, verso una sorta di torpore collettivo, una curiosità un po’ deviata e un po’ anestetizzata da un sistema che, specie attualmente, non vede di buon occhio un’affermazione completa dell’individuo con una progressiva elevazione culturale.
Insomma, l’Italia è il Paese della cultura ma, tuttavia, sembrerebbe quello a cui questa non solo frega di meno ma che, anzi, la osteggia apertamente verso un malcelato valore dell’ignoranza, della grettezza e del pressappochismo degli slogan e delle soluzioni veloci. Sarà vero? Forse sì, almeno non sembra che l’investimento pubblico reputi prioritarie cultura e istruzione. Eppure, secondo altri autorevoli studi, cultura e istruzione sarebbero fra i più importanti indicatori della “sicurezza” di un Paese…pensate che corto circuito…vedi a leggere? Si scombinano i piani, saltano le priorità, le narrazioni…
Ma intanto, anche nella nostra cittadina, le librerie (le poche rimaste) faticano a sopravvivere, devono inventarsi sempre nuove soluzioni, riempire il negozio di oggettistiche varie e ammennicoli per fare cassa, sperando nelle feste natalizie e nei regali. Perché spesso sì regala ciò che non si vuole per se, specie i libri. La chiusura è sempre alle porte, mese dopo mese, mentre ristorantini e negozi di mutande proliferano. Ora, intendiamoci, evvivano i ristorantini e pure le “mutande” ma occhio a quello che stiamo perdendo un pezzetto alla volta.
Probabilmente, ha ragione da vendere chi sostiene che quando non leggiamo, quando chiudono le librerie, quando non ascoltiamo musica e non ci avviciniamo intimamente alla bellezza è un danno che principalmente facciamo a noi stessi e alle generazioni che verranno, perdendo forse l’unica vera ricchezza che ci possiamo costruire da soli, che possediamo e che possiamo tramandare. L’altra è il tempo, ma non è dato sapere quanto. Allora magari, visto che il Natale si avvicina, forse sarebbe il caso di farsi un nodo al fazzoletto, evitando di spendere soldi in cose inutili, senza vita, affollando un po’ di più librerie e biblioteche, alla ricerca non solo di regali, ma anche di ciò che rimane di noi stessi.