cultura

Tra il bianco e il nero, i colori dei pensieri di "Miss Spray"

domenica 24 novembre 2024
di Livia Di Schino

È festa grande sul palco e per il Teatro Mancinelli di Orvieto. Con "Miss Spray" è tornata in scena la Compagna Mastro Titta a favore di Fondazione Airc e per offrire, attraverso luci, musica, balli e canti un'opportunità di riflessione sulla diversità nelle sue variegate sfaccettature. Perché se è vero che lo spettacolo andato in scena questo fine settimana (per ben quattro volte) è ambientato nell’America degli anni ’60 e vede come protagonista una ragazza nei panni di una non adeguata piccola taglia, dall’altra proprio questa stessa protagonista scopre l’amaro sapore della discriminazione, a lei riservato per motivi estetici, in altre forme di diversità. Come quella raziale. Come quella del colore della pelle.

E allora perché proprio questa giovane donna dovrebbe essere la forcella per scardinare il lucchetto di un tabù? Forse perché solo chi sa, chi conosce, può decide se quel fiele che scaturisce dal giudizio esterno deve essere perpetrato e dunque tollerato oppure se è arrivato il momento di dire basta e quindi cambiare. Se, appunto, è arrivato “il momento della diversità”. Ma se è vero che il “mondo sta cambiando”, allora tutte le taglie hanno la stessa dignità. Tutte le persone. Per questo però è necessario andare oltre la consapevolezza e quindi ci vuole coraggio. Il coraggio di uscire, metterci la faccia e rischiare quel poco o tanto che si ha conquistato.

Nel dipanarsi del racconto, curato nelle scenografie e credibile nell’abbigliamento, il musical firmato nella direzione artistica da Paola Cecconi, diventa così specchio della realtà, dando forma alla lotta per i propri sogni individuali e per lavorare insieme a quella visione collettiva di comunità che si vuole per il presente e il futuro.

Tracy, infatti, partendo dal suo sogno nel cassetto, quello di ballare con i personaggi televisivi che guarda ogni giorno con la sua amica e, perché no, diventare Miss Lacca, scopre una realtà di ingiustizie e di facilitazioni. Prima di tutto quella del controllo sul corpo: quello delle donne. Un controllo che è evidente anche nei Paesi occidentali, imponendo canoni estetici necessari per l’inclusione e il successo.

I diversi, come nel caso di Tracy e nella sua scalata verso la vetta dei propri sogni, vengono derisi non solo da chi quelle regole le detta, ma anche e soprattutto da chi quei canoni li subisce al punto di farli propri. I troppi sacrifici per arrivare in cima ostruiscono il passaggio di quel senso di solidarietà che invece sarebbe lo zoccolo duro di quella forza costruttiva necessaria al reale cambiamento.

Diversamente dagli altri Tracy, una volta in pista, non dimentica quegli sguardi invadenti ed affilati come lame e si accorge di altre questioni. Ben più complesse. Questioni che, non riguardandola direttamente, fino a quel momento non le avevano permesso di maturare una propria coscienza critica. Ecco quindi ritornare ad assaporare quel tanto noto amaro in bocca. Ma questa volta da spettatrice.

Una spettatrice che però non si volta dall’altra parte, scegliendo l’indifferenza. E così si sporca le mani e, a differenza di chi teme di indispettire il capo di turno manifestando il proprio pensiero, a quella manifestazione contro la segregazione partecipa. Decidendo così di dire al mondo che bianchi e neri possono ballare sulla stessa pista, nello stesso spettacolo. Dove non è giusto continuare a imbrigliare i colori dei pensieri. E così delle parole.