Il Teatro Comunale "Rossella Falk" è pronto ad alzare il sipario sulla nuova Stagione
La città di Tarquinia e ATCL, circuito multidisciplinare del Lazio sostenuto da MIC – Ministero della Cultura e Regione Lazio, propongono, al teatro comunale Rossella Falk, una stagione di grande livello con sette spettacoli in programma e grandi interpreti della scena teatrale. “Crediamo che il cartellone presenti una proposta di spettacoli in grado di soddisfare l’interesse di un pubblico molto ampio – afferma il sindaco Francesco Sposetti -. Il nostro obiettivo è non solo quello di portare a teatro le persone, ma fare del teatro comunale “Rossella Falk” un luogo aperto alla città e in cui la città possa indentificarsi, nonché uno spazio privilegiato spazio in cui vivere il sogno e la magia di una rappresentazione dal vivo su un palcoscenico”.
“È dal 1981 che l'ATCL, Circuito Multidisciplinare dello spettacolo dal vivo della Regione Lazio, sostiene e coordina l'offerta di spettacolo dal vivo dei Comuni soci. Tarquinia non è solo una delle mete turistiche più affascinanti del Lazio. – affermano Isabella Di Cola e Luca Fornari, rispettivamente direttrice artistica e amministratore delegato di ATCL -. Ormai è anche un luogo dove si è consolidata la consapevolezza che il teatro non è solo un’abitudine o un rito, ma è soprattutto un’occasione di crescita collettiva della comunità, un momento di incontro, di condivisione, di riflessione, uno strumento culturale che può renderci consapevoli e maggiormente reattivi nell’interpretare il vivere contemporaneo.”
Ad aprire la Stagione del teatro diretto da Giancarlo Capitani, domenica 15 dicembre alle 18, Un sogno a Istanbul-Ballata per tre uomini e una donna, tratto da “La Cotogna di Istanbul” di Paolo Rumiz ed. Feltrinelli, di Alberto Bassetti, con Maddalena Crippa, Maximilian Nisi, Mario Incudine e Adriano Giraldi, regia Alessio Pizzech, musiche originali di Mario Incudine, Un sogno a Istanbul racconta di Max e Maša, e del loro amore. Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell’inverno del ’97. Un amico gli presenta la misteriosa Maša Dizdarević, "occhio tartaro e femori lunghi", austera e selvaggia, splendida e inaccessibile, vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da lei. Scatta qualcosa. Un’attrazione potente che però non ha il tempo di concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici di cui parlava “La Gialla Cotogna di Istanbul”, la canzone d’amore che Maša gli ha cantato. Maša ora è malata, ma l’amore finalmente si accende. Da lì in poi si leva un vento che muove le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni. Da lì in poi comincia un’avventura che porta Max nei luoghi magici di Maša, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione. Dal best seller di Paolo Rumiz "La cotogna di Istanbul", Alberto Bassetti trae un testo teatrale di grande forza e suggestione, "avvolgente come una storia narrata intorno al fuoco".
Sabato 4 gennaio alle 18, La prima indagine di Montalbano, di Andrea Camilleri, con Massimo Venturiello, mandolino-chitarra Emanuele Buzi , mandolino-mandola-chitarra Valdimiro Buzi . “L’idea di portare per la prima volta in teatro il commissario più famoso della narrativa contemporanea italiana è nata in seguito allo straordinario successo che hanno ottenuto gli audiolibri, recentemente pubblicati in Rete dalla Storytel, che io stesso ho avuto il privilegio di interpretare. La lingua inventata dal Maestro, carica di musicalità, arriva nella sua interezza a chiunque, la parola diventa immagine ammaliante, la trama inchioda e non consente distrazione alcuna. Ho pertanto sentito la naturale esigenza di proseguire il percorso iniziato allestendo un Reading teatrale su “La prima indagine di Montalbano”. Qui prendono vita i personaggi dei successivi numerosi romanzi che hanno conquistato l’interesse di milioni di lettori. Nasce soprattutto il commissario Montalbano, certamente ancora ignaro del luminoso destino che il genio del grande Camilleri gli stava riservando.” (Massimo Venturiello).
Sabato 25 gennaio alle 18, Sei personaggi in cerca d’autore, di Luigi Pirandello, regia Claudio Boccaccini, con Felice Della Corte e con Silvia Brogi, Francesca Innocenti, Gioele Rotini, Marco Lupi, Titti Cerrone, Luca Vergoni, Andrea Meloni, Jessica Agnoli, Fabio Orlandi. “Sei personaggi in cerca d’autore” è molto probabilmente l’opera più famosa di Luigi Pirandello e, di sicuro, quella che più di ogni altra ne compendia e sintetizza le tematiche, i climi, le suggestioni. L’opera debuttò nel 1921 e il pubblico rimase talmente sconcertato che alla fine dello spettacolo contestò violentemente lo stesso autore presente in sala al grido, come si sa, “Manicomio! Manicomio!”. Oggi, a distanza di un secolo, in una società profondamente mutata, è lecito chiedersi cosa rimanga di scandaloso, di disorientante, di sorprendente in quest’opera. Si può escludere sicuramente il meccanismo del “teatro nel teatro”, ormai trito, visto e rivisto. Anche il linguaggio, che può anzi risultare oggi spesso ridondante, prolisso, barocco, specchio di una certa “Italietta” prefascista piccolo-borghese, ormai poco funzionale a una moderna visione dell’azione e comunicazione scenica. Quello che continua a stupirci e appassionarci in questa grande opera è altro. Tanto altro. Il “plot”, ad esempio, che in Pirandello è sempre geniale, avvincente, appassionante e in questo caso anche ricco di colpi di scena; e poi lo scavo nella desolazione e nelle trappole dell’animo umano; e poi ancora la messa a confronto, impietosa, tra una concezione del teatro stanca, annoiata, routinier – che ha i suoi rappresentanti nel gruppo della “compagnia”, capocomico e attori – e la verità feroce e vibrante della teatralità vitale e ardente nei “personaggi”. Ecco, in questo soprattutto è continuamente ribadito un concetto tanto caro a Pirandello: quanto i personaggi, frutto della fantasia di un autore, siano più vivi e veri delle persone reali. Talmente vivi e veri che invaderanno un giorno il palcoscenico di un teatro interrompendo, con un colpo di scena, la prova di una compagnia e dando inizio così a un’opera considerata a ragione un testo capitale della drammaturgia universale.
Domenica 16 febbraio alle 18, "Il Signor G e l’amore", di e con Rossana Casale e con Emiliano Begni al pianoforte e Francesco Consaga al sax. Il tributo a Giorgio Gaber che Rossana Casale ha fortemente voluto e che porta il patrocinio della Fondazione Giorgio Gaber. Dopo otto anni, torna in tour teatrale. La collaborazione con la Fondazione nasce già diversi anni fa da una stima profonda per il cantautore, dalla lunga amicizia con la figlia Dalia e la frequentazione di casa Gaber condivisa con altri artisti della sfera milanese che Rossana racconta nel libro ‘Gaber, Giorgio, il Signor G’ , fino al Premio Giorgio Gaber che le è stato consegnato sul palco del Premio Repaci di Viareggio 2023 per il suo impegno nella divulgazione dell’opera di Giorgio Gaber. “Quando canti per la prima volta le canzoni di Gaber sai che non potrai mai smettere”. - Rossana Casale Una poltrona, un tappeto, due lampade, bastano per rappresentare la casa borghese: l’amore ingabbiato e soffocato dalle abitudini quotidiane, la porta di quella casa che chiusa, non ti fa sentire la strada. Ed è di qualche anno fa l’idea di far parlare il Signor G solo d’amore, di raccontare al pubblico il pensiero su un tema per lui difficile, intimo, pieno di pensieri contrapposti: la verità e la bugia, la libertà obbligatoria e il ritorno necessario, il bisogno di inventare come diceva lui e la ricerca del senso, la gabbia e l’abituale, il falso e la tenerezza, il lucchetto, il fuori, il grido e quella parola così difficile da pronunciare. Ed è per questo che Rossana ha chiamato a sé il jazz a riformulare le canzoni del Signor G, senza mai forzarle nella loro impronta e senza cambiare il nome degli accordi originali. Nel copione teatrale, dall’idea e dalla regia della Casale stessa, oltre ai due monologhi scritti da lei, anche testi tratti dagli spettacoli di Gaber, poesie di Borges, della Szymborska, di Alda Merini e da un racconto di Sandro Luporini.
Sabato 1° marzo alle 21, "November", di David Mamet e con Luca Barbareschi, Chiara Noschese, Simone Colombari, Nico di Crescenzo, Brian Boccuni, regia Chiara Noschese, November è una macchina da guerra di comicità, fatta di continui cambi di ritmo, ripartenze spiazzanti, una pièce per attori equilibristi e funambolici. è una partitura incalzante, giocata con umorismo cinico, di cui solo David Mamet è capace. È il novembre dell’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e le possibilità di rielezione del Presidente in carica Charles Smith sembrano scarse: gli indici di gradimento sono in calo, i suoi soldi stanno finendo e la guerra nucleare potrebbe essere imminente. Il Presidente, però, non sembra avere nessuna intenzione di arrendersi. Scritto nel 2007, all’inizio della grande recessione una delle più grandi crisi economiche di sempre, November è uno spaccato ferocemente esilarante di un Paese dove, se è vero che il fine giustifica i mezzi, certamente tutto è possibile quando la sopravvivenza del sogno americano coincide con la propria.
Domenica 9 marzo alle 18, "I due papi", di Anthony McCarten, con Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo e con la partecipazione di Anna Teresa Rossini, regia Giancarlo Nicoletti. Humour, dramma e un duetto strepitoso tra due interpreti di razza sono gli ingredienti di un testo teatrale la cui trasposizione cinematografica è stata uno dei più grandi successi degli ultimi anni. Non fatevi ingannare dal titolo, perché I Due Papi non vuole tediare con nessuna soporifera dissertazione teologica. Raccontando le fondamenta del ponte tra conservatorismo e riformismo della Chiesa cattolica, il testo vivace e incalzante, scritto dalla brillante penna di Anthony McCarten, si rivela la storia di un’amicizia del tutto particolare, incentrato sul confronto-scontro tagliente, intelligente e profondo tra Benedetto XVI e Papa Francesco. Al centro di tutto, una domanda senza tempo: nei momenti di crisi, bisogna seguire le regole o la propria coscienza? “I Due Papi” è il titolo della produzione italiana di “The Pope” di Anthony McCarten (pluripremiato autore per “L’ora più buia”, “La teoria del tutto” e “Bohemian Rhapsody”), opera teatrale da cui è tratta la pellicola di successo prodotta da Netflix con protagonisti Anthony Hopkins e Jonathan Pryce e candidata agli Oscar, ai Golden Globe e ai Premi Bafta. Una commedia di straordinaria forza emotiva con protagonisti due grandi attori del nostro panorama, Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, per raccontare il complesso rapporto tra Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio, appena prima delle dimissioni di Benedetto XVI e della successiva elezione di Francesco nel 2013. Completano la compagnia Anna Teresa Rossini nel ruolo di Suor Brigitta e Ira Fronten nel ruolo di Suor Sofia. Il team creativo vede Giancarlo Nicoletti alla regia e la traduzione del testo affidata a Edoardo Erba, mentre le scene sono di Alessandro Chiti e i costumi di Vincenzo Napolitano e Alessandra Menè. Frustrato dalla direzione intrapresa dalla Chiesa, nel 2012 il cardinale Bergoglio chiede il permesso di ritirarsi dalla sua carica a Benedetto XVI, la cui interpretazione della dottrina è diametralmente opposta alla sua. Il Papa, in risposta, lo convoca a Roma: non accoglie le sue dimissioni, si dichiara contrario a tutte le sue idee riformiste e gli rivela che vorrebbe rinunciare al Soglio Pontificio, mentre entrambi ammirano il Giudizio Universale nella Cappella Sistina. Il soggiorno romano, inaugurato con un incontro/scontro, sarà l’occasione per la nascita di una straordinaria amicizia e per confrontare le proprie idee, tra tradizione e progresso, senso di colpa e perdono.
A chiudere la Stagione, domenica 6 aprile alle 18, "Otello", traduzione e adattamento Francesco Niccolini, regia Emanuele Gamba con Giuseppe Cederna nel ruolo di Iago e con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Lucia Socci, Lorenzo Carmagnini, Riccardo Naldini, Elisa Proietti. C’è un cortometraggio di Pier Paolo Pasolini, si chiama Che cosa sono le nuvole: tutto Otello in venti minuti. Domenico Modugno fa un monnezzaro, che in un teatrino di borgata butta via delle marionette vecchie. Totò è una di queste marionette ed è Iago. Ninetto Davoli è Otello, incapace di comprendere la storia che deve interpretare. Il nostro Otello è ispirato a Pasolini e rivive all’interno di una compagnia matura che sulla scena insegue fantasmi. C’è un nuovo monnezzaro che veste i panni del demoniaco Iago che – per amore di Desdemona o per amore del Teatro – allestisce un labirinto, quello della mente del Moro in cui finte parole accendono passioni vere che portano dritte a epiloghi di morte; e ancora una volta vince la parola, il verbo, il logos.
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