cultura

Sette piccole storie per affermare "Ci sarà un futuro". Il Festival della Piana del Cavaliere chiude con questo grande impegno

lunedì 16 settembre 2024
di Federica Sartori

Una chiusura di festival migliore non avrebbe potuto esserci, grazie a molteplici aspetti miscelati superbamente tra loro che domenica 15 settembre, come annunciato, hanno portato sul palcoscenico Giorgio Pasotti e l'Orchestra di Fiati dell’Umbria. Innanzitutto un plauso agli organizzatori di Orvieto Festival della Piana del Cavaliere che hanno profuso energie immense, e a tutte le figure all’interno e all’esterno dell’Associazione che a vario titolo hanno lavorato per la riuscita degli eventi.

Sul palco del Mancinelli la lettura di un testo, quello di Sebastiano Santucci, che parla in modo semplice ma profondo delle possibili e concrete creazioni di sostenibilità. Le musiche, arrangiate alcune e create altre da Cristian Paolucci, rappresentano gli stati d’animo dei protagonisti delle sette piccole storie. E poi un direttore d’orchestra come Giovanni Ieie che, oltre ad avere la grandezza della bravura e dell’esperienza del ruolo, è di una simpatia travolgente. 

La perfezione di un’orchestra costituita per l’occasione, unendo vari elementi di sette bande musicali di altrettanti cittadine umbre, che ha regalato al pubblico musiche colme di un’armonia perfetta. La voce narrante, dell’eccellente Giorgio Pasotti, che si modula perfettamente nel descrivere i vari momenti della vita professionale e personale dei due protagonisti, Gea e Pietro. La voce si alterna alla musica. La voce e la musica si fondono. La voce lascia spazio alla musica. Tutto in perfetta sintonia, come la natura di cui testo e musica parlano.

Vengono raccontate sette piccole storie che in realtà non sono assolutamente piccole. O meglio rappresentano la certezza che tante, tantissime, milioni e miliardi di piccole storie, ne compongono una grande. Ecco che un ingegnere e una biologa marina, grazie alla loro profonda e appassionata ricerca di un cambiamento in positivo per liberare il mondo dalla plastica e dagli sprechi alimentari, si conoscono per lavoro ma si uniscono con il cuore.

Sempre in giro per il mondo a dividersi tra università, laboratori e centro congressi, decidono di diventare cittadini di Orvieto dove, così come in tutte le città d’arte d’Europa, per ottenere la “cittadinanza verde” è necessario mettere in pratica una serie di accorgimenti, dall’adeguamento energetico della propria abitazione al miglior smaltimento possibile dei rifiuti e all’impegno a piantare e seguire la crescita degli alberi più importanti della zona.

La passione per i propri studi, per la ricerca, e quella che nasce tra loro, fa capire a entrambi che per andare avanti, per avere e dare a tutti un futuro, è necessario tornare indietro e “pulire” quanto di negativo è stato prodotto finora. Con l’aiuto della tecnologia, dell’intelligenza artificiale, dell’ingegneria si possono cancellare gli errori del passato. Nasce così in Pietro, sull’onda dell’emozione che lo coglie percorrendo i gradini del Pozzo di San Patrizio di Orvieto, l’idea di una nave mangia plastica. Il pozzo è sinonimo di salita e discesa senza intralciarsi, di ordine, di pulizia, di acqua che dà la vita, che rinnova.

Il ricordo malinconico della spiaggia di Malta, piccola isola nel Mediterraneo terra natia di Gea, lasciata per gli studi all’estero, fa affiorare una consapevolezza. È proprio la foto nostalgica della propria famiglia sulla riva del mare a rappresentare per la biologa, da sempre decisa a studiare i ghiacci per poi mal sopportare il freddo di Milano, la svolta professionale. Tutto nasce dall’ascolto della voce di un professore che le riporta alla mente come le alghe, per fotosintesi, producono energia chimica generando ossigeno, convincendosi in pochi istanti che l’utilizzo delle alghe sarebbe stato il suo prossimo futuro lavorativo, il contributo concreto contro l’inquinamento. Le alghe, quelle alghe che da bambina intrecciava creando delle bamboline con cui giocare, sono uno strumento fondamentale per assorbire l’anidrite carbonica e quindi immediata nasce in lei la determinazione a creare un progetto di sviluppo di immense aree di praterie marine.

La voce di Giorgio Pasotti racconta degli slanci professionali ma esprime anche l’amore all’interno della coppia, si fa emozionata nel raccontare la visita al British Museum da parte di Pietro che diventa virtuale ma assolutamente compartecipata per Gea grazie agli occhiali con sensori visivi e sonori indossati dal compagno. Nella meraviglia di quanto ci hanno lasciato coloro che hanno vissuto prima di noi, nella consapevolezza di dover fare di tutto per conservare e tutelare l’architettura, la scultura e l’Arte in genere, si fa ancora più profonda in loro la determinazione a indirizzare sempre di più le proprie professioni verso un futuro pulito.

Diventare, con l’esempio personale e la ricerca lavorativa, i portavoce di un cambiamento di rotta non più auspicabile ma necessario e imprescindibile. E la musica cresce. L’orchestra disegna emozioni, pathos, determinazione, soddisfazione, fierezza, successo con le note che riempiono il Teatro portando gli spettatori a un coinvolgimento sempre più profondo. La voce narrante fa conoscere tutti gli stati d’animo della coppia, grazie a un testo originale e profondo e alla immensa capacità interpretativa dell’attore.

Fino all’annuncio del portavoce dell’Onu nel 2030: la fame del mondo è stata sconfitta.  Seguendo il tema degli ideatori del Festival: “Metamorfosi”, il compositore, lo scrittore, i musicisti, il direttore d’orchestra e l’attore si sono conosciuti, si sono uniti, si sono intrecciati, hanno creato un insieme formato da tante individualità. Tutto ciò è stato possibile perché l’obiettivo era comune. Questo stesso processo si scorge nelle parole del giornalista (un Giorgio Pasotti che nell’abilità di attore ha rivestito il ruolo) che da New York racconta “la fame nel mondo è stata sconfitta perché ogni paese si è messo in discussione e chi ha di più ha aiutato chi possiede meno.”

Come il maestro Ieie ha saputo scegliere e “accordare” musicisti che non compongono un’orchestra ma sono parti di altre realtà (le bande cittadine) portandoli a un altissimo livello di sintonia e armonia, l’auspicio è che lo stesso avvenga tra le diplomazie mondiali così come una sempre maggior presa di coscienza porti ogni singolo cittadino a fare la propria parte. Le favole iniziano con “C’era una volta…” mentre le “Sette piccole storie” sono state scritte per poter affermare con convinzione “Ci sarà un domani”.