cultura

Importante scoperta speleo-archeologica a Parrano: la Grotta dei Conoidi

sabato 6 luglio 2024
di Patrizia Patrizi

Il Comune di Parrano, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria, ha presentato la scoperta della Grotta dei Conoidi, situata in località Fosso del Bagno - Tane del Diavolo, una cavità di eccezionale interesse speleologico ed archeologico, la cui scoperta risale al 2022 sebbene sia stata resa di pubblico dominio solo recentemente a seguito dei primi necessari interventi di studio. L'evento, ospitato nel prestigioso Castello di Parrano, gentilmente concesso dalla nuova proprietà "Gruppo Greenestcities", si è svolto come annunciato venerdì 3 maggio.

Dallo schermo sistemato nella grande sala affrescata, gremita prevalentemente da "addetti ai lavori", come ricercatori, docenti universitari, archeologi, speleologi, sindaci, direttori di museo, presidenti di associazioni, architetti, per la prima volta sono state mostrate al pubblico le immagini della bellissima Grotta dei Conoidi, rimasta sigillata per migliaia di anni fino al giorno della scoperta.

Il racconto della scoperta ha avuto inizio con i saluti del Sindaco di Parrano Valentino Filippetti, e a seguire di Luca Pulcinelli, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, che, dopo aver portato i saluti del Soprintendente Ing. Giuseppe Lacava, ha sottolineato l’importanza della scoperta e il fatto che questa non giunge casualmente, ma rientra all’interno di un progetto strutturato di esplorazione sistematica dell’intero complesso della forra del Fosso del Bagno, basato sulla proficua collaborazione tra Soprintendenza, équipe di ricerca ed enti locali, già sperimentato con successo in altri importanti contesti speleo- archeologici come la Grotta Bella di Avigliano Umbro.

L’intervento di esplorazione e documentazione della cavità, di cui sono stati presentati i primi risultati, è stato reso possibile anche grazie ad un finanziamento straordinario prontamente accordato a tale scopo dal Ministero della Cultura e da un contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. L’importanza di tale rapporto di collaborazione sta nel fatto che esso permette di coniugare conoscenza scientifica, tutela e conservazione nonché – in futuro – fruizione di questo importante complesso archeologico e speleologico. È necessario inoltre, ricordare che il complesso delle Tane del Diavolo è attualmente oggetto, grazie alla collaborazione con la Direzione Regionale Musei dell’Umbria, anche di altri importanti progetti di ricerca portati avanti dalle Università di Firenze e di Siena per lo studio e la revisione dei dati di scavo pregressi.

La conferenza di presentazione della grotta del 3 maggio scorso a Parrano, è stata moderata da Roberto Conticelli, già Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Perugia. Il primo intervento è stato a cura di Maurizio Todini, del Gruppo Speleologico Todi, che ha illustrato le fasi salienti che hanno portato alla scoperta e all'esplorazione della cavità: “Nel 2021 avevamo già avviato un progetto speleo archeologico autorizzato dalla Soprintendenza Archeologica, in collaborazione con il Comune di Parrano, che aveva al centro una rivisitazione dell’intera area delle Tane del Diavolo.

Nel corso di un sopralluogo avvenuto in base ad una segnalazione di Paola Biancalana, esperta conoscitrice del territorio e responsabile dell’Associazione Tanaliberitutti (che in convenzione con il Comune gestisce il parco termale di Parrano e le Tane del Diavolo), abbiamo battuto la zona sulla sinistra idrografica del Fosso del Bagno e dopo aver avvistato la cavità segnalata, abbiamo notato una piccola fessura nella roccia lungo uno dei sentieri percorsi, dalla quale fuoriusciva un notevole flusso di aria. Alla luce della nostra esperienza, sappiamo che dietro questo fenomeno naturale spesso si cela un sistema ipogeo”.

Un primo intervento di disostruzione, infatti, ha subito messo in luce un passaggio percorribile. Messa in sicurezza l'apertura, gli speleologi si sono calati con attrezzatura tecnica all'interno di un profondo scivolo detritico subverticale. I primi ad entrare sono stati Augusto Gilocchi, Manuel Feliziani e Federico Spiganti, i quali – dice Todini – “sono letteralmente scomparsi nella profondità della grotta per risalire dopo molto tempo raccontando di aver percorso alcune grandi gallerie; il lungo tempo di permanenza era stato determinato dalla cautela per evitare di danneggiare alcuni reperti di interesse archeologico presenti sul piano di calpestio”.

Nel corso di successive esplorazioni, visitando ulteriori diramazioni, gli speleologi hanno infine individuato un secondo ingresso e trovato altro materiale archeologico. "All’interno della cavità è possibile osservare vari scivoli di detriti (i cosiddetti ‘conoidi’, appunto), che si sono formati a causa dell'infiltrazione di acqua e sedimenti dalla superficie all’interno del sottosuolo attraverso fratture nella roccia” ci spiega Federico Spiganti, speleo-archeologo. Spiganti aggiunge: “stiamo parlando di una grotta che allo stato attuale delle ricerche presenta uno sviluppo planimetrico di oltre mezzo chilometro con andamento labirintico, nella quale vi sono cunicoli angusti e strettoie al limite della percorribilità, ma anche grandi sale con altezze che sfiorano i 20 metri, ricche di concrezioni calcitiche.

Nella grotta sono state individuate varie aree con presenza di materiale archeologico ma anche ambienti in cui sono stati ritrovati solo carboni, che testimoniano comunque il passaggio di gruppi umani in epoche antiche”. La presenza di correnti di aria, in particolare all’interno di una strettoia localizzata nell’area cosiddetta della “Sala del Bivacco”, ci fa ipotizzare in maniera concreta che al di là di questi stretti passaggi ci siano degli ambienti ipogei ancora da esplorare, che potrebbero svelare grandi sorprese sia dal punto di vista speleologico che archeologico.

La Grotta dei Conoidi è di grande interesse e i suoi reperti sono allo studio di ricercatori di prestigiose università italiane e straniere. Tra essi vi è un’emimandibola umana, utile per studiare il DNA “attraverso il quale è possibile ricostruire la nostra storia”, dice la professoressa di Antropologia dell’Università di Bologna Donata Luiselli, responsabile del Laboratorio del DNA antico (aDNA Lab): “il DNA rappresenta un codice che può essere letto come un libro di storia; sarà quindi possibile ricostruire la storia dell’individuo a cui è appartenuta la mandibola, che da un primo studio morfologico sembrerebbe riconducibile ad una giovane donna di 18-20 anni”.

"La diagnosi bioantropologica del sesso di appartenenza è solitamente il risultato di numerose osservazioni e misure” dice l’antropologo Mirko Traversari, ricercatore presso l’Università di Bologna; “più aspetti valutabili abbiamo, più questa diagnosi sarà accurata. Nel caso dell'emimandibola parranese, avevamo a disposizione solo pochi di questi elementi discriminanti, che ci hanno restituito un profilo indeterminato, con un vago orientamento verso il sesso femminile”.

All’interno della grotta, tra i reperti recuperati, ci sono interessanti porzioni di vasi in terracotta che presentano una particolarità: “la loro superficie interna è completamente annerita dal fuoco e in alcune zone si osserva una poltiglia nerastra fortemente carboniosa”, indica il dottor Felice Larocca, archeologo preistorico dell'Università di Bari, direttore scientifico del progetto; “questo sta ad indicare chiaramente che il recipiente aveva ospitato una combustione e, grazie ad analisi archeobotaniche condotte presso l’Università di Padova, è stato scoperto che il materiale bruciato è riconducibile ad essenze vegetali quali quercia, alloro, frassino e rosacee”.

Ci troviamo forse di fronte a riti connessi ad un culto avvenuto in quel luogo profondo e lontano? Il dottor Larocca spiega che “seppur da una prima analisi delle forme, degli impasti e del trattamento in superficie dei vasi, siamo orientati verso una cronologia collocabile nel corso del II Millennio a.C., ulteriori evidenze potrebbero risultare più antiche ed essere retrodatate ad alcuni millenni prima, vale a dire ad una fase avanzata dell’età neolitica, sullo scorcio del V millennio a.C.”.

Le ricerche, attualmente alle loro battute iniziali, andranno avanti in futuro; sappiamo infatti che la Grotta dei Conoidi di Parrano prosegue in più direzioni e ulteriori, puntuali esplorazioni “ci potranno mostrare molto più di quanto finora la grotta ha palesato”, afferma il dottor Larocca. E quindi c’è molto ancora da scoprire nel territorio di Parrano e i lavori sono in corso insieme a quelli per l’attuazione del progetto chiamato Parrano Biodiversa che il sindaco Valentino Filippetti ha iniziato nel 2016 con l’insediamento alla guida dell’Amministrazione Comunale.