Va in scena con Giulia Trippetta la perfezione di una "moglie perfetta"
Verve, brio e talento in una magistrale interpretazione da one woman show. Giulia Trippetta si muove con maestria sul palcoscenico del Ridotto del Teatro Mancinelli con uno spettacolo che ironizza sui tanti modi per diventare una "moglie perfetta". Come conquistare un uomo e far in modo che il matrimonio sia davvero per sempre? L’attrice, nei panni di Luisa, donna degli anni '50, un po' casalinga un po’ pin-up, ce lo spiega con dovizia di spassosi particolari.
Il pretesto narrativo, che trascina lo spettatore in tempo senza tempo, è un decalogo di regole per essere una donna perfetta, perfetta per il marito, ma mai per sé stessa. Un decalogo che prende spunto da quello originale della moglie perfetta distribuito in Spagna dal 1937 al 1977, ritenuto utile per educare le ragazze a rendere felice il proprio uomo e trasformarle in mogli dei sogni: maschili ovviamente.
In scena una lavagna, una sedia e la protagonista, docente di un corso intensivo, per sole donne, che apprendano comportamenti e buone maniere per prepararsi adeguatamente al matrimonio. Unico scopo essere moglie, perfetta. Che pulisce e riordina la casa, prepara manicaretti, cresce i figli. Accogliente e assorbente. Che ascolta pazientemente il marito e vive in simbiosi delle sue necessità. Si mantiene sempre bella e soprattutto sorride. Sempre. Anche se ha dimenticato, le sue passioni, sé stessa e i suoi sogni. Eppure le tocca essere allegra e felice, perché essere donna significa: "non disturbare". Mai.
Donne d’altri tempi verrebbe da dire e consigli da secolo scorso, desueti e anacronistici. Convenzioni e convinzioni di un tempo andato per una società contemporanea che tenta di convincersi che certi stereotipi ormai siano stati abbattuti, che il patriarcato sia solo una brutta parola vetero-femminista e la convinzione mai provata che di strada da allora ne sia stata fatta tanta. Eppure capita che queste regole ancora aleggino nell’aria e nelle teste di uomini e donne, ancora ben salde e difficili da sradicare. Perché nonostante la strada fatta per abbattere pregiudizi e stereotipi, molte donne sono ancora disposte a mettere da parte loro stesse, sacrificandosi per i propri mariti e per i propri figli ormai adulti. O perché impossibilitate, da una società costruita su modelli maschili, a conciliare carriera e famiglia. O perché accettano soprusi e violenze convinte che siano loro a non andare bene.
La pièce è un crescendo di spunti di riflessione che con sapiente ironia tocca tematiche quanto mai attuali, tocca corde sensibili in una performance autoriale e attoriale, quella di Giulia Trippetta, che trascina e coinvolge il pubblico. Con cui Giulia/Luisa interagisce instaurando un rapporto complice, di gioco. Uno spettacolo dove c’è la maestria di una sola attrice per tanti personaggi. Che modula e gioca con la voce e la mimica facciale, con il linguaggio non verbale, con tempi comici rispettati e battute ben assestate. Che nella travolgente capacità di racconto, pur mantenendo uno stile proprio e una forte personalità, è capace di strizzare l’occhio a icone sacre come Franca Valeri e Anna Marchesini.
Uno spettacolo teatrale appassionato e appassionante e per questo perfettamente riuscito. Una drammaturgia lieve, fresca che stampa un sorriso sulle labbra del pubblico, ma incrina certezze. Sapendo che quella comedy di classe è una spettacolare lezione per far comprendere che la parità tra i sessi è ancora una strada lunga da percorrere. E chissà che la bravura di Giulia Trippetta e il sottile humor nero del suo testo, non diventino uno dei tanti passi per raggiungere quel traguardo di consapevolezza verso una reale uguaglianza sociale tra donne e uomini.