L'amore per il Jazz e la felicità sincopata

Vivere il ritmo di Umbria Jazz Winter e godere dell'allegria che Orvieto in questi giorni, tra strade, vicoli e palazzi, riesce a trasmettere. L'allegria dei suoni che amano la vita: perché il Jazz è musica versatile capace di ibridarsi con tante altre forme musicali. E la vita di per sé è ibrida. È l’arte che recupera l’eleganza di chi sa mettere insieme stili diversi, di chi mescola senza volgarità, di chi sperimenta e condivide.
Perché il Jazz è capacità di unire cultura e divertimento, generazioni e storie diverse. Perché il Jazz è il fratello del Blues, genitore del Rhythm&Blues e cugino del Boogie: una famiglia meticcia che ha la sua casa a New Orleans, ma si muove per il mondo con le sue tante anime. Quelle dei suoi musicisti che conoscono bene il significato profondo della qualità artistica, perché per suonarlo bisogna essere davvero bravi.
Perché il Jazz è un'esperienza da vivere con gli occhi chiusi e la mente aperta. Perché è nato nei ghetti e nei bordelli degli "straccioni" di inizio Novecento, eppure chissà perché i ricchi amano ascoltarlo, magari cercando di trovare quel tono chic-coso per essere cool. Dimenticando però che questa è la musica nata dagli afromericani discendenti degli schiavi e dai migranti discriminati, tra cui tanti italoamericani.
Perché il Jazz è l’unica forma culturale e artistica nata dalle classi popolari che sia riuscita a diffondersi in tutto il mondo e in tutti i ceti sociali, come ci racconta Eric Hobsbawm nel suo "Storia Sociale del Jazz". Perché è rivoluzione di suoni che cammina in e per la strada. La stessa in cui si balla come facevano ad Harlem nella prima metà del secolo scorso.
Perché è stata la colonna sonora delle avanguardie storiche del Novecento e di tanti movimenti culturali e sociali rivoluzionari del secolo scorso. Perché sconfigge la tristezza con momenti di gioia a volte malinconici. E perché le cantanti e i cantanti Jazz hanno aperto la strada al Soul con i loro blues e hanno inventato il Rap con lo Scat, primo Louis Armstrong.
Perché è pensiero che viaggia sulle note dell’improvvisazione che si trasforma in composizione. E che dopo cento anni di vita non riesce a invecchiare perché capace di azzardare. Come ha fatto questa città 30 anni fa, con il susseguirsi in cartellone di artiste e artisti noti o emergenti, e della scommessa vinta che si rinnova ogni anno sotto lo sfavillio delle luci di Capodanno.
Uno spettacolo che merita sempre un posto in prima fila perché regala una felicità sincopata che risuona per le vie. Quelle di Orvieto in cui camminare e vivere spostando l’accento sul ritmo giusto, senza mai spezzarlo.

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