Signorelli 10.4. L'Angelo dell'Apocalisse e il ritorno degli eroi

Dante Alighieri, Cappella Nova
Lettura di Sophia Angelozzi
Nell’Apocalisse di Orvieto, Signorelli volle rappresentare non solo la fine del mondo, ma l’avvento di una nuova civiltà che guidata dalla ragione (Virgilio) e dalla fede (Beatrice), dalla sapienza e dall’amore, sarebbe giunta a quella salvezza universale già annunciata da Dante nella Divina Commedia. Per questo, sotto le grandiose immagini del Giudizio Universale, appare l’insigne poeta immerso nei suoi studi insieme ai ritratti dei letterati del mondo classico quali Ovidio, Sallustio e Virgilio, circondati dalle loro mirabili opere. L’artista utilizza la sapienza antica come un ‘codice letterario’ per meglio comprendere il messaggio della cappella Nova. Ispirati inconsapevolmente dalla grazia, questi uomini videro in anticipo la salvezza cristiana, e cioè che civiltà o barbarie dipendevano dal libero arbitrio esercitato dai popoli, come dai singoli individui.
Così, in una perfetta compenetrazione fra mitologia e teologia, le gesta del mitico Ercole, raffigurate sotto la scena del Paradiso e dell’Inferno, erano lì per esaltare la possibilità per l’uomo di vincere il male e quindi di plasmare il proprio destino. Per metà uomo e per metà Dio, l’eroe pagano sconfisse infatti con furore creature mostruose che soggiogavano il mondo con la loro violenza, spargendo tra gli uomini morte e dolore. A eguagliare le sue imprese si trova anche Giuditta, l’eroina dell’Antico Testamento, che con la testa di Oloferne in mano annuncia la liberazione del popolo d’Israele dalla feroce tirannia.
Ercole che uccide l'Idra
Agli inizi del ‘500 la Cappella Nova celebrava il coraggio di quegli antichi eroi che, imponendosi sulla cieca animalità del male, prefigurarono la venuta del Figlio di Dio e della sua salvezza. Egli sottomise l’hybris, che è l’umana superbia, e attraverso le sue ammirabili virtù cacciò demoni e spiriti immondi, volgendo al bene la vita degli uomini. Per la Chiesa di quel tempo Cristo era dunque il vero Ercole che, alla fine dei tempi, apparirà glorioso sulle nubi mostrando, come un eroe ferito in battaglia, la mano forata e il fianco trafitto. Grazie all’epico scontro con le forze del male, da cui uscì vincitore, egli liberò tutte le anime dalla prigionia degli inferi, simboleggiati dalla figura di Cerbero, il mitico guardiano dell’Oltretomba, sottomesso da Ercole proprio sotto la scena dell’Inferno.
E se l’eroe greco superò con successo dodici fatiche, anche Cristo sopportò ogni prova fino ad accettare il sacrificio della croce con cui guadagnò il Paradiso. Nel rapporto tutto rinascimentale fra mito e teologia, Signorelli ritrae la scena della Deposizione, posta sotto la Resurrezione della carne, nella cappellina dei Corpi Santi. Qui si contempla Maria che accarezza il capo di Gesù, mentre la Maddalena porta al volto la mano ancora sanguinante del Figlio di Dio, unendo misticamente le lacrime della Passione al sangue versato dal Salvatore. Sullo sfondo si trova un sarcofago con impresso il ‘Trasporto del corpo del Signore’ ispirato a quello di Meleagro, l’eroico Argonauta che affrontò con forza e coraggio il gigantesco cinghiale di Calidone, simbolo del male.
Deposizione di Cristo
Accanto al corpo di Cristo ci sono i Santi Faustino e Pietro Parenzo, l’uno con una macina legata al collo e l’altro, il podestà di Orvieto, raffigurato con un’ascia conficcata nella testa. La presenza dei due martiri esaltava le virtù morali e civili da loro incarnate. Sull’esempio di Cristo, essi dettero infatti la vita per il bene della città affrontando con fede e coraggio la persecuzione del male. Ma le battaglie vittoriose di Ercole contro il Toro di Creta con la coda di serpente, il Leone di Nemea, il dio Caco che spargeva terrore vomitando fuoco, e l’immortale Idra di Lerna dalle sette teste, tutte ritratte sotto la scena del Paradiso, non erano solo il simbolo del trionfo del cristianesimo sul Male.
Quelle creature mitologiche, tramandate dal mondo classico, diventavano anche la prefigurazione dei peccati capitali rappresentati da Signorelli nella scena dell’Anticristo. Qui, tra la folla che lo circonda, si manifestano i demoni o mostri interiori del mondo cristiano, e cioè la vanagloria del giovane ricco, mentre ostenta le vesti sontuose; la lussuria della donna con la tunica rossa, che riceve denaro dall’avido ebreo con la borsa delle monete; l’ira omicida dell’uomo in primo piano che sotto gli occhi di Signorelli strangola la sventurata vittima; e infine l’atteggiamento equivoco del personaggio ritratto di spalle, con le mani appoggiate ai fianchi, che sembra non aver rivelato ancora le sue intenzioni.
L’Anticristo tra la folla
Sopra a tutti si erge poi il peccato per eccellenza, la superbia dell’Anticristo, che assume paradossalmente le sembianze del Bene. Con i piedi scalzi si finge dalla parte dei poveri ma veste gli ‘abiti’ del Male per radunare a sé uomini e donne, vecchi e bambini, gente comune e personaggi illustri. Si riveste di sacralità e giustizia per essere adorato come un idolo, promettendo di soddisfare ogni desiderio terreno. Sul suo podio si trova scolpita l’immagine di un uomo che tenta di cavalcare un indomabile destriero, a significare la vita di coloro che sedotti dalle parole dell’Anticristo cadranno preda della natura animale dei propri vizi!
Nel caos della bolgia infernale il male dai molteplici volti - definito da Platone il ‘mostro policefalo’ - prende allora le sembianze di demoni dalla pelle di serpente, per metà uomini e metà bestie, i quali si avventano con ferocia sui dannati infliggendogli ogni tipo di torture. I tormenti che patiscono sono in realtà l’immagine della loro vita terrena che, sconfitta dalla violenza delle passioni, è stata ridotta a uno stato puramente animale dove regna la “schiavitù dell’anima e della sua sconfitta”. Ma a prevalere sulla forza del male -annuncia la cappella Nuova- sarà la virtù, quel “possesso luminoso ed eterno” che innalzando lo sguardo “a ciò che è veramente alto” (Sallustio) farà guadagnare all’uomo gloria e immortalità.
L’Arcangelo Michele
In una perfetta compenetrazione tutta rinascimentale fra mitologia e teologia, il Giudizio Universale di Luca Signorelli svelava dunque l’affascinante legame del mondo classico con il cristianesimo: i mostri combattuti dall’eroe Ercole si trasformavano allora in quei demoni interiori dell’uomo che solo le virtù umane e civili avrebbero potuto sconfiggere. Al centro della comunità dei francescani, dei domenicani e dei camaldolesi si trova Vincenzo Ferrer (1350-1419) che alle spalle dell’Anticristo predicante indica, con un libro aperto in mano, simbolo di sapienza, la via della salvezza. Già definito in vita l’Angelo dell’Apocalisse, il carismatico frate esorta gli eroi della fede cristiana a “intendere e amare senza fine” la verità e il bene per combattere il potere della Bestia. Negli ultimi tempi sarà infatti la Chiesa virtuosa a scendere nelle piazze e a confutare le parole dell’Anticristo, anche a costo di patire le stesse sofferenze di Cristo.
E dove c’è un mostro c’è anche un eroe. Come il forte Ercole brandì la sua potente clava contro l’orribile mostro, così l’Arcangelo Michele apparirà nel cielo e impugnando la spada del giudizio divino si scaglierà, con l’energia di Dio, sull’Anticristo per farlo precipitare dall’alto della sua presunzione. È questa la vittoria finale del Bene sul Male, della virtù sul vizio, che l’Umanesimo cristiano affidò non solo alla grazia divina ma anche ai meriti dell’uomo: “Ricordate la vostra semente - scriveva Dante nella Divina Commedia - fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtù e conoscenza”.
Bibliografia:
R. Davanzo, La Cappella di San Brizio a Orvieto
J.B. Riess, Luca Signorelli: La Cappella di San Brizio a Orvieto
D. Mc Lellan, Guida agli affreschi di Luca Signorelli nella Cappella Nova
Cesare Vasoli, Le filosofie del Rinascimento
Marco Vannini, L’AntiCristo
Foto: Opera del Duomo/Sandro Vannini tratte da "Il Duomo di Orvieto e l'Apocalisse di Luca Signorelli" - Mirabilia Orvieto Edizioni

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