"Non esistono piccole donne". Camilla Filippi: "Avere memoria per capire dove andare"

Che storia sarebbe stata scritta se a farlo fossero state le donne? Non se avessero avuto un ruolo diverso. Solo se a scriverla fossero state loro. Le donne, appunto. È sono una delle riflessioni "parallele", alcuni potrebbero dire "collaterali", che può emergere nel susseguirsi delle pagine di "Non esistono piccole donne" di Johannes Buckler e poi nel racconto teatrale di Camilla Filippi.
Una raccolta di storie, prima su Twitter, scritte da un autore che non ha palesato la sua reale identità ma che (visti i temi che tratta e come li espone) si sospetta essere donna. Una raccolta di storie che tratta, appunto, di donne e che, come annunciato, sul finire della serata della Giornata Internazionale della Donna, è stata proposta al Teatro Boni di Acquapendente e il giorno dopo a quello degli Avvaloranti di Città della Pieve da Camilla Filippi.
Donne, che se fossero nate di genere diverso, avrebbero con molta probabilità avuto l'opportunità di trovare un legittimo posto nei libri di storia, in convegni sull'arte e la scienza e, forse, sarebbero persino state citate al momento opportuno. E così, come ha fatto Italo Calvino per i classici, non possiamo che riflettere e congetturare sulle motivazioni e su quante e quali donne siano arrivate a noi, quante e quali ritrovate in ricerche successive e quante e quali dimenticate nelle pieghe della storia.
Persone delle quali non sapremo mai nulla. A perdere loro ma soprattutto noi, che non potremmo mai confrontarci con quello che sarebbe stato il loro lascito e fare tesoro dei loro insegnamenti nella costruzione e definizione della consapevolezza e crescita collettiva. Ciò in un contesto già impoverito dall'impossibilità per molte donne prima di studiare, poi di lavorare e quindi di contribuire al cammino collettivo che sempre di più trova una distinzione non tanto in termini di genere, ma tra chi, comprendendo la portata e l'importanza del cambiamento, contribuisce o meno ogni giorno a realizzarlo.
"Penso che ognuno di noi debba partecipare alla costruzione di una società diversa". È la stessa Camilla Filippi, ancora nel suo camerino prima di andare in scena sul palco del Teatro Boni, che stimola la riflessione, tornando sull’importanza dello spettacolo. "Purtroppo - dice - nei libri scolastici le donne non vengono quasi mai raccontate e comunque non raccontate con il giusto peso.
Quelle che rappresenterò sono sei donne: quelle che ho scelto da questo libro (l’attrice indica la copertina del libro di Buckler, ndr), alcune italiane ed altre no, raccontano storie che sono universali. Penso che siano donne che sono state dimenticate, in qualche modo. E invece con le loro scelte e la loro vita hanno fatto la differenza. Quindi visto che penso che nella vita sia fondamentale avere memoria - una cosa che si sta perdendo - ho pensato che era giusto ricordarle. Sono molto contenta di ricordarle oggi: perché l’8 marzo non è una festa, oggi è un giorno di memoria".
C’è una storia che l’ha particolarmente colpita?
"Una sola no, sono tutte incredibili. Quelle che hanno a che fare con la guerra mi hanno particolarmente colpita perché mi è difficile pensare che avrei potuto avere la stessa forza di quelle donne che sono riuscite a sopravvivere ai campi di concentramento o che hanno lottato insieme ai partigiani. Anche le altre comunque: tutte toccanti. Drammaticamente troppo moderne. Ce ne sono un paio, una di queste donne si chiama Helen Hulick e parla della sua battaglia, nel 1938, per portare i pantaloni anche all’interno delle aule di tribunale. In America. È una cosa che fa riflettere perché ancora oggi non siamo libere di vestirci come vogliamo. Anche Alfonsa Morini che è la prima e unica donna che ha corso il Giro d’Italia insieme agli uomini in bicicletta".
Alle giovani donne cosa vuole dire in questo 8 marzo?
"Per fortuna le nuove generazioni sono meglio delle nostre. C’è meno competitività. Secondo me è diminuita perché sono aumentate le possibilità che abbiamo. Anche se non sono tante. Una volta le donne si scannavano di più perché c’era un solo osso. E tutte avevano fame. Adesso è un po’ diverso. Quello che direi loro è di conoscere la storia delle donne che ci hanno preceduto. In genere tutte, non solo queste che io interpreto. Cercare di informarsi e capire quale è la strada che è stata fatta per farci arrivare fino a qui. Questo potrebbe essere un modo per capire dove andare".
La storia la scrivono i vincitori. Se l’avessero scritta le donne, secondo lei, sarebbe stata la stessa che conosciamo?
"È una domanda difficile. Credo che molte cose sarebbero andare in maniera diversa".
Progetti futuri?
"Un documentario su Giulietta Masina al quale tengo molto. Giulietta è una di quelle donne un po’ dimenticate. Nel senso che il 2021 è stato il suo centenario (dalla nascita, ndr) e non ha avuto la giusta attenzione. Perché? Perché è la moglie di Federico Fellini. Lui era un genio, ma anche lei lo era. Nel documentario infatti pongo questa domanda “Cosa sarebbe stata Giulietta senza Fellini ma anche cosa sarebbe stato Fellini senza Giulietta?”. C’è da chiederselo… Il 24 marzo, poi, uscirà la seconda stagione di Christian su Sky, dove io sono un nuovo personaggio insieme alla Morante, a Laura. Sto valutando altri progetti teatrali perché questo spettacolo mi ha portato a tante proposte...".

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