cultura

Licia Troisi a OrvietoScienza. "Perché desideriamo gli alieni e ne abbiamo paura"

lunedì 27 febbraio 2023
di D.P.

Le trilogie sul Mondo Emerso, tradotte in oltre diciotto lingue, ed altre opere quali "La Ragazza Drago", "I Regni di Nashira", "Pandora" e "La Saga del Dominio", la fanno riconoscere come la regina incontrastata del fantasy italiano. A giorni, per Rizzoli, uscirà "Poe e la cacciatrice di draghi", secondo atteso episodio de "Le Guerre del Multiverso". Eppure Licia Troisi è anche autrice di affascinanti saggi di astrofisica, disciplina nella quale si è laureata con una tesi sulle galassie nane, facendo seguire il dottorato in astronomia all'Università di Roma Tor Vergata e la collaborazione con Space Science Data Center (SSDC) – Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

Per Mondadori nel 2015 ha pubblicato "Dove va a finire il Cielo e altri misteri dell'Universo", il suo primo libro di divulgazione scientifica, seguito nel 2020 da "La sfrontata bellezza del Cosmo. Un viaggio tra i misteri dell'Universo attraverso le immagini dell'invisibile". Appassionata anche di cinema e fumetti, per la sua scrittura ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Italia nel 2006 e nel 2010. Cenni biografici incompleti, ma sufficienti a comprendere perché la scrittrice romana – classe 1980 – fosse una delle personalità più attese ad "OrvietoScienza 2023".

"Alieni: specchi per gli umani", il titolo dell'intervento tenuto nella Sala dei Quattrocento del Palazzo del Capitano del Popolo che sabato 25 febbraio, nella prima parte della mattinata conclusiva dell'ottava edizione dell'evento annuale di approfondimento e dibattito culturale legato a tematiche scientifiche e filosofiche organizzato dall'Istituto di Istruzione Superiore Scientifico e Tecnico "Majorana-Maitani" di Orvieto che quest'anno ha declinato in tre giorni e due sedi il tema "Siamo soli nell'Universo?", l'ha vista protagonista insieme ad Amedeo Balbi e Elena Gagliasso.

Un interessante excursus per mettere a fuoco quanto anche l'immaginazione trovi ispirazione e fondamenta nei contenuti scientifici, tra fascinazioni e pareidolie che nei secoli hanno contribuito alla costruzione di modelli extra-terrestri, alieni insettiformi e marziani buoni – verdi e poi grigi, a seconda della vena complottista del momento – con forme più o meno vicine da quelle umanoidi. Dai romanzi dell'800 alle più recenti pellicole di fantascienza degli anni '80. Uno su tutti, "E.T." di Spielberg che "tanto ha fatto per l'affermazione dell'immaginario cinematografico, fissando topos".

"Il punto – ha sottolineato – è la presa di coscienza che possono esistere altre forme viventi rispetto a noi. Una scoperta, o una sua proiezione, che cambia la percezione stessa dell'Universo. Scientificamente sappiamo che non ci sono forme di vita intelligente su Marte, eppure su un suo asteroide sono state trovate strutture come fossili di batteri che si è scoperto essere formazioni naturali della roccia. Anche i satelliti di Giove sono attraversati da fessurazioni che si modificano. Sotto i chilometri di ghiaccio della superficie di Europa potrebbero esserci un oceano liquido.

Ma immaginarsi forme di vita, in assenza di fatti sulla base dei quali ragionare, rientra nella sfera della fantascienza. Tutto questo rappresenta una doppia tensione. Da un lato ci piace pensare che siamo speciali e al tempo stesso che non siamo soli di fronte all'immensità dell'Universo, dall'altro in questa volontà di confrontarci con altre forme di vita c'è anche il timore di spingerci troppo avanti. Questa ricerca si iscrive all'interno di un processo naturale come perseguimento di forme di conoscenza. Desideriamo gli alieni e ne abbiamo paura".

 

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