Elena Sofia Ricci al Mancinelli cura la regia di "Fedra" di Seneca: "Sono archetipi e come tali ci riguardano sempre"
Quattro anni di Inferi, in un viaggio tra le tenebre della morte con la percezione di uomo mortale: Teseo, tornando a riveder le stelle, come se risputato dalle viscere della terra socchiude gli occhi e cerca la luce, quella luce che per troppo tempo gli è mancata e che soffre nello scoprire nuovamente. Una luce che quando guarda alla verità, andando oltre l’apparenza, può essere dolorosa.
Pensa e immagina – nella "Fedra" di Lucio Anneo Seneca andata in scena, come annunciato, nel pomeriggio di domenica 2 ottobre al Teatro Mancinelli di Orvieto, con la regia di Elena Sofia Ricci –, si illude di essere tornato a vivere quanto lasciato anni prima, dimenticando che in quel processo inarrestabile del "Panta Rei" (tutto scorre) non è compreso solo il proprio cambiamento esistenziale, ma anche quello dell’ambiente sociale e relazione nel quale esistiamo.
Cerca così lo sguardo dell’amato figlio Ippolito (che per sua ammissione odia le donne), avuto dalle prima moglie, il caloroso abbraccio della tanto desiderata seconda moglie Fedra (che, a sua insaputa, è ossessionata da una passione per il figliastro Ippolito) e il calore della propria terra, così come lasciati anni prima e idealizzati nel nostalgico ricordo.
Intorno ad un Teseo, accecato dal suo desiderio di ritorno, uno scenario post apocalittico, dove trova forma un caos esistenziale dominato da demoni interiori, paure e desideri ossessivi. Luci, suoni e parole trovano compimento in un magistrale dialogo con l’allestimento scenico, studiato nei minimi dettagli.
In esso tanti stracci, a confondere la realtà, e in questo cupo vortice tanti oggetti, tutti mentalmente da ordinare, come fossero tasselli esistenziali: tra essi, un capitello, giochi infantili impolverati dalla dimenticanza, una chitarra elettrica sullo sfondo, sullo sfondo anche una macchina incidentata con ai suoi piedi un sedile, anch’esso abbandonato. Un ultimo trono nel quale si adagia Teseo alla sua tragedia, incapace di perdono per sé e per gli altri, ormai un uomo solo nella propria colpa e disperazione.
Il sindaco, Roberta Tardani, con la regista, Elena Sofia Ricci
"Seneca non va attualizzato, ma è attuale. Tutto sta a non farlo diventare enfatico, esteriore; farlo diventare vero, moderno, vicino a noi. Sono archetipi e come tali ci riguardano sempre". Lo ha ribadito una soddisfatta Elena Sofia Ricci pronta per le prossime rappresentazioni che si terranno nella Capitale, ai microfoni di www.orvietonews.it, dichiarando di essere innamorata del Teatro Mancinelli di Orvieto e di esserci stata diverse volte: "Ci sono mie foto, sparse qua e là, di quando ero ragazza". Questo dopo una rappresentazione teatrale che ha lasciato non pochi spunti di riflessione esistenziali e sulla società.