cultura

Attribuita allo scultore Agostino Storace la statua restaurata della Madonna dei Bambini

venerdì 2 settembre 2022
di Davide Pompei

Insieme al colore pastello, lo sguardo ha ritrovato dolcezza. Non è una Vergine dolente, ma una Madre benevola che sorride e protegge quella raffigurata dalla statua lignea policroma e dorata della cosiddetta Madonna dei Bambini donata dall'architetto Torquato Terracina alla Chiesa di Santa Maria della Stella e San Pietro Parenzo di Sferracavallo dopo la sua costruzione e la nascita, nel 1962, dell'omonima Parrocchia, officiata fino al 2000 dai Frati Minori del Convento.

Sottoposta ad accurato restauro, reso possibile grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, d'intesa con la Diocesi di Orvieto-Todi e la Soprintendenza, Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria, l'opera settecentesca che presentava non pochi interrogativi ha sciolto dubbi di attribuzione e rivelato sorprese. La lettura stilistica ha finito per confermare, infatti, la sua realizzazione all'interno della Bottega dello scultore genovese Agostino Storace (1710-1788 circa).

Una scoperta a cui si è giunti proprio nell'anno in cui ricorre il 60esimo anniversario dell'istituzione della Parrocchia di Sferracavallo che giovedì 1° settembre ha voluto aprire i tradizionali festeggiamenti patronali in onore della Madonna della Pace presentando i lavori di restauro della statua, databile tra il 1740 e il 1760 e posizionata su un basamento fornito dall'Opera del Duomo, che prossimamente sarà anche oggetto di una pubblicazione. "Guardare Maria – ha esordito il parroco, don Danilo Innocenzisignifica dialogare con Lei.

E se questa statua ci aiutasse ad essere davvero pellegrini di speranza? L'idea è quella di trovarle una collocazione degna, all'ingresso della chiesa, sotto la targa che fa memoria della sua fondazione, e protetta da un adeguato sistema di sicurezza. Una memoria attualizzata che vive di speranza e non solo di ricordi. Nel mondo occidentale, la cultura è la prima forma di carità. Non potevamo che aprire così questa festa della rinascita, dedicandola a tutte le persone che soffrono.

Dai bambini agli anziani, con il programma realizzato insieme al Comitato Festeggiamenti, coordinato da Simone Cardinali, abbiamo cercato di raggiungere l'intera comunità composta da circa 2.400 anime". Sentiti i ringraziamenti a tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato. Tra i presenti anche il sindaco, Roberta Tardani, il presidente dell'Opera del Duomo, Andrea Taddei, e il Maestro Riccardo Cambri che ha inframezzato gli interventi con il suono dell'organo.

"Dal punto di vista stilistico – ha fatto osservare Giovanna Bandinu, coordinatrice dell'Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici e l'Edilizia di Culto della Diocesi di Orvieto-Todi – è notevole l'affinità artistica con alcune opere realizzate da Storace e dalla sua Bottega come, ad esempio, un gruppo scultoreo raffigurante la Madonna del Rosario della Diocesi di Chiavari. Per tentare una datazione e una localizzazione sono significativi alcuni elementi su base abbigliamentaria.

In particolare la capigliatura e la pettinatura della Vergine che si intuisce da sotto il manto, la particolare foggia delle maniche e delle vesti oltre che del sandalo di ispirazione antichista, la presenza di un drappeggio intorno allo scollo dovuto al copricapo e la posizione del cingolo appena poco sotto il seno. La resa dei volti dai tratti fini così come l'efficacia della gestualità sono indici della probabile autografia e del talento del nipote di Anton Maria Maragliano.

Non è da escludere la presenza della sua Bottega, con fedeltà d'intenti e un fare minuto, nella semplificata e movimentata costruzione delle vesti – quella esterna di Maria presenta una manica più corta rispetto a quella sottostante, mentre un fusciacco copre i genitali del Bambino – e nello sguardo vivace degli occhi. Da notare la compresenza di una capigliatura ondulata, nella Vergine nascosta sotto il copricapo, molto ben delineata dall'intaglio delle ciocche in Gesù Bambino.

Gli incarnati della pelle sono chiari, gli zigomi del gruppo scultoreo rosei. I volti presentano fronte alta, emblema della sensibilità dell'artista". "Non si tratta di un trono unico scolpito – ha chiarito Rosella Brunetti, la specialista che si è occupata del restauro – ma di tanti pezzi in legno di pino modellati. Oltre all'assenza di una mano del Bambino, che non è stata ricostruita per evitare un falso storico, l'opera presentava numerosi sollevamenti e cadute di pellicola pittorica.



Abrasioni leggere e, in alcuni punti, asportazioni della cosiddetta preparazione del legno. La prima operazione è stata, quindi, quella di iniettare alcol e procedere all'inserimento di un consolidante. Dopo i saggi di pulitura, le lacune sono state stuccate con bicomponente per passare, in un secondo momento, alla rasatura e al restauro pittorico con la tecnica dell’imitazione, concessa dalla Soprintendenza, che ha consentito di rafforzare ad esempio la doratura dei capelli.

Opere d’arte come questa, mi piace ricordare, sono state create per parlare con Dio e ci ricordano come e quanto hanno saputo resistere all'usura del tempo". "Il restauro – ha concluso il vescovo, Gualtiero Sigismondiè sempre un dialogo, racconta la storia e di una preghiera che porta con sé. Quando mi pongo di fronte ad un’immagine nuova, guardo sempre dove vanno gli occhi e qui notavo che gli sguardi di Madre e Figlio non si incontrano. Lei guarda verso di noi.

Lui in alto o comunque altrove, verso il Padre. In questi sguardi che non si incontrano, però, non c'è distanza come se Gesù anticipasse le parole che le dirà nel tempio 'Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?'. Maria è Porta dell'Avvento. Nel suo nome sono contenute le iniziali di Madre della Chiesa, Ancella del Signore, Regina del Cielo, Immacolata, Avvocata di Grazia".

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