cultura

"Grazie Signora Lea". Individuato il luogo da intitolare all'ideatrice del Corteo Storico

lunedì 21 febbraio 2022
di Davide Pompei

Severa ma sensibile, forte ma gentile. Libera. È con tutte le contraddizioni umane, figlie della sua epoca e proprie della sua indole che, nel trentennale della scomparsa avvenuta nel 1992, a 87 anni, sabato 19 febbraio, come annunciato, la città ha ricordato Lea Morelli in Pacini, ideatrice nel 1951 e, per decenni, direttrice artistica del Corteo Storico di Orvieto. Numerose le voci che – lontano, almeno nelle intenzioni, da celebrazioni di maniera – si sono alternate nella Sala dei Quattrocento del Palazzo del Capitano del Popolo, per restituire quanta più autenticità possibile alla sua immagine.

Tutt'altro che casuale la scelta del luogo che ha ospitato "Grazie Signora Lea", questo il titolo dell'iniziativa commemorativa voluta dall'associazione nata nel 1991 che ne porta con orgoglio il nome e avanti l'impegno. Oltre a garantire il rispetto del distanziamento imposto dall'emergenza sanitaria in corso – la stessa che negli ultimi due anni ha costretto il Corteo ad un'uscita ridotta e statica – è in questo spazio che inizialmente erano conservati costumi e accessori e avveniva il reclutamento dei figuranti, quasi a cercare una certa corrispondenza fisica e sociale tra loro.

"Da questa 'casa' – ha ricordato Silverio Tafuro, presidente dell'Associazione Lea Pacini – è iniziato il sogno che la signora, profeta in patria, ha coltivato con tutte le sue forze, fino a che ha potuto. Una donna che ha avuto il coraggio di credere nella sua creatura, spendendo tutta la sua vita per questo progetto, ingegnandosi per andare oltre le difficoltà. Una volta disse 'Il Corteo è nato e morirà con me', poi comprese l'importanza di creare un'associazione dotata di un comitato di gestione e di un collegio composto da venti decani che scelse personalmente. Dietro al presidente, c'è il lavoro di tanti".

È a loro, e a chi ogni anno sfila, che sono andati i ringraziamenti del sindaco, Roberta Tardani. "Lea Pacini – ha detto – rappresenta la tenacia e volontà di cui siamo capaci. Il suo esempio è quello di chi ha creduto fortemente nel riunire la città intorno a qualcosa. L'eredità più grande che ci ha lasciato, oltre al patrimonio di costumi che sono di tutti, è l'orgoglio di sentirci orvietani. Come Amministrazione Comunale abbiamo cercato di supportare l'Associazione, destinandole un luogo più consono, prestigioso e centrale come Palazzo dei Sette, che consentirebbe anche una musealizzazione".

Quella di un simbolo identitario che si fa strumento di promozione della città. Stando agli annunci, entro fine mese si conta di iniziare a definire meglio l'annunciato trasferimento dall'ex Caserma Piave. Agli inizi di marzo, poi, sarà discussa dal Consiglio Comunale la mozione depositata in questi giorni con cui si propone di dedicare a Lea Pacini lo slargo di Corso Cavour ad angolo con Via de' Montemarte, noto come Fontanasecca, un luogo che non presenta particolari complicazioni toponomastiche e dove il percorso del Corteo Storico effettua una curva, quasi un ideale abbraccio.

L'iniziativa patrocinata da Regione e Comune in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, Cassa di Risparmio di Orvieto, Cogesta ed Engineering è stata moderata da Barbara Medici e si è aperta e conclusa con la proiezione di due contributi video. Sentiti i ringraziamenti a tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato, dal Comune di Castel Viscardo che ha messo a disposizione le griglie espositive della mostra di foto e documenti allestita insieme ai familiari da Fotoamaorvieto all'Oreficeria "Le Ore" di Tonino Camilli che ha realizzato e donato le targhe assegnate ai presidenti che si sono succeduti.

Il generale Fulvio Guerriero, premiato dal presidente Silverio Tafuro, il compianto Spartaco Ladi (ai figli, Enrico e Maria Valeria, la targa consegnata da Daniela Severini), Paolo Cingolani, premiato da Giuseppe Andrei, Mario Marino De Felice (a ritirare la targa da Fabio Cimicchi, il figlio Andrea) e Franco Barbabella, premiato da Silverio Tafuro. Targa anche a quest'ultimo, consegnata dal vicepresidente Marcello Meffi, come riconoscimento all'impegno volontario profuso nella conservazione e nella promozione di un importante patrimonio cittadino che è espressione del più alto artigianato artistico.

Ne hanno dato testimonianza, ricordi dotti e aneddoti più personali come quelli condivisi da Amabile Vera, moglie di Marcello Conticelli che, nella sua bottega, realizzò i disegni degli stendardi ma anche scudi, spadoni, armi, camagli, gorgere, elmi, pugnali, uno scettro di comando, le medaglie in smalto, le collane di rame, nonché la sommità della struttura che sorregge un grande stendardo con il vecchio stemma del Comune. E ancora Giancarla Pigozzi, una delle sarte storiche che ha visto letteralmente nascere costumi come quello del Gonfaloniere di Giustizia indossato per anni da Gianfranco Cavazzoni.

Il professore ha rievocato l'estro creativo, ma anche la capacità di relazionarsi con le istituzioni fino al messaggio di Paolo VI da Orvieto. Dai proverbiali scappellotti della "Sora Lea" passati alla storia e consegnati alla retorica dei racconti all'attitudine ad impartire ordini e mettere in riga – specie ne "l'anno dei cavalli" – anche chi militare lo era davvero, fino all'umorismo riservato solo a chi, dietro l'aspetto un po' burbero, ha visto teatralità, carisma e senso delle proporzioni – tutt'altro che facile l'equilibrio con la Chiesa e quella croce in testa alla processione – ma prima di tutto attaccamento alla città troppo spesso divisa.

Due gli ex sindaci, Toni Concina e Stefano Cimicchi. E ancora Giuseppe Andrei, delegato dei decani, Gianluca Polegri, membro del Comitato di Gestione dell'Associazione Lea Pacini nonché presidente di Carta Unica, che ha anche dato conto della disponibilità del Maestro Riccardo Cambri, presidente dell'Unitre, di inserire nella programmazione delle attività un approfondimento sui particolari di costumi e accessori del Corteo e un concerto in concomitanza con il Corpus Domini. Dalle parole del giornalista Guido Barlozzetti, l'invito ad andare oltre l'immagine coltivata da una fascinazione tutta locale.

Il Corteo della città come "sintesi immaginaria di una storia che ci ricorda quello che siamo stati", Lea Pacini come "raro esempio di monarchia assoluta, il nostro stato di eccezione, emblema di un affetto che non muore mai".

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