cultura

Inferno e Paradiso nell'Umanesimo

lunedì 12 giugno 2017
di Patrizia Pelorosso
Inferno e Paradiso nell'Umanesimo

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Dal 1500 al 1504, il Signorelli realizzò il suo Giudizio Universale a Orvieto con la consulenza teologica e filosofica dell’umanista Antonio Alberi, arcidiacono del Duomo di Orvieto. In quel tempo era in atto la grande rivoluzione culturale dell’Umanesimo, una nuova corrente di pensiero che, a partire dal 1450, si stava diffondendo rapidamente da Firenze in tutta Europa.

Cappella di san Brizio, Luca Signorelli: autoritratto dell’autore e ritratto del Beato Angelico, o forse, di Antonio Alberi.

Tra le grandi menti di quell’epoca era il filosofo e matematico Giovanni Pico, meglio conosciuto con il nome di Pico della Mirandola. Nel 1480 egli scrisse una celebre orazione dal titolo “De Hominis Dignitate” che trattava, con assoluta modernità, del valore di ogni singolo uomo che, grazie al dono del libero arbitrio, è l’unico tra tutti gli esseri viventi, a poter determinare il proprio destino.

Ritratto di Pico della Mirandola

Da questa affermazione scaturiva una rivoluzionaria visione dell’uomo e della stessa dottrina del Giudizio Universale. Se infatti nel Medioevo l’attenzione si accentrava sull’azione di Dio che nell’aldilà avrebbe retribuito gli uomini con l’Inferno o il Paradiso, in base ad un criterio esclusivamente giuridico, con l’Umanesimo cristiano il protagonista diventava l’uomo che con le sue azioni e i suoi pensieri, aveva la facoltà di scegliere la sua posizione nella “scala dell’essere”.

Infatti, qualsiasi fosse stata la sua condizione in un dato momento, anche se fosse caduto a livello dei bruti, cioè al gradino più basso dell’esistenza (Inferno), egli avrebbe potuto “per dono di grazia e merito di vita” risalire fino al livello dell’Angelo, e ricongiungersi a Dio (Paradiso).

Il Dio degli Umanisti, di Marsilio Ficino, Nicolò Cusano e Giovanni Pico, non era più dunque il Dio severo e giudice del Giudizio Universale dell’umanità, ma era un Dio di bontà, bellezza e giustizia (M. Ficino) che in quanto buono ama e non giudica le sue creature; in quanto bello, non le spaventa, ma le attira a sé; e in quanto giusto, non le tiene lontano da Lui, ma al contrario, permette che gli uomini si ricongiungano a Lui.

Luca Signorelli, Cappella di San Brizio, scena della risurrezione della carne, particolare

La scena della Risurrezione della carne esprime pienamente questo carattere dinamico e, quindi, evolutivo dell’esistenza, dove l’umanità è chiamata a sviluppare tutte le proprie potenzialità, in un graduale cammino dal basso verso l’alto, da una condizione di vita inferiore ad un’altra superiore, dal suolo al cielo, verso il raggiungimento della propria realizzazione e felicità.
Come avviene nella Fisica per il principio di causa -effetto, così avviene anche nella vita di ogni uomo e di ogni civiltà: se si è alla ricerca della conoscenza e del bene, cioè della Verità e dell’Amore (vedi il significato simbolico dei personaggi nella scena della Risurrezione), allora avviene un processo di innalzamento dell’essere umano e del grado di civiltà della società; se invece viene scelta la logica egoistica dell’ignoranza e dell’odio, si va incontro ad un processo di degradazione e di barbarie.
Più che luoghi dell’aldilà, Inferno e Paradiso, vennero compresi allora come condizioni dell’esistenza umana che si ripercuotevano, sia a livello personale che collettivo, nella direzione di uno sviluppo o di una arretratezza.
La rinascimentale Cappella Nova segnava così il passaggio da una visione negativa del mondo, su cui incombeva l’imminente giorno del Giudizio di Dio, alla felice speranza nell’avvento di una salvezza cosmica (sviluppo della scienza, della tecnica, delle arti, della teologia, della filosofia, ecc.) che si tradusse immediatamente nel progetto di una umanità che poteva guardare finalmente con fiducia al proprio al futuro.

Luca Signorelli, particolare di demone e di angelo, Cappella di san Brizio

Posto tra il mondo e Dio, tra la materia e lo spirito, l’uomo era perciò chiamato a saper ben costruire su questa terra, scegliendo in ogni momento a quale mondo appartenere.

“Non ti ho fatto né celeste né terreno
né mortale né immortale, perché da te stesso, libero e sovrano artefice, ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avresti prescelto.
Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti
Oppure rigenerarti, se questo è il tuo volere,
nelle cose superiori,
che sono Divine..
 
O mirabile liberalità di Dio Padre
o suprema e mirabile felicità dell’uomo
a cui è concesso di ottenere ciò che desidera,
di essere ciò che vuole.”
 
 
 (Pico della Mirandola: De hominis dignitate, 1480)

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