L'Organo Monumentale del Duomo ritrova la voce. "Ora restituisce la forza del vento"

Da maggio 2013 a ottobre 2016. Tre anni di attesa per tornare a sentire una voce, ritrovata in tutta la sua pienezza. Quella che avrebbe potuto avere secondo le intenzioni del costruttore Carlo Vegezzi Bossi, dall'atto della sua edificazione nel 1913, l'organo monumentale del Duomo di Orvieto. Dove nel pomeriggio di sabato 12 novembre si è tenuto l'annunciato concerto inaugurale, a chiusura del secondo convegno internazionale organizzato dall'Opera del Duomo in collaborazione con la Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino di Firenze sul tema "Cristo e il potere, dal Medioevo all'Età contemporanea. Teologia, antropologia e politica". E ad apertura simbolica delle iniziative legate al quarto centenario della morte di Ippolito Scalza, "un orvietano nel solco di Michelangelo".
Di Johan Sebastian Bach, Jean Langlais e Franz Listz, i brani in scaletta fino al "Florilegium per organo e suoni elettronici" composto per l'occasione da Walter Branchi, eseguiti dal Maestro Nello Catarcia, organista della cattedrale. Il concerto è arrivato al termine di un lungo e complesso intervento di restauro cofinanziato con il concorso della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Un'operazione, ben documentata nella pubblicazione "Il restauro dell'organo monumentale della cattedrale di Santa Maria Assunta di Orvieto: da Ippolito Scalza all'intervento attuale" a cura di Laura Andreani e Alessandra Cannistrà, dove oltre alle vicende storiche, Alessandro Giacobazzi, titolare della ditta di Sant'Andrea Pelago, Modena, che ha restituito funzionalità all'antico strumento analizza "Il percorso tecnico: problematiche e obiettivi".
"La costruzione dell'organo a cui viene restituita la voce – ha esordito l'avvocato Francesco Venturi, presidente dell'Opera del Duomo – ha inizio nel 1337. Nel corso dei secoli, lo strumento è stato interessato da numerose problematiche congenite che hanno richiesto interventi. Uno importante nel 1911 e poi ancora nel 1975. A regime completo, l'organo aveva già suonato in occasione della festività dell'Assunta. L'evento di stasera con la consegna simbolica delle chiavi e la benedizione del vescovo restituisce formalmente l'organo, che conserva la monumentale mostra in legno dipinto, realizzata su progetto di Ippolito Scalza nel 1583".
"Il suono dell'organo – ha aggiunto monsignor Benedetto Tuzia, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi – nel contesto celebrativo sostiene il canto unanime dei fedeli. L'intervento tecnico ha liberato le canne e restituito la forza del vento, colmando quel deficit di sonorità che strideva con una sontuosa maestosità, una bellezza fuori misura. Tra gli strumenti della liturgia, l'organo si fa icona della comunità e della Chiesa, bella ma troppo spesso muta. Siamo come quelle canne, a volte ostruite al passaggio del vento dello Spirito che pone nelle condizioni di mettere insieme tante voci in grado di sprigionare lode. Coordinandosi, possono determinare una polifonia di suoni differenti che determina l'armonia della potenza e sopperisce alla mancanza di sonorità. L'augurio, allora, è che con l'organo torni a splendere anche la comunità, che acquisti quella sonorità armonizzata per parlare di Dio".
Ringraziamenti al presule per gli stimoli e a tutti i soggetti che a vario titolo hanno permesso tutto questo, sono arrivati dal sindaco Giuseppe Germani. "Dalle iniziative nel nome di Ippolito Scalza a quelle di Città Europea dello Sport – ha detto – il 2017 per Orvieto si annuncia come un anno importante che terrà viva la città. Ricordo la data di quattro anni fa. Un momento terribile come l'alluvione, provocata dall'esondazione del Fiume Paglia. Ci siamo rialzati e, anche grazie a questo evento possiamo dire che l'immagine di Orvieto nel mondo è alta. Grazie, allora, a chi lo ha permesso".
"Avete uno strumento – ha spiegato Alessandro Giacobazzi – che, nel 1500, è stato il secondo in Italia ad avere due tastiere e secondo anche ad avere la canna maggiore delle dimensioni che vedete. Ha avuto due primati. Quando Ippolito Scalza fece la cassa, era il più grande d'Italia. Il progetto ha avuto come obiettivo la manutenzione straordinaria dello strumento: la sostituzione delle pelle dei mantici e del sistema elettromeccanico di trasmissione, la rimozione di tutto il materiale costituente il corpo positivo della tribuna della mostra monumentale, opera dello Scalza, per riallocarlo all'interno della stessa cassa. Se non fosse stato per le esigenze di liberare la pre-esistente Sala dei Mantici espresse dal segretario dell'Opera del Duomo Giuseppe Mearilli, quelle di manutenibilità espresse dal Maestro Nello Catarcia e le difficoltà logistiche e tecniche per portare il materiale nella parte alta della cassa che hanno determinato la decisione di realizzare una nuova sede per i mantici con la conseguente costruzione ex novo dell'impianto del vento, il risultato del complessivo operato non sarebbe stato lo stesso".
L'intervento eseguito con la collaborazione di Roberto Enderle, Davide Zanasi, Stefano Ghezzi, Claudio Vecchiato, Marco Enderle, Davide Stefano Guerra, Alexandru Aprodo e Luca Di Donato, e per il supporto tecnico di Sante Coscetta e di Giorgio Frizza per la falegnameria, restituisce l'organo con 3 tastiere, 72 registri e 5644 canne, predisposto per arrivare a 76 registri (2 al positivo, 1 recitativo e 1 al pedale) e 5859 canne. Emozionato, Nello Catarcia che dopo il collaudo dei giorni scorsi nel mettersi alle tastiere ha ricordato il maestro Fernando Germani, lo stesso che nel 1975 suonò l'organo in occasione di un concerto al termine del restauro eseguito dalla ditta Pinchi di Foligno. "A lui – ha anticipato l'organista – nel mese di agosto sarà dedicato un festival".

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