cultura

Enrico Ruggeri si racconta a Porta d'Orvieto: "Dopo Sanremo, il tour e un giallo psicologico"

martedì 15 marzo 2016
di Davide Pompei
Enrico Ruggeri si racconta a Porta d'Orvieto: "Dopo Sanremo, il tour e un giallo psicologico"

Da Milano a Orvieto, in treno. Una cena di lavoro a Roma, come annunciato via social, e poi il Concerto (benefico) della Misericordia. Con "Il primo amore non si scorda mai" – la canzone che elogia il coraggio, scritta e interpretata sul palco del Teatro Ariston – Enrico Ruggeri si è classificato quarto alla 66esima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Dove è stato dieci volte. Due da vincitore, più una come ospite. Due, su trentadue, gli album dal vivo. Due, i cd che compongono la raccolta di nove inediti "Un viaggio incredibile" dove è contenuto il brano ma anche quattro tracce dedicate a David Bowie. L'altro, invece, veste di nuovo arrangiamento quindici brani storici. E prosegue l'operazione di reincisione già avviata con "Pezzi di vita".

"Quest'anno – spiega – siamo andati avanti, proponendo ventinove canzoni dall'86 al '91. Da 'Il portiere di notte' a 'Quello che le donne non dicono', da 'I dubbi dell'amore' a 'Ti avrò' fino a 'Peter Pan'. Un lavoro complicato, ci abbiamo messo quasi un anno". Tanto serve per dare conto della carriera, lunga perché iniziata presto, di cantautore e scrittore prestato a radio e tv. E nei 'Centri commerciali' che canta, il rocker passa pure per un firmacopie. Domenica 13 marzo è a "Porta d'Orvieto" per inaugurare il filone "cantanti" fra gli ospiti del pomeriggio. Prima di lui, attori tv come Francesco Testi e Luca Capuano, ballerini come Stefano De Martino ma anche cuochi e chef stellati, da Gianfranco Vissani all'originale Giorgione.

"Mi piace – rivela, con l'inconfondibile voce, profonda ai limiti del cavernicolo che molte imitazioni gli è valsa – raccontare cose agli altri. La vita, non solo mia, alle persone. Ho iniziato a farlo con le canzoni. Poi, sono venuti i romanzi e tutto il resto. Ma il principio è sempre lo stesso: raccontare qualcosa a qualcuno. Un viaggio che parte dalla voglia di viaggiare e scoprire le proprie potenzialità, suonare, stare sul palco, conoscere posti e persone. Il viaggio non è solo spostarsi, ma anche incontrare storie. È, anzi, quella la parte più importante.

Le canzoni crescono. Ci sono alcune che hanno trent'anni, eppure le ho sempre suonate in concerto. Le ruoto molto, non faccio mai una scaletta rigida. Grazie al fatto di avere un band che suona con me da tanto tempo, ogni sera cambio qualcosa. Sono canzoni cresciute che cambiano senza accorgersene. È come quando pensi di non essere invecchiato, poi guardi una foto di cinque anni prima e la differenza la vedi. Con le canzoni è lo stesso, ti sembra di suonarle sempre allo stesso modo ma continuano a cambiare. E, nel frattempo, ne arrivano di nuove".

Sanremo? "In quella settimana – dice – la musica cambia passo. L'attenzione delle testate, anche quelle straniere, si catalizza ed offre un'ottima promozione. Quest'anno su venti canzoni, due erano rap, quelle di Rocco Hunt e Clementino, poi c'era Elio, 16 pezzi lenti che un po' si assomigliavano e la mia. In 66 anni, l'unica volta che un pezzo dichiaratamente rock ha vinto è stato con 'Mistero'.  Scherzando, da Fazio ho detto che quando vedo Sanremo da casa mi basta che vinca una lenta. Ero un po' scettico. Credevo che gli artisti che hanno fan molto giovani e 'compulsivi' fossero avvantaggiati dal televoto. A Sanremo bisogna anche essere fortunati. Ed è andata bene.

Tra i 15 e i 20 anni succedono una serie di cose nella vita che ti plasmano il carattere, ti formano l'anima. Sei quello che ti è capitato, soprattutto in quegli anni lì. Il primo amore sono le prime volte. Quelle in cui ti hanno lasciato dormire fuori casa. Nel mio caso, quando ho inserito il jack in una chitarra elettrica e ho sentito cosa significava produrre il suono. La prima volta che hai fatto, e non visto, un concerto. Lei che parla con uno e tu che soffri. Cose fondamentali, sensazioni forti che non sai gestire. Nei miei concerti, il pubblico è molto protagonista. Ed io, non solo il tipo che quando ha finito si smaterializza. Mi piace condividere e, raramente, mi capita di conoscere una persona che è stata a vedermi una sola volta.

Ho avuto la fortuna di iniziare quando il successo avveniva in maniera graduale. La generazione prima della mia era quella di De Gregori, Dalla, Battiato. La mia (classe 1957), quella di Vasco e Ligabue, che durano nel tempo. Oggi il successo si raggiunge e si perde in dieci minuti. L'anno che non dimentico è il 1984, quattro anni dopo 'Contessa' che mi ha reso famoso, quando con 'Nuovo swing' è partita la tournée. La prossima inizierà ad aprile e a giugno sarà pubblicato il giallo psicologico che ho finito di scrivere la scorsa settimana. Sono curioso. Dico sempre 'Perché no?'. Mai perchè".

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