In 7.000 ad Umbria Folk Festival per Caparezza. Orvieto salta al ritmo di "Museica"

"Come una cicca che s'attacca al tacco ti faccio dire: “Perbacco, è Capa!”. Sotto il tacco ecco Papa Rezza, soffia brezza fina, fragranza salentina sale in cima e ragamuffina la rima e come arriva mi suona meglio di prima". Profetiche, le parole che il rapper di Molfetta cantava già nel 2002 insieme ai conterranei Après La Classe. Anticipatrici, in qualche modo, di quella nuova ondata di entusiasmo che mercoledì 20 agosto è tornata a pervadere Orvieto, facendo ballare all'unisono 7.000 presenze, provenienti anche da fuori regione, per assistere al soundcheck, alle iniziative collaterali e poi ai concerti serali in Piazza del Popolo, ripetendo la suggestione di quanto era già avvenuto ad agosto del 2011. Sotto l'occhio vigile di Polizia, Carabinieri, Protezione Civile, Polizia Municipale, Guardia di Finanza e Servizio di Sicurezza.
A tre anni di distanza, Caparezza è tornato a Orvieto per una delle serate più attese dell'ottava edizione di "Umbria Folk Festival", inaugurandone il main stage con un carico di canzoni nuove. Quelle del "Museica Tour" che marcia ora alla volta di Brescia e che ad ottobre volerà a Barcellona, Parigi, Bruxelles e Londra. Diciannove, quelle contenute nel sesto album di inediti diventato disco d'oro in meno di trenta giorni dal lancio, avvenuto ad aprile. Ventuno, in tutto, quelle effettivamente eseguite all'ombra del Palazzo del Capitano del Popolo, senza rinunciare ai cavalli di battaglia. Presente in città dal giorno avanti, il suo è stato il primo nome che lo staff di Parametrica, associazione Uff e TeMa ha ufficializzato.
Il "museo delle sue visioni messe in mostra" apre i battenti alle 21.45 in punto, mentre qualcuno ancora si attarda alla taverna folk con cavatelli, cozze e involtini della cena pugliese. Smartphone e flash pronti allo scatto devono però attendere 5 lunghi minuti di irriverente musica d'attesa per veder apparire sul palco l'artista che ha fatto della provocazione una bandiera. Vestito di nero, dal ventre di una matrioska gigante intona "Avrai ragione tu" e il volume esplode. Non tutte le parole arrivano nitide, ma lo show è partito e si fermerà solo a mezzanotte, per lasciar spazio sul palco minore del contest dedicato a Fernando "Pioggia" Maiotti ai Malandragem.
Seguita alla lettera la scaletta circolata su Internet, dove trovano posto "Dalla parte del toro", "Mica Van Gogh", "Sfogati" e "Legalize the premier". Ma anche "Giotto beat", "La mia parte intollerante", "Teste di Modì", "Abiura di me", "Canzone a metà", "Cover", "Non siete stato voi" e "China Town". Mentre intona "Vengo dalla Luna" mai uscita dall'elenco e dedicata a Magritte, nel pubblico c'è chi avvista stelle cadenti. Il tempo di un desiderio. E si gioca con "Goodbye malinconia", a far rimbalzare per tutta la piazza un cervello (in fuga) di gomma piuma, metafora dei tempi moderni. Dedicata "ai bambini degli anni '60 in Giappone", con l'ennesimo pupazzo al seguito, "Kitaro".
Caparezza accenna anche "Nel Sole" con il fraseggio di Al Bano, scortato dalla sua parte buona e quella mefistofelica. Le stesse che convivono nel testo di "Vieni a ballare in Puglia", che neanche a dirlo porta l'aria del Sud in Piazza del Popolo. Sulle note di "Non me lo posso permettere", presenta il formicaio che si muove dietro allo show fatto di elementi scenici giganti, gag teatrali e cartapesta – le trovate che da sempre rendono spettacolari le sue esibizioni – per poi congedarsi. Gli applausi del pubblico lo richiamano sul palco e, cambiata t-shirt, concede ancora "Fai da tela" e "È tardi". Non per un selfie di gruppo, però, alla Jean-Baptiste Perronneau. "Sarà presto in rete" annuncia con voce da cartone animato. Promessa mantenuta, vedere (da un'altra prospettiva) per credere. E stavolta si congeda davvero da Orvieto - che a riflettori spenti lo attenderà sotto il palco - con l'elettronica "La fine di Gaia". E con la ricetta per migliorare la vita: "Servono interesse, curiosità e studio".
Ogni traccia, un dipinto. Ogni canzone, una festa. Per oltre due ore di musica e spettacolo allo stato puro, da guardare oltre che sentire. È il concerto-evento di un album-museo che dietro alle affilate pirotecnie stilistiche e i sottili giochi di parole di sempre, mescola l'invettiva sociale del teatro-canzone alla divertente ironia hip-hop, fino alla provocazione in metrica rap. "Chi fa arte – mette in chiaro – fa anche politica e consegna messaggi sociali". E da Guernica a Gaza, il parallelismo è un attimo. Caparezza inanella una dietro l'altra canzoni che trascinano, divertono ma mettono anche di fronte ai paradossi del contemporaneo.
Sul palco da cui mancava dal 2012, ci sono il toro di Picasso, i girasoli di Van Gogh. Totem indiani, coriandoli, lambrette bidimensionali e un pianoforte che diventa libro. Una pupilla suona la tromba, il grande Leonardo è una tartaruga ninja, le donne tahitiane di Gauguin agitano il capo. In mezzo a Goya e Frida Kahlo, protagonista indiscusso, però, resta lui che affiancato dalla sua seconda voce Diego Perrone, non tradisce le attese, mentre si diverte a percorrere in lungo e in largo tutto il palco. Salta, balla, dimena i riccioli-identitari di Michele Salvemini. E il pubblico con lui. Finendo per strappare applausi anche a scettici e detrattori. "Non si può piacere a tutti – ammette, sereno – soprattutto quando c'è una personalità".

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