cultura

Filippo Scicchitano si racconta. "Un percorso da attore partito da un sorriso"

lunedì 4 agosto 2014
di Davide Pompei
Filippo Scicchitano si racconta. "Un percorso da attore partito da un sorriso"

A sedici anni ha prestato inconsapevole ironia e svagatezza adolescenziale a Luca di "Scialla! (Stai sereno)". L'anno dopo Francesca Comencini ha voluto che fosse Marco, l'autista di "Un giorno speciale". Poi, di nuovo dietro banchi di scuola ha impersonato Leo di "Bianca come il latte, rossa come il sangue". E ancora Davide de "Il mondo fino in fondo" fino a Fabio di "Allacciate le cinture". La filmografia di Filippo Scicchitano sta tutta in una mano sola. Mentre parla, la agita per enfatizzare concetti che hanno bisogno di voce profonda, intercalari frequenti come "voglio dire, devo dire, come dire" e una manciata di doppie romanesche per suonare più forti. Sull'uso della lingua e delle sfumature dialettali ha appena iniziato a lavorarci e per esigenze di copione dovrà presto padroneggiare il Napoletano.

Classe '93, a ottobre compirà 21 anni. Gli ultimi quattro li ha passati sui set, accanto a nomi di rilievo del panorama cinematografico italiano. È allo sceneggiatore di lungo corso Francesco Bruni - che nel 2011 l'ha scelto per il suo sorriso e che nelle vicine Bolsena e Montefiascone ha appena presentato "Noi 4", la sua seconda opera da regista - che l'attore emergente si è raccontato venerdì 25 luglio, nell'ambito dell'ottava edizione dell'Est Film Festival.

"Ai provini – ha esordito l'attore del pluripremiato "Scialla" - ridevo tanto insieme a un amico perché ero a disagio. In verità, nemmeno volevo andare. Poi quando ho letto le battute ho visto che il personaggio era molto simile a me. Avevo abbandonato la scuola da un anno, ero in un periodo buio e molto complicato della mia vita in cui non sapevo che fare. Anzi, non ero proprio sulla buona strada. Non esagero nel dire che senza cinema, mi sarei perso. Da piccolo volevo fare l'avvocato o il calciatore, ma senza talento. Quando sono stato scelto, è iniziato il panico, difficile da gestire. C'è voluta mia madre per convincermi ad accettare la parte. Dei 30.000 euro che avevo chiesto solo per dissuadere la produzione dall'idea di prendermi, alla fine ne ho percepiti 5.000. Quando sono arrivato sul set, il primo giorno di riprese, mi sono detto 'Se ti hanno scelto, ci sarà pure un motivo'. Sentivo la presenza di Fabrizio Bentivoglio a 15 metri di distanza da lui e dopo aver girato la scena, anche se il regista urlava 'Buona!' volevo ripeterla. Ero insoddisfatto, insicuro, inesperto".

L'esperienza, se così si può dire, è arrivata grazie all'incontro con Fiamma Satta, presente in prima fila all'intervista, che per due mesi prima di andare al Festival di Venezia gli ha offerto "qualche buon consiglio" e la visione "illuminante" dei film di Pier Paolo Pasolini. Da "Accattone" al preferito "Mamma Roma". "Come la magggica..." che da quando aveva 3 anni tifa di un tifo oltre il normale. "Da ultras, ma senza violenza. La letteratura mi è sempre piaciuta. Mi manca essermi perso quel percorso scolastico di apprendimento. Ho iniziato con gravi lacune e ora sto cercando di colmarle, leggendo e approfondendo". Studiando, così come ha fatto per la patente, necessaria per girare il film di Cristina Comencini. "Con 'Un giorno speciale' ho iniziato ad essere più consapevole dei miei strumenti e di quello che stavo facendo. 'Bianca come il latte, rossa come il sangue' resta tuttora il mio più grande successo commerciale. Merito anche del libro di Alessandro D'Avenia da cui è tratto il film. Girarlo è stato impegnativo. Ero per la prima volta fuori Roma, lontano da casa, in un contesto non mio come Torino, e soprattutto quasi sempre in scena. Ho anche imparato una cosa assurda come piangere a comando. In realtà, è facile. Basta un sottotesto, qualcosa di triste a cui pensare”.

Con il tempo, Scicchitano si è fatto più esigente sulle sceneggiature. Le sceglie in base alla bellezza del copione o chiede di intervenire sul personaggio che interpreta, non per capriccio ma per esigenza di accostamento e quindi di resa attoriale. "È dal quarto film in poi – dice – che mi sento diventato professionista nel senso che mi accosto in maniera più seria ai progetti per i quali posso dire veramente 'Vale la pena fare l'attore, entrare in questa storia'". Così ha fatto sul set de "Il mondo fino in fondo", che lo ha sottoposto a un'esperienza "potentissima, oh!" come il viaggio in Cile. "Non avendo studiato, è stato Vinicio Marchioni a suggerirmi il metodo migliore per costruire il mio personaggio. È fondamentale trovare un punto in comune con quello che davvero sei. Tecnica che mi è tornata utile anche per interpretare in maniera credibile gli atteggiamenti di un altro giovane gay per Ferzan. Con lui, ho allargato l'archetipo di una diversità più ostentata, meno oppressa".

Il futuro? "Sono molto ambizioso. Mi sento cambiato io, non quello che è intorno a me. Gli amici sono gli stessi, le abitudini quotidiane non sono state stravolte dal cinema. Ho rifiutato progetti stupidi che non mi convincevano. Voglio continuare un percorso di crescita, partito da un sorriso". Mentre lo dice, il sole muore nel lago di Bolsena. E un nuovo sorriso gli fiorisce in bocca.