In viaggio con Salvatore Ravo, artista del colore e della luce. In arrivo "Pachamama"
Se il viaggio significa mettersi in relazione con se stessi e con il mondo, guardare in profondità e con occhi sempre nuovi, sentire, odorare, interiorizzare e trasfigurare la bellezza, farne estetica e etica - fare del viaggio, in sintesi, una continua rinascita nel percorso ramificato della vita - un artista del viaggio può essere considerato, senza alcun dubbio, Salvatore Ravo. Impossibile dargli una nazionalità, tanto è internazionale, ma di certo sono forti e rintracciabili le sue radici. Nato a Casalnuovo di Napoli, da due anni e mezzo circa cittadino di Orvieto dove ha scelto ultimamente di risiedere, il pittore campano ha sempre vissuto tra l'Italia e vari Paesi esteri, traendo ispirazione da atmosfere spesso suggestive o esotiche e piazzando le sue opere nelle migliori gallerie europee e statunitensi.
Lo incontro al Vincaffè per una chiacchierata sul suo lavoro, poco prima della sua rassegna personale "Pachamama" che sarà inaugurata a Palazzo dei Sette tra qualche giorno. E, come in altre occasioni, ci tiene a farmi sapere che è artista di mestiere, che ha vissuto sempre della sua arte: circostanza volta a sottolineare, in un'epoca in cui ci si interroga se con la cultura si possa mangiare o no, che con la cultura sì, si può anche vivere e mangiare. Almeno lui l'ha fatto e continua a farlo, senza teatralità, senza narcisismi, prima con l'inquietudine di chi parte per conoscere, rischiare e sperimentare, ora con la saggezza operosa - quasi un latino otium - di chi ha compreso molto della vita e degli umani e, pur in maggiore serenità, continua a creare senza tirare i remi in barca, con la speranza di chi sa che anche dalle epoche buie, dalle età di crisi, se non altro per i corsi e ricorsi storici prima o poi si esce. Magari con l'aiuto della bellezza, dalla cui osservazione vengono, secondo Ravo, la scoperta e il rispetto della diversità, e quella funzione sociale dell'arte che aiuta a trasformare il mondo.
"Ho fatto la mia prima mostra a Napoli - racconta - a diciassette anni, e sempre nella mia terra ho cominciato a lavorare come disegnatore tessile dedicandomi ai disegni ecclesiastici del Settecento. Poi a ventuno anni ho vinto una borsa di studio per la Spagna e ho vissuto e mi sono formato lì in un periodo molto stimolante, all'inizio degli anni Ottanta. Erano gli anni di Almodovar e di Banderas, il periodo di transizione in cui la Spagna ha visto fiorire, attraverso un gran fermento culturale, la cosiddetta Edad de Oro. È un Paese che sento congeniale e che non ho più abbandonato, dove ancora oggi, nonostante la crisi, viene incoraggiata l'arte contemporanea e si cerca di selezionare e incoraggiare giovani talenti".
E infatti, oltre alle frequenti puntate in Spagna, proprio ultimamente Ravo ha realizzato per i tipi della casa editrice El vuelo de la Ardilla, una raffinata edizione numerata (100 esemplari), in cui i suoi disegni si incrociano, anzi si amalgamano con la parola del poeta Fernando Zamanillo Peral nel volumetto "En el mar, tan cerca del desierto".
Dopo la Spagna una fondamentale esperienza a Londra, dove viene selezionato da una Fondazione per una borsa di studio per artisti professionisti. La borsa di studio diventa collaborazione di lavoro e Ravo rimane a Londra altri tre anni, a contatto con un gruppo di una trentina di artisti con cui instaura uno stimolante confronto. Quindi esperienze con gallerie statunitensi e un importante soggiorno in India, in collegamento con il Kanoria Art Center. In India, dove passa un anno tra mostre e viaggi, Ravo ha portato con sé un testo diaristico di viaggio di Pier Paolo Pasolini, l'"Odore dell'India". È attraverso la risonanza della parola del poeta friulano che si sviluppa in lui una nuova poetica pittorica, condensata in un racconto parallelo attraverso la forma e il colore: non un'illustrazione, ma un'evocazione personale e originale fatta di voci che si intrecciano, da diverse prospettive ma con una ricerca comune di profondità tesa allo stesso oggetto. Dai bellissimi lavori di questo periodo nascerà, a Castel dell'Ovo nel 2003, la mostra "I colori fra le parole".
Altro viaggio fondamentale, quello a Cuba nel '98. E ancora Belgio, Scozia, Portogallo, Polonia, e costanti contatti con varie e importanti gallerie europee, mentre si insinua, nell'animo del pittore, anche il bisogno di arricchire la sua espressione artistica con linguaggi quali la fotografia, l'installazione, la scultura.
Mi incuriosisce sapere quali sono i suoi grandi maestri, e lui snocciola sicuro nomi immensi: Caravaggio, Piero della Francesca - amo come Piero accarezza il colore, afferma in familiarità, come lascia che il colore divenga luce - e tra gli spagnoli El Greco, Velasquez, Goya, Murillo; tra i moderni Kokoskwa e Cézanne, che ha rotto con il classicismo - dice - e ancora Joan Miró, un ricercatore, e Marcel Duchamp, grande poeta, Kandinsky e Paul Klee, entrambi alla ricerca dell'anima e dell'essenza, di una risposta per la loro creazione.
Poi torniamo a parlare del viaggio. "Per creare bisogna essere nomadi - racconta - il viaggio è una ricchezza, nell'intimo e nello spazio, dà spessore all'anima e crea confini indefiniti. In questi anni tuttavia sono più statico, sto compiendo un altro viaggio". Non è difficile capire che è quello di chi ha raggiunto la serenità interiore e, da questa dimensione, ha costruito anche una vita più familiare e intima: con la moglie Aga, nel suo caso, e con la figlia Miriam, entrambe di rara dolcezza e gentilezza. Un viaggio d'amore dunque, e parallelamente un viaggio più pacato ma non concluso nel lavoro, attraverso le forme, il colore e la luce, gli elementi costanti della sua poetica.
Gli chiedo come si è formata, questa poetica, e mi racconta che all'inizio il suo lavoro era molto intellettuale, accademico, con numerosi riferimenti iconografici di stampo mitologico. Poi la liberazione dagli schemi, e un creare molto più libero e istintivo, a sensazione, dove il colore e la luce imperano e generano le forme.
È la poetica che ritroveremo anche nell'imminente mostra di Salvatore Ravo, incentrata sul suo rapporto con la musica che è, almeno da trenta anni, una costante ispirazione della sua arte. Nelle tele, ma anche nella realizzazione di manifesti - ultimo quello apprezzatissimo di Umbria Jazz Winter #21 - e di numerose cover per diversi CD. Nel suo rapporto con vari festival e musicisti ha collaborato con "Pomigliano jazz festival" prendendo parte a concerti live con la realizzazione di opere in progress. Tra i suoi fiori all'occhiello la collaborazione con la rassegna "Time in jazz" di Berchidda insieme a Paolo Fresu, artista con il quale ha stabilito anche un bel feeling personale.
In "Pachamama" - questo il titolo della mostra che sarà inaugurata il prossimo 20 dicembre alle ore 18.00 nelle sale del Palazzo dei Sette nell'ambito del programma di Umbria Jazz Winter - l'artista continua il suo viaggio, questa volta non in luoghi fisici, ma in quelli di un'anima che si scioglie dolcemente nella natura, e che l'assorbe per presentarla in un concerto che fonde in un indissolubile amalgama forme, musica e colore.
Nel 2010 Ravo aveva già realizzato a Lisbona, tra aprile e maggio, una bella personale sulla musica alludendo a un significativo ossimoro, "La musica del silenzio"... "La musica del silenzio di Salvatore Ravo - aveva scritto nel catalogo Paolo Fresu dedicandogli una riflessione - sa di strumenti e di colori tenui. Di forme rarefatte come verdi alberi che si stagliano nel cielo di silhouette e di volti. Sono gli strumenti del jazz. Un flicorno si perde tra il terra di Siena e un violino nel giallo ocra mentre le forme contrattano con mani esperte che nutrono l'arco con la pece e danzano come fossero un Matisse... Ciò che si sente, nella sua opera sonora, sono i silenzi che provengono da lontano e che approdano a Napoli attraverso Gibraltar in un percorso che calpesta strade antiche laddove il suono è nelle forme e il suo spazio nella solare solitudine del colore".
A Orvieto vi saranno alcune opere dell'epoca, ma la maggior parte sono nuove, c'è un cammino ulteriore dell'artista e Pachamama - ovvero nei paesi andini la Madre Terra - traccerà di certo nuovi percorsi e riserverà nuove sorprese.