Articolo 21
cronaca

La ragazza di Gaza

venerdì 18 aprile 2025
di Riccardo Cucchi

Aveva molti sogni, come tutte le ragazze della sua età. Amava i libri e la fotografia. Negli ultimi mesi intorno a lei non c’era più traccia della città nella quale era nata e dalla quale non era mai uscita. E allora, girando con la sua macchina fotografica tra le macerie e schivando le bombe assassine, ha fotografato il dolore. Otto mesi di fotografie. Fotografie che hanno preso l’unica strada possibile per uscire da Gaza: quella digitale. Sono piombate sui tablet di tutto il mondo, sui cellulari di tutto il mondo, sui pc di tutto il mondo. Hanno mostrato la morte che ogni giorno i palestinesi della striscia sono costretti ad affrontare, sapendo che prima o poi toccherà anche a chi è ancora vivo. Lo sapeva anche lei, la ragazza di Gaza.

Fatima Hassouna, 24 anni, è morta all’alba di ieri. La sua casa è stata centrata da una bomba. A lanciarla un aereo dell’esercito israeliano che cercava lei, proprio lei. Perché quelle foto che avevano catturato la morte di Gaza e le storie di chi sopravvive sotto le bombe, erano troppo. Svelavano ciò che non deve essere svelato: che quello che si sta compiendo a Gaza è un genocidio, non un’operazione antiterrorismo. Un genocidio. Non devono esserci occhi a documentarlo, non devono esserci teleobbiettivi a fermarlo in fotogrammi che giungano troppo lontano. Per questo Fatima doveva morire. Ha dato la vita per farci vedere ciò che non dovevamo vedere. Per le stesse ragioni per le quali sono stati ammazzati da Israele 210 giornalisti. Anche Fatima lo era. Non perché avesse un tesserino o perché avesse un contratto. Ma perché documentava, come deve fare un bravo giornalista. E documentare a Gaza è vietato. Da Israele.

Insieme a Fatima, sotto le macerie della sua abitazione, sono morti dieci suoi familiari. Le bombe, malgrado le idiozie con le quali tentano di riempirci la testa, non saranno mai intelligenti. Perché seminare morte non può essere frutto di intelligenza. Mai. Fatima tra la polvere delle case distrutte, nel pianto delle madri, nei lamenti dei feriti, tra i morsi della fame, era riuscita – malgrado tutto – a trovare l’amore. E progettava di sposarsi a Gaza perché la vita trionfasse sulla morte.

Israele si sta macchiando di orribili crimini contro l’umanità. Ed è incredibile come la comunità internazionale non sia capace di una condanna forte e unanime. Chi viola i diritti umani si pone, irrimediabilmente, fuori dal consesso internazionale; fuori dalla civiltà costruita con fatica in secoli di storia. Essere al fianco di Israele oggi, vuol dire diventare complice della sua furia genocida. È bene che si gridi, che si urli: Israele va fermato, gli va impedito di armarsi e va sanzionato e isolato dal contesto internazionale.

Lo dobbiamo anche a Fatima.

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