Sul Monte Peglia il miglior centro faunistico italiano gestito dalla Forestale

Ogni anno sono tantissimi gli animali appartenenti a diverse specie selvatiche autoctone, esotiche o in via d’estinzione sequestrati o confiscati a seguito di operazioni di polizia contro il commercio illegale, spesso caratterizzato da trasporti in condizioni inadeguate. Ma che fine fanno gli animali selvatici sequestrati, feriti, abbandonati? Molti di questi vengono salvati dal Corpo Forestale dello Stato e portati presso i centri di recupero, dove si dà agli animali una nuova chance di sopravvivenza.
Di questi centri in Italia ce ne sono 108, cinque dei quali gestiti dal Corpo Forestale dello Stato e situati presso gli Uffici Territoriali della Biodiversità (Utb) che attualmente ospitano circa 850 animali, dai mufloni agli sparvieri, dalle poiane ai falchi, e poi tartarughe, daini, cervi, volpi, lupi. Cura, primo soccorso e recupero graduale sono le attività svolte in questi centri con l’obiettivo della reimmissione in natura o la permanenza a lungo termine per quegli animali che purtroppo non potranno recuperare del tutto le proprie abilità.
Uno dei migliori centri in Italia è sicuramente il centro faunistico Formichella gestito dal Corpo Forestale dello Stato - Ufficio territoriale per la biodiversità di Assisi, all’interno del territorio di Orvieto sul Monte Peglia. Si tratta di un centro di recupero e riabilitazione di specie selvatiche autoctone di uccelli e fauna, dai cerbiatti ai daini, dai pappagalli alle tartarughe, ma non solo. C’è il reparto rapaci che ospita gheppi, falchi, upupe, civette, gufi e altro ancora.
“Qui avviamo un percorso di recupero degli animali con l’obiettivo della loro successiva reimmissione in natura, perché l’animale selvatico deve vivere in natura”, spiega all’Adnkronos Luciano Servili, responsabile Ufficio Territoriale Biodiversità di Assisi, che gestisce il Centro. “Altra attività principale del centro - aggiunge - è quella dell’educazione ambientale perché vogliamo che le dinamiche della natura siano conosciute in particolare dai bambini delle scuole elementari e medie. Per questo sono stati istituiti vari percorsi didattici grazie ai quali i giovani possono vedere da vicino gli animali e le attività che il Corpo Forestale porta avanti con loro”.
Quello di Formichella è nei fatti il più grande dei cento che si trovano in Italia e ospita circa 350 differenti esemplari di fauna selvatica: dai daini alle tartarughe, passando per cervi, grandi rapaci e volpi. Da pochi giorni è entrato a far parte della grande famiglia anche un lupo.
La new entry è un maschio adulto soccorso sul ciglio di una strada nelle vicinanze di Gubbio gravemente ferito. Probabilmente investito, si trova ora a seguire un percorso riabilitativo al termine del quale, però, non è previsto il reinserimento in natura. Troppo grave l'entità della ferita alla zampa per essere operato e per ritornare a predare, il suo destino prevede quindi il trasferimento presso il centro di Popoli, nel parco della Majella, in un'area recintata e protetta di circa tremila metri quadrati. L'obiettivo del centro di recupero umbro è il reinserimento in natura degli animali selvatici, ma non sempre è perseguibile.
“Tra i tanti ospiti della Formichella si trovano specie alloctone che sono state sequestrate o confiscate perché immesse irregolarmente in Italia - evidenzia ancora Luciano Servili - liberarle significherebbe alterare l'ecosistema ospite e l’unica soluzione è ospitarle in aree abbastanza grandi da simulare il loro habitat naturale. Un esempio è costituito dai procioni. Originari del Nord America sono anche noti con il nome di ‘orsetti lavatori’ e sono vittime di un traffico finalizzato allo sfruttamento come animali domestici”.
Gli animali in difficoltà raggiungono il centro anche grazie alle segnalazioni dei cittadini al 1515, il numero verde della Forestale. “E' molto importante - ha concluso Servili - che l'animale ferito o in difficoltà venga segnalato al nostro centralino. Se si trovano dei cuccioli soli durante un’escursione, non significa necessariamente che siano stati abbandonati, è anche probabile che la madre sia andata a procacciare del cibo. Il consiglio è sempre quello di evitare il più possibile di intervenire direttamente, ma segnalare il ritrovamento. I nostri agenti faranno il resto”.
Tra le specie curate non manca nemmeno un singolare grifone indiano. Nessuno sa da dove sia arrivato, fatto sta che una mattina di quattro mesi fa una famiglia di Perugia si e' ritrovata questo esemplare di avvoltoio (o grifone) indiano nel proprio giardino, e deve essere stato un incontro shock viste le dimensioni del rapace che misura dagli 80 ai 100 cm di altezza e ha un'apertura alare che va da 205 a 229 cm. Per lui purtroppo non ci sarà un ritorno alla libertà, in quanto specie alloctona. “Lo terremo qui finché - dicono i forestali - non troveremo un centro in grado di ospitarlo insieme ad altri individui della sua specie”.
Il centro, grazie ad una convenzione con il Ministero dell’Ambiente è proprio specializzato nella gestione e cura delle tartarughe. Gli esemplari presenti nella struttura di Orvieto sono tutti passati attraverso sequestri e confische, operazioni di polizia giudiziaria che hanno permesso il sequestro delle testuggini detenute illegalmente. Chi trova una tartaruga in natura e la porta a casa commette un reato, punibile con sanzioni penali e amministrative: l'arresto da 3 a 7 mesi, l'ammenda pecuniaria che arriva fino a 30mila euro.
“Quando fu adottata anche in Italia la convenzione di Washington - ricorda Servili - ci fu un periodo di sanatoria affinché i privati cittadini in possesso di tartarughe potessero denunciarle, terminato questo periodo di sanatoria è stato introdotto il divieto assoluto di prelevare le tartarughe dall'ambiente naturale”. In casa si possono dunque tenere solo le tartarughe nate in cattività, ma anche queste devono essere denunciate presso gli uffici Cites.
“Anche per le tartarughe, come per tutti gli altri animali ospitati dal centro, vale l'obiettivo finale della reimmissione in natura previo screening genetico, per stabilire l'effettiva provenienza della tartaruga. Queste - spiega Servili - sono tutte tartarughe italiane, originarie della Sicilia, della Sardegna o della Toscana. Con lo screening possiamo avere un'indicazione più esatta che ci permette di riportarle nel loro ambiente naturale”.

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