politica

Ex Caserma Piave : 12 anni di non fatto. L'idea di rifunzionalizzazione della lista Ri-governare Orvieto

giovedì 8 maggio 2014
Ex Caserma Piave : 12 anni di non fatto. L'idea di rifunzionalizzazione della lista Ri-governare Orvieto

Riportiamo di seguito dal nostro programma di governo la parte relativa alla rifunzionalizzazione della ex Caserma Piave, preceduta da una breve sintesi della sua storia.

Non staremo a dilungarci troppo sulle ragioni che hanno portato a un immobilismo, o meglio a un attivismo senza alcun risultato, sul possibile riutilizzo del complesso della ex Caserma Piave, ma una breve sintesi, per chi ne avesse perso memoria, è necessaria.

La Piave fu realizzata a partire dal 1930, con pesanti sacrifici sopportati dalle casse comunali e indirettamente dai cittadini (che dovettero rinunciare per anni ad acquedotti, scuole, strade e impianti di illuminazione) per “dare incremento alla vita cittadina” grazie alla presenza di migliaia di ufficiali, sottufficiali e reclute e civili che negli Avieri, poi nella Fanteria e infine nei Granatieri sono transitati nella struttura militare. Dismessa dall'esercito, a cui era stata affidata in convenzione, la Piave è rientrata nella piena proprietà del Comune di Orvieto dal 30 aprile 2002. 
Sinteticamente le tappe dopo la dismissione possono essere così indicate: una fase in cui, per la rifunzionalizzazione del bene, fu costituita tra la primavera e l'autunno del 2004 (all'epoca del sindaco Stefano Cimicchi), da parte del Comune che ne era socio unico, la Società RPO Spa; RPO Spa ha lavorato, tra alterne vicende, fino al novembre del 2006 (era intanto subentrato al governo della città il sindaco Stefano Mocio), quando dopo la trasformazione della società in Srl nel luglio 2006 il CdA della società si dimise in massa, per l'immobilismo che registrava da parte dell'amministrazione, dopo aver elaborato un progetto e un business plan senza però poter arrivare a dare avvio ai necessari bandi. Le dimissioni furono accolte dal sindaco Mocio il 28 dicembre di quello stesso anno, poi il primo affidamento del CdA provvisorio ai dirigenti comunali Rosati e Mazzi, il rimpastone di Giunta nel maggio 2007 (in cui furono sostituiti gli assessori dei DS Giuseppe Germani, Carlo Carpinelli, Teresa Urbani e Stefano Frellicca con alcuni di altra corrente partitica e con altri più indipendenti), la nomina dell'Avv. Stanislao Fella a Presidente e la formazione del cosiddetto "Comitato dei saggi", volontario e a costo zero, guidato dal manager Gianni Stella per il nuovo iter di rifunzionalizzazione del bene, che nella seconda parte del 2008 portò all'espletazione di un bando di gara europeo (che comprendeva anche la rifunzionalizzazione dell'ex Ospedale) che con un rinvio operato a marzo 2009 andò a scadenza l'8 maggio 2009, a pochi giorni dal termine di mandato del sindaco Mocio. Accettabili complessità di genere amministrativo, in questo lungo iter, ma anche, come si evince da fatti alterni e mai chiaramente raccontati, lungaggini di tipo politico e faide di partito. In ogni caso il sindaco Mocio ritenne più corretto, a pochi giorni dalle elezioni, non aprire le buste delle risposte al bando pervenute e, dopo la disfatta del centrosinistra, le lasciò in eredità alla Giunta di centrodestra di Toni Concina. Dopo aver stazionato a lungo nei cassetti, le buste delle offerte furono aperte e le offerte si rivelarono non adeguate e imperfette. Comincia allora il lungo pellegrinaggio della nuova amministrazione di centrodestra, e in particolare del sindaco, tra possibili investitori, con l'intenzione di fare un nuovo bando quando si fossero prospettate possibilità reali. Intanto, a parte la palazzina destinata agli uffici del Comune e lo spazio della Scuola di Musica volontariamente trasferiti, la Caserma Piave, si “ingombra”: il Liceo d'Arte, che non può restare a Palazzo Monaldeschi per questioni di sicurezza, nella Palazzina Comando (e meno male che c'era), la Protezione Civile, l'Associazione Lea Pacini e altri soggetti e associazioni in vari spazi del grande edificio della Piazza d'Armi.

Nostro obiettivo di mandato è comprendere meglio questa lunga vicenda, riprenderla in mano per risolverla e avviare un iter reale di rifunzionalizzazione, ovviamente legato alla sistemazione di altri asset della città: per accogliere i numerosi soggetti che in questo momento abitano a vario titolo la ex Piave, e per inserire la rifunzionalizzazione del bene in un progetto complessivo di sviluppo.

Idealmente, noi vediamo la cittadella della ex Piave come un grande polo identitario moderno contrapposto, nello spazio e nell'immaginario, alla grande e possente cattedrale antica, al Duomo simbolo di Orvieto. Anche la Caserma Piave, costruita sui terreni consacrati alla viticultura di Vigna Grande, parte di una storia recente e di un primo sviluppo economico non più percorribile ma per certi aspetti rimpianto, è un simbolo fortemente identitario per gli abitanti di Orvieto; e, possente e visibile dall'autostrada e dalla ferrovia, colpisce fortemente l'occhio e l'immaginario dei visitatori.
 Pensiamo dunque che questo vero e proprio polmone della città, oltretutto dotato di un suo verde altrettanto abbandonato, possa diventare un villaggio moderno funzionale agli abitanti e, a vario titolo, ai visitatori, con soluzioni architettoniche adeguate di restauro contemporaneo che ne facciano una “piazza” viva, vissuta e a suo modo magnifica come l'antico spazio su cui si apre il Duomo.

Una volta trovata sistemazione ai soggetti che al momento vi risiedono (potrebbero restarvi, in quella che è la nostra visione di tessuto urbanistico, gli uffici comunali e la Scuola di Musica), fatte le opportune verifiche ed eventualmente adeguate con il necessario passaggio in Consiglio Comunale le attuali destinazioni d'uso e le aree eventualmente edificabili all'interno del complesso, previo bando di gara europea per la vendita di una parte soltanto della Caserma e altri eventuali tipi di assegnazione degli spazi, pensiamo che nello spazio potrebbero realizzarsi:

Un albergo adeguatamente confortevole e ampio per la congressistica (nel cui ambito, notoriamente, i congressisti amano alloggiare insieme, per scambiare opinioni, lavorare in gruppo, avere rapporti finalizzati alla ricerca o al business anche fuori congresso) nella parte sulla Piazza d'Armi. Questo spazio potrebbe essere messo in vendita, magari al fine dell'acquisto dell'ex Ospedale (in cui noi, come già detto in altra parte del programma, vedremmo di nuovo bene, una volta rilanciato, il Centro Studi Internazionale).

Una parte, ad esempio la Palazzina Comando, destinata a un centro espositivo di arte contemporanea e ad altri spazi culturali a tema (anche sull'artigianato locale o su altri temi identitari) realizzati con un'impronta fortemente contemporanea.

Una parte (ad esempio la fatiscente struttura dell'ex Infermeria) destinata a un Ostello per la gioventù.

Una parte, anche eventualmente da costruire, destinata a botteghe affidate ad artigiani e artisti, a bistrot e spazi per i giovani adeguatamente insonorizzati, a spazi culturali e ricreativi per bambini, all'esposizione di prodotti alimentari locali, ad altro di utilità e interesse.

Una cura particolare dovrebbe essere riservata, ovviamente, anche alla progettazione e alla sistemazione degli spazi verdi, che dovrebbe far parte del progetto complessivo di valorizzazione e riuso.

Committente responsabile Claudio Fausti