opinioni

Un Nuovo Comune Unico per creare un futuro sostenibile

sabato 5 aprile 2014
di Comitato Officina Comune
Un Nuovo Comune Unico per creare un futuro sostenibile

Il 13 aprile andremo a votare per decidere della costituzione di un nuovo comune. Si fa riferimento quindi ad una proposta di riassetto istituzionale e riorganizzativo. Secondo Officina Comune, questa ipotesi è l'unica in grado di rilanciare il nostro territorio. E non solo perché in caso di fusione arriveranno risorse aggiuntive (almeno 8 milioni di euro in dieci anni) e si potranno registrare risparmi sulle spese correnti e sull'acquisto di beni e servizi attorno al 10% sul totale bilanci correnti.

Quando si parla di rilanciare il territorio dell'Alto Orvietano si intende la capacità di programmare un ciclo di sviluppo che nessun comune può fare da solo. La vicenda della moltiplicazione di zone artigianali non particolarmente attrattive (e che restano ampiamente sottoutilizzate), il mancato coordinamento dei vari PRG per tenere in equilibrio i tassi demografici e integre le caratteristiche del paesaggio, l'incapacità di negoziare le risorse con gli enti sovraordinati mettendo sul tavolo un'idea forte di territorio, l'effimera capacità di attrarre investimenti rilevanti rappresentano parte degli indici di una necessità di cambiamento in direzione del comune unico.

Il confronto tra il sì e il no alla fusione non può essere solo una questione di affetti. Dovrebbe riguardare, invece, le previsioni sullo stato futuro del nostro paese, sulle opportunità da cogliere e su come pensiamo di vivere sui questi territori negli anni a venire. Noi partiamo da una considerazione sullo stato delle cose piuttosto preoccupata. Dal 2008 ad oggi l'Italia ha perso il 10% del PIL, il 25% della capacità industriale e il 30% degli investimenti. Ci vorranno anni per recuperare il tempo perduto e lo si farà mettendo in campo un nuovo modello di sviluppo. La sensazione è che ciò avverrà a macchia di leopardo: alcuni territori saranno capaci di intercettare i treni della ripresa, altri proseguiranno nel lento declino. Allora: cosa vogliamo fare? Proseguire confidando sul consueto ma sempre meno efficace meccanismo un tempo assicurato dal "ciclo edilizio" e dalle opere pubbliche? Sperando in qualche sultano o miliardario russo? In un'improbabile delocalizzazione di qualche impresa americana?

Oppure vogliamo ragionare su come ricostruire un'economia locale fondata su un'idea di territorio sostenibile sia in senso ambientale - quindi ambiente, agricoltura di qualità e produzioni agroalimentari da filiere corte, artigianato, energie rinnovabili da piccoli impianti distribuiti, recuperi di tradizioni, turismo - sia sociale - quindi servizi all'infanzia e alla terza età, medicina di territorio e preventiva, sicurezza, servizi culturali e di accoglienza?

Il punto su cui ragionare non riguarda lo strumento organizzativo - fusione, unione, convenzioni - concepito astrattamente. Si tratta piuttosto di capire se c'è la volontà politica di rilanciare lo sviluppo di questo territorio tramite una vera riorganizzazione istituzionale e politica. L'obiettivo di questo processo è di determinare le condizioni per attrarre nuovi residenti, nuove imprese, nuovi investimenti. Per creare nuovi posti di lavoro e per intercettare le opportunità che verranno. Queste condizioni riguardano anzitutto il mantenimento di un livello adeguato di servizi alle persone, alle famiglie e alle imprese. La domanda è: questo livello adeguato è oggi garantito? Lo può ancora essere negli anni a venire stante i cambiamenti demografici, il declino delle ricchezze e la debolezza dei meccanismi di ripresa economica?

Una parola sulla questione delle identità: il nuovo comune non toglie le identità dei paesi e non si vede come potrebbe e in virtù di quale potere. Però le identità, se non alimentate da una linfa feconda che genera sviluppo e benessere, rischiano di trasformarsi in un rifugio consolatorio o in sordo rancore. Ad esempio, le identità contadine, vera spina dorsale della nostra storia recente e remota, sono state rimosse senza troppi complimenti specialmente da coloro usi all'esercizio della vanga. L'identità è amata quando è libertà, quando non si presenta come un destino ineluttabile.

Nella proposta di nuovo comune c'è l'idea che le identità locali si possano rafforzare e difendere meglio attraverso un radicale riassetto istituzionale e organizzativo. C'è l'idea che i diritti dei cittadini possano essere ampliati grazie ad un peso politico maggiore, che resiste e si oppone alle decisioni prese dall'alto. C'è infine l'idea di rispondere alla crisi economica con uno slancio di generosità e di coraggio.

C'è, infine, l'ambizione di costruire un nuovo comune per riprendere quell'antica idea che l'uomo sta al mondo non per subirne il comando ma per cambiarlo secondo i valori di equità e giustizia.