opinioni

Cuius regio, eius et religio

giovedì 4 febbraio 2010
di Mario Tiberi

Mi è stato insegnato fin da bambino a non mischiare mai il sacro con il profano e se, per celia o per diletto, avessi voluto trascorrere qualche mezz'ora di ludico e innocente svago avrei potuto dedicarmi ad indirizzare scherzetti o ad offrire dolcetti ai fanti, ma con la invalicabile consegna di lasciare in pace i Santi. Non è mia intenzione violare detta consegna proprio ora che mi sto incamminando sul viale della maturità avanzata e dopo aver acquisito l'esperienza necessaria per distinguere tra l'essenziale e il superfluo ed aver imparato, quando meglio quando peggio, a sapermi districare nelle scelte cruciali della vita, privata o pubblica che sia.

Il "Principe" dei secoli scorsi aveva, tra gli altri, il potere di imporre ai suoi sudditi il proprio credo religioso e così creare un aggiuntivo amalgama sociale, seppur spesso fittizio perché non libero e obbligato. I tempi sono radicalmente cambiati anche se i moderni prìncipi, non avendo più la possibilità o l'interesse a influenzare le appartenenze confessionali, si prodigano comunque per incapsulare in modo ferreo i loro amministrati sotto l'egida di una possente divinità materialistica: il potere politico, economico e finanziario. Per moderni prìncipi, ovviamente, non devono essere intesi i discendenti delle "Real Case" di monarchica memoria quanto, esclusivamente, i novelli detentori dei poteri costituiti ad ogni livello di gerarchia normativa e istituzionale. Tra questi poteri, quello di più stringente attualità è riconducibile al prossimo turno elettorale di fine Marzo, dalle cui urne dovrà uscire il nuovo Governatore o la nuova Governatrice della Regione Umbria.

Lo scenario è del tutto inedito: l'era di Maria Rita Lorenzetti è definitivamente tramontata; i due partiti che si contenderanno il primato nemmeno esistevano nella competizione di cinque anni orsono e, dei due, il PD ha deciso di affidare alle primarie, per libera opzione o perché costrettovi da eventi sfuggitigli di mano, la scelta del candidato a Presidente della Giunta Regionale. Si poteva fare meglio, molto meglio; ora non resta però che partecipare al voto primario, perché la fondamentale essenza della democrazia è la partecipazione, e affidarsi a chi non vorrà imporre, ma solo proporre, la sua visione e le sue convinzioni sull'idea e il modello di Regione da sottoporre al giudizio degli elettori.

Il verbo latino "religare", da cui secondo i più accreditati studiosi di etimologia deriva il termine religione, significa letteralmente "legare, vincolare" nel senso di stabilire un filo diretto di unione e comunione tra l'uomo e la Divinità; ha, però, un ulteriore significato traslato contenente in sé l'idea di unità di un popolo sotto il profilo giuridico, sociale e, per certi aspetti, anche fideistico.
Se così possiamo interpretare e quindi attribuire una porzione di laicità alla parola religione, meglio potremo capire ed adattare ai giorni nostri quanto contenuto nel titolo della presente digressione.

Agorà, area progressista all'interno del PD umbro e della quale mi onoro di essere esponente di spicco, non poteva tirarsi indietro dallo scegliere e continuare, così, la sua tenace battaglia di rinnovamento complessivo dei quadri dirigenti a tutti i livelli e di rapido avvio di una tutta inedita ed originale nuova fase politica per la nostra Regione. E' conseguenziale che la scelta non sarebbe potuta ricadere sul candidato-uomo, perché espressione di un modo di intendere l'impegno politico che sentiamo non appartenerci più.

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